27/10/2017
Roma, Auditorium della Conciliazione

Partecipazione all'Assemblea nazionale della Confederazione Nazionale dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA) dal titolo 'Connessi al cambiamento'

Buon giorno a tutte e a tutti.

Intanto vorrei complimentarmi con chi ha organizzato questa mattinata per l'inizio: un inizio bello, vitale, che ci ha portato nel merito del tema, un modo innovativo di avviare questi lavori. Mi è piaciuto il fatto che fossero rappresentate tutte le espressioni della nostra realtà del lavoro.

Saluto il Presidente Daniele Vaccarino, con il quale nel corso di questa legislatura abbiamo avuto varie occasioni di collaborazione; saluto i parlamentari che sono qui presenti; siamo in attesa della Ministra Valeria Fedeli e del Ministro Giuliano Poletti che stanno per arrivare - anzi intravedo il Ministro Poletti che saluto - e saluto tutte e tutti Voi che siete venuti anche da lontano per questa giornata importante.

Tre numeri per capire perché è importante: il 98,3% delle imprese, il 58% degli occupati, il 40,9% del Pil. Basterebbero queste percentuali per descrivere il peso dell'artigianato e della piccola e media impresa nell'economia italiana. Un peso predominante, direi.

Ma le percentuali non raccontano tutta la storia, perché la vostra è una storia fatta di comunità di persone, di uomini e di donne, che con sacrificio, con creatività, con impegno, ogni giorno non solo migliorano la propria impresa, ma contribuiscono anche al benessere del nostro Paese.

E mi ha fatto piacere - lo dicevo prima al Presidente Vaccarino - vedere questa ricerca dell'Osservatorio sull'imprenditoria femminile che dimostra una grande crescita, una grande scalata, del numero delle imprenditrici e delle lavoratrici autonome. Io mi complimento con voi, ho visto la crescita del lavoro indipendente femminile. Al vertice ci sono proprio le imprenditrici artigiane. Grazie a tutte le donne che contribuiscono con il loro lavoro al benessere del nostro Paese.

Così come considero molto significativi i dati riportati - lo diceva anche il Presidente Vaccarino - da una ricerca di Unioncamere secondo i quali assistiamo ad un vero e proprio boom delle imprese artigiane che sono dirette da immigrati: sarebbero addirittura il 13,5 % dell'intero comparto. E' con i fatti che si dimostra l'apporto importante dei migranti alla nostra economia.

Questo tessuto diffuso di piccole e medie imprese non è una cosa che si ritrova ovunque negli altri paesi. Lo dico anche in base alla mia esperienza personale: in venticinque anni di lavoro nelle Nazioni Unite, io ho avuto la possibilità di lavorare in molti paesi. Vi dico che questo tessuto così diffuso di piccole imprese e di artigianato è una peculiarità tutta italiana ed è uno dei tratti più distintivi della nostra economia. E io penso che questa sia una peculiarità preziosa, che vada preservata, perché è anche la garanzia di uno sviluppo di qualità, uno sviluppo che riesce anche a essere in sintonia con l'ecosistema.

Le imprese artigiane sono fortemente legate al territorio - vi parla una persona che viene dalle Marche, dunque una regione dove questo è molto chiaro: un'impresa legata al territorio, al contatto diretto con le famiglie. Sono imprese che nascono familiari e a volte continuano anche ad esserlo, imprese che sono presenti nelle grandi città ma sono presenti anche in quei piccoli comuni che sono a rischio di spopolamento. E allora dobbiamo dire che questa impresa artigianale, questa piccola impresa, è parte fondamentale del paesaggio, di quel concetto fondamentale di "paesaggio" che l'articolo 9 della Costituzione ci chiede di tutelare. Quindi noi dobbiamo tutelarvi - anche la Costituzione ce lo dice - perché siete parte integrante del tessuto sociale, imprenditoriale, paesaggistico del nostro Paese.

Le imprese, però, devono essere messe nelle condizioni di pensare in grande: perché l'era digitale ci consente di fare questo, l'era digitale ci consente di trasformare il piccolo in grande. E allora è importante mettersi in rete, come sta accadendo, condividere servizi, perché grazie ad essi si può promuovere quello che si produce anche molto lontano da casa ed essere presenti sui mercati esteri. Noi, si diceva prima con il Presidente, abbiamo tutti temuto che questa rete di imprese di piccole dimensioni non avrebbe retto di fronte all'impatto della crisi: una crisi feroce, la più pesante dal Dopoguerra ad oggi, che nasce lontano e ci rientra a casa, nasce negli Stati Uniti e colpisce qui, ancora ne stiamo vedendo i colpi di coda.

Temevamo che il nostro sistema di piccole e medie imprese, dell'artigianato, non ce l'avrebbe fatta. Ci sono stati anche casi in cui, infatti, alcune aziende

sono state costrette a chiudere: ci sono stati artigiani e piccoli imprenditori che hanno fatto anche gesti estremi. A me è capitato di andare ai funerali di chi non ce l'ha fatta per la disperazione. Noi non dobbiamo mai dimenticarci di queste persone, non possiamo disperdere la loro memoria.

Però dobbiamo anche dire che nel suo insieme il mondo delle piccole e medie imprese e dell'artigianato ha tenuto, è riuscito ad attraversare il mare in bufera e adesso le acque si stanno calmando. E come mai è riuscito a tenere? Perché non era affatto scontato che ci si riuscisse. Lo voglio dire chiaramente: ci è riuscito grazie alle associazioni di categoria, grazie a quei "corpi intermedi" che sono stati spesso dipinti come "vecchi arnesi del passato", da mettere in cantina perché "ormai non funzionano più. Cosa ce ne facciamo dei corpi intermedi? Guardiamo al futuro, no?"

Invece si sono dimostrati più necessari che mai, i corpi intermedi, hanno dimostrato di non essere dei "vecchi arnesi". Si sono dimostrati necessari per le persone, perché nei momenti difficili è lì che scatta la solidarietà, è lì che ha senso l'associazione. Necessari per le persone, ma anche necessari per la democrazia. Perché la democrazia non può vivere senza partecipazione, questo deve essere chiaro. Di nuovo: mi è capitato di lavorare in paesi in cui le associazioni, i sindacati non c'erano, perché non c'era la democrazia. Questi corpi intermedi quindi non sono solo importanti per chi appartiene a una categoria specifica, ma sono importanti anche per la democrazia di un paese.

La Repubblica italiana - se vogliamo fare un'analisi - che cosa sarebbe stata se non avesse avuto grandi forze popolari nella politica, nel mondo del lavoro e delle imprese? Non sarebbe stato un 'guscio vuoto', la Repubblica? La Repubblica si è creata anche su questa partecipazione e non avrebbe retto senza queste forze popolari. Non avrebbe retto, di volta in volta, alle difficoltà economiche che ci sono state negli anni; non avrebbe retto di fronte alla strategia della tensione; non avrebbe retto di fronte all'offensiva terroristica. Se noi ce l'abbiamo fatta è perché c'è stato un muro di popolo, e quel muro di popolo che ha consentito di respingere al mittente chi minacciava la Repubblica. E quel muro di popolo esiste solo se ci sono le associazioni.

E voi di CNA lo sapete come è andata la storia della Repubblica, perché voi siete nati nel 1946. Questo è un anno spartiacque per il nostro Paese: è l'anno della Repubblica, voi siete nati con la Repubblica, all'alba della Repubblica e il vostro cammino si è intrecciato con quello della Repubblica. E allora ricordiamo brevemente quante cose importanti sono accadute in quel 1946! L'anno del referendum Repubblica-Monarchia; l'anno dell'elezione dell'Assemblea Costituente; l'anno delle prime elezioni amministrative libere; l'anno del voto alle donne! Il 1946 è l'anno spartiacque.

Oggi voi avete voluto dare ancora più forza alla vostra realtà. Una lunga storia, la vostra, che ha sempre lavorato per dare forza alle categorie che rappresentate, agli artigiani e ai piccoli imprenditori. E oggi lo avete fatto dando vita, insieme ad altre associazioni, a Rete Imprese Italia: 2 milioni di imprese e più di 14 milioni di addetti. Questa è una vera potenza sociale che deve poter contare sul futuro dell'economia italiana.

Dopo anni di stagnazione, dopo questa interminabile crisi, oggi gli indicatori economici cominciano ad avere il segno più. E noi siamo molto felici di questo, non possiamo che rallegrarcene.

Ma ho l'impressione che la crisi sociale durerà più a lungo della crisi economica. E per sollevarci dalla crisi sociale credo che ci sia proprio bisogno di un intervento incisivo della mano pubblica, perché le persone continuano a vivere con disagio, nonostante la crescita del Pil. La crescita del Pil non significa necessariamente che sono diminuite le diseguaglianze, anzi. CI sono degli studi che dimostrano che la crescita del Pil spesso va verso chi già prima non stava male. Quindi la crescita del Pil è un fatto positivo, ma non ci deve far sottovalutare la crisi sociale che si vive nel nostro Paese.

L'Istat dice che rispetto al 2008 il potere d'acquisto delle nostre famiglie si è ridotto dell'8%, che diventa il 15% per i redditi da lavoro autonomo, cioè i vostri redditi.

Anche istituzioni importanti come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea oggi vogliono mettere l'accento sul potere d'acquisto delle retribuzioni. E lo fanno perché, se non risale la capacità di spesa, se non si prosciugano le sacche di povertà, i consumi non ripartiranno e quindi i segnali di ripresa resteranno fragili e incerti. E questa incertezza, chiaramente, va a toccare voi, le realtà produttive che sono più piccole e più diffuse nel territorio. Quindi bisogna combattere la diseguaglianza. Non è solo un imperativo etico, ma è anche un'esigenza, una necessità tutta economica: perché più si riduce la diseguaglianza, più aumentano i consumi; e più aumentano i consumi, più aumenta la produttività.

Un'economia che oggi ha bisogno di respirare bene, di respirare profondamente, anche alleggerendo il carico fiscale. E su questo c'è da chiedersi: come si alleggerisce il carico fiscale? Perché, certo, le tasse bisogna pagarle, ma non tutti sono nella stessa posizione.

Io diffido delle proposte di riduzione generalizzata - tutti uguali, riduciamo a tutti nello stesso modo - perché penso che non portino grande beneficio. Anche Don Milani ci diceva che "non c'è cosa più ingiusta che far parti uguali fra disuguali".

E non dobbiamo dimenticare che nel nostro Paese, come in molti altri, c'è chi vive di grandi rendite finanziarie e c'è chi vive lavorando. Sono due condizioni molto diverse. Non tutti danno lo stesso contributo al benessere sociale.

Va inoltre sempre ricordato che l'articolo 53 della Costituzione dice che "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva" e aggiunge che "il sistema tributario è informato a criteri di progressività".

E quindi, se vogliamo far ripartire l'economia in modo sostanziale, bisogna aiutare chi lavora e chi, come voi, produce lavoro, crea lavoro. E' dunque sul lavoro e sulla produzione che va alleggerito il carico fiscale, non su tutti. E' questa, a mio avviso, la scelta che bisogna fare.

Care amiche e cari amici, vi ricordo che anche la nostra legislatura sta volgendo al termine. Tra non molte settimane inizierà la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Io mi auguro che le forze politiche e i candidati non dimentichino che questo Paese ancora vive acute difficoltà sociali, che ci sono persone spesso deluse e sfiduciate.

Spero quindi che ci sia il dovuto rispetto per i cittadini che hanno bisogno di conoscere i programmi; non hanno bisogno delle risse televisive, degli slogan semplicistici e demagogici, non hanno bisogno dei toni gridati, e non hanno neanche bisogno del dileggio dell'avversario. Non hanno bisogno delle bufale, delle fake news, della disinformazione: hanno bisogno di essere rispettati.

Sulle fake news solo due parole: è un tema cruciale, perché la disinformazione è come un veleno, gocce di veleno nell'acqua che beviamo ogni giorno e alla fine ci avveleniamo tutti e non ce ne rendiamo conto.

E allora penso che noi dobbiamo fare qualcosa di concreto perché la disinformazione, le fake news, possono danneggiare le persone, le aziende, il tessuto sociale del nostro Paese. Possono anche indirizzare l'opinione pubblica in un modo che si basa sulla falsità, sulla menzogna. E' per questo che dall'inizio della legislatura mi sto occupando di questo tema, e lo sto facendo anche in collaborazione con la Ministra Fedeli, insieme a lei: perché è dai giovