26/10/2017
Montecitorio, Sala della Lupa

Saluto introduttivo alla presentazione del libro 'Orgoglio e Pregiudizi. Il risveglio delle donne ai tempi di Trump', di Tiziana Ferrario

Buon pomeriggio a tutti e a tutte.

Mi fa molto piacere questa sera ospitare la presentazione del libro di una mia cara amica, Tiziana Ferrario, l'autrice di questo libro dal titolo molto felice, molto azzeccato: "Orgoglio e pregiudizi". Tiziana è una giornalista RAI, è stata corrispondente, inviata, e per la mia precedente attività ci siamo incontrate in molte destinazioni: abbiamo lavorato insieme in Afghanistan, in Pakistan, in Tanzania, in Burundi e in molte altre località, solo per citare alcun luoghi.

Saluto e ringrazio anche Marcello Albergoni, che è il capo di Linkedin Italia; Riccardo Iacona, un altro giornalista Rai, uno dei giornalisti più consapevoli delle questioni di genere, una delle figure più attente tra gli uomini dell'informazione, che non mi stancherò mai di ringraziare per il suo sguardo alle questioni di genere. Poi abbiamo Linda Laura Sabbadini: la conoscete tutti, è una studiosa di statistica sociale; anche grazie a lei, che tiene vive le questioni che ci riguardano, si riescono ancora a fare delle riflessioni sui quotidiani, quindi grazie a Linda Laura Sabbadini per il suo contributo; e Livia Azzariti, anche lei ben nota, conduttrice Rai che spesso ha trattato le questioni di genere.

Parto dal capitolo sulle donne molestate perché questo è il capitolo che più ci porta nell'attualità, nella cronaca degli ultimi giorni. Un capitolo che - come dire - è stato arricchito da quanto è accaduto. Tiziana non poteva certo anticiparlo, anche se era nell'aria, ma quello che è successo, la vicenda Weinstein, sicuramente è in linea con quanto da lei viene descritto nel capitolo dedicato alle donne molestate.

Si parla di donne importanti, donne molto visibili negli Stati Uniti. Parliamo di conduttrici, anchor women, persone che a un certo punto decidono di non 'abbozzare' più, di non convivere più con una condizione difficile da accettare. E così descrive come alla Fox ci sia un terremoto: comincia la conduttrice di punta a svelare le molestie che aveva subito e giù giù questo terremoto coinvolge la rete televisiva. E poi parla anche della Silicon Valley, uno dei posti che noi immaginiamo tra i più evoluti: la nostra società digitale parte dalla Silicon Valley. Però alla Silicon Valley forse c'è qualche problema nel rispetto di genere. E ci racconta che anche lì non è un posto per donne, e le donne anche lì sono costrette a fare i conti con la realtà delle molestie. Uber non va meglio. Poi arriva Hollywood - lo abbiamo visto in questi giorni - e il muro del silenzio sembra cadere. Si è incrinato? Spero di sì. Il digitale in questo caso ci aiuta perché sono state fatte anche circolare degli hashtag: metoo, in Italia quellavoltache. Hashtag che hanno sollecitato le donne ad uscire allo scoperto perché, vedete, subire la molestia sessuale, è una condizione che per una donna non solo è difficile da vivere ma anche da rappresentare. E non è che uno se le vada a cercare. Capita che tu sia in un posto di lavoro e hai un capo che non ha fatto i conti con se stesso e con il genere femminile; e si arroga il diritto di non rispettarla, la donna, e di renderle la vita difficile, fintanto che non arriva quel sì che lui richiede con i metodi più inaccettabili, più improbabili.

Ci vuole forza per denunciare, e questo merita sempre un ringraziamento alle donne. Io dico grazie a tutte le donne che hanno trovato la forza e il coraggio di non convivere con questa condizione, di uscire allo scoperto, di metterci la faccia a testa alta. Perché è chiaro che a vergognarsi non deve essere la donna che denuncia, ma chi esercita quella forma di pressione e di violenza. Noi dobbiamo un ringraziamento, e non la sequenza di sospetti, insinuazioni e critiche: "ah, però ha denunciato troppo tardi", "però andava in giro sempre con la minigonna", "però ha avuto dei vantaggi". Questo è il dibattito che è seguito all'ultima discussione, quando Asia Argento ha detto di essere stata vittima di questa violenza. Il livello del dibattito è stato veramente rasoterra: l'attenzione che passa sulla persona molestata, "se l'è cercato", ancora andiamo avanti con questo schema mentale che è veramente inaccettabile. Non può essere più che sia colpa della donna molestata mentre lui è stato indotto, "la carne è debole". E' veramente una dimensione primordiale che vorrei non sfiorasse più le nostre menti.

C'è una lettera nel libro di Tiziana Ferrario, una bellissima lettera, un pugno allo stomaco - ve lo dico subito - ma è un atto di consapevolezza che vi prego di fare, leggetela. E' la lettera di una ragazza che viene violentata all'Università di Stanford, l'Università per eccellenza, e questa ragazza descrive la sua storia di stupro e quello che ha dovuto affrontare. Sono pagine di grande forza e le legge, queste pagine, davanti al ragazzo che l'ha stuprata e al suo difensore che insiste sul fatto che lei era consenziente. E' una lettera che dovrebbero leggere tutti quelli che presentano lo stupro come un passaggio nella vita di una persona, uno dei tanti.

Qui alla Camera anche parleremo di questo tema, lo faremo il 25 novembre, che è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Ho invitato 650 donne a riempire l'aula di Montecitorio, donne che hanno subìto violenza, che devono far sentire forte e chiara la loro voce, donne che aiutano altre donne a uscire da questa condizione: quindi donne dei centri di ascolto, delle case rifugio, donne magistrate, donne poliziotte, avvocate, tutte quelle che si prestano e si mettono in prima linea, che non demandano e che non passano ad altri l'impegno. In questo ambito non ci deve essere delega, ognuna di noi deve fare la propria parte. Ognuno di noi anche, perché non è, la violenza sulle donne, una questione di sole donne, la violenza sulle donne è un problema degli uomini e fino a che gli uomini non capiranno questo noi non riusciremo a fare una svolta su questo tema. La violenza sulle donne è un problema degli uomini e io vorrei vedere sempre più uomini, accanto a noi, insieme a noi, in questa battaglia. Invece ne vedo sempre proprio pochi.

Il libro inizia con una marcia, la marcia del 21 gennaio: il giorno dopo l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, vi ricorderete, ci fu questa marcia molto partecipata in tante città americane. Quella marcia è un po' una forma di elaborazione del lutto, anche per essere arrivati a un presidente che non aveva risparmiato certo espressioni sessiste, a volte truculente, ai danni della candidata Hillary Clinton. Questa marcia, come tante altre marce, ci ricorda che c'è un rischio di un arretramento sui diritti. Noi non dobbiamo credere che, siccome sulla carta ci sono tutti i diritti, nessuno ce li toccherà. E invece no, quei diritti sono sempre lì, ma vanno tenuti vivi e attuali, e applicati, implementati.

E' questa la prima lezione del libro: non dobbiamo dare per scontati i diritti. E non lo devono fare neanche le nostre figlie, perché siamo state più in prima linea su questo, noi e le nostre madri; ma oggi le nostre ragazze hanno la tendenza a pensare che oramai il lavoro è stato fatto e non c'è bisogno di impegnarsi in questo. Invece basta andare sulla rete, sul web, per capire che questo è attualità stringente. Le ragazze sul web sono sempre di più attaccate violentemente con epiteti sessisti, e sempre più oggetto di violenza sessista. Io non voglio che mia figlia, le vostre figlie, siano costrette o ad accettare questa violenza oppure ad uscire dalla rete, perché la rete è un grande spazio di libertà e io non devo pagare il prezzo delle sconcezze per poterci stare.

Nel libro ci sono molti esempi positivi di donne e c'è una frase bella di Madeleine Albright, che oltre a dire che la solidarietà di genere è un dovere, dice testualmente: "c'è un posto speciale all'inferno per le donne che non aiutano le altre donne". Ed effettivamente ci sono donne che non aiutano le altre donne, che sono felici di essere le uniche stelle del firmamento.

Questa è una dimensione che io trovo molto sminuente per le donne. Invece è bello rimuovere gli ostacoli che abbiamo incontrato sulla nostra strada, aprire la strada, ripulirla per quanto possibile, e fare in modo che altre donne non debbano incontrare le stesse difficoltà che abbiamo incontrato noi. Ed è proprio per questo, perché nessun traguardo è scontato e perché abbiamo bisogno di esempi femminili, che io qui alla Camera dei deputati ho voluto dedicare uno spazio alle donne, la Sala delle Donne qui vicino alla Sala della Regina, perché qui c'erano tutti busti e ritratti di uomini, come se le donne non fossero mai entrate nelle istituzioni.

Allora sulle pareti ho voluto dare atto e merito alle donne della Repubblica: in una parete ci sono le 21 costituenti; in un'altra parete le prime Sindache elette nelle elezioni amministrative del '46; nell'altra parete ancora c'è la foto della prima donna Ministra, Tina Anselmi, la prima donna Presidente della Camera, Nilde Iotti, e la prima Presidente di Regione, Nenna D'Antonio, dell'Abruzzo.

Poi in un'altra parete volevo mettere la foto della prima donna Presidente della Repubblica, la foto della prima donna Presidente del Senato e la foto della prima donna Presidente del Consiglio, ma negli archivi non ce n'era una, perché nessuna donna mai ha rivestito queste posizioni. Allora ci ho messo tre specchi. Accanto ho ricordato anche che nessuna donna mai ha rivestito questi ruoli e ho anche scritto "Potresti essere tu la prima". Sopra gli articoli 3 e 51 della Costituzione che ricordano che non ci sono impedimenti. Questo gioco degli specchi è molto popolare tra le ragazze che vengono, vanno tutte a farsi un selfie lì, perché è una forma giocosa, scherzosa, di fare empowerment per le ragazze. Ed è lo stesso concetto per cui, credo, vicino a Wall Street hanno messo la Fearless Girl, questa ragazzina che senza paura affronta il toro. Anche lì - dice Tiziana nel libro - vanno a fare le foto le ragazze accanto alla ragazzina che fronteggia il toro.

E' lo stesso concetto dell'autostima: noi dobbiamo accrescere l'autostima delle nostre ragazze. C'è un gran bisogno di autostima nel mondo del lavoro, Tiziana ne parla bene nel libro, fa esempi importanti, parla della Presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, ci sono suoi quotes in diversi ambiti.

In conclusione io penso che porre il problema del ruolo delle donne nella società non è un puntiglio femminista. E' qualcosa di molto più ampio. Significa occuparsi dello sviluppo del paese, perché il paese è evoluto o meno a seconda del ruolo che rivestono le donne nella società. La Svezia è un paese evoluto perché in Svezia la donna nella società riveste un ruolo centrale. Quando noi vediamo le donne con il burqa diciamo che quella società non è evoluta. Dunque dal livello di sviluppo della donna nella società, da come la donna riesce ad essere presente nella società, deriva anche il livello di evoluzione di un paese. Per questo, ogni anno, prima della Legge di Bilancio, ogni anno io organizzo qui un incontro con le forze imprenditoriali, sindacali e sociali dal tema "la ripresa è donna", a dire che se riusciamo ad aumentare l'occupazione femminile forse riusciremo a uscire definitivamente dalla crisi.

Quanto al femminismo, io penso che non ce ne sia abbastanza. E non credo debba essere confinato tra le donne, perché dovrebbe essere nell'interesse di tutti avere una società dove i diritti degli uomini e delle donne sono allo stesso livello. Questo vuol dire essere femministe. Me lo ha ricordato anche il Primo Ministro, Justin Trudeau, che ho incontrato l'altro ieri. Sono tornata ieri da una visita ufficiale in Canada, e mi hanno fatto un bel regalo: una felpa nera con la scritta: "je parle feministe". Ma non è una felpa da donna, è una felpa da uomo! In un Paese il cui Primo Ministro si definisce femminista, ed è venuto in questa Camera, nella Sala della Regina, a fare un incontro e durante il suo intervento ha detto: "io ho dei figli, ma insegno non solo alle mie figlie femmine ad essere femministe, ma soprattutto al maschio".

Capite, quando c'è una spinta così all'avanzamento delle donne nella società, è chiaro che la società fa meno fatica ad andare avanti. Io vorrei che anche nel nostro paese ci fossero politici che tranquillamente si autodefiniscano femministi. Non li ho ancora sentiti, ma pazientemente aspetto. E speriamo che prima o poi qualcuno ci sia, emerga.

Vi ringrazio.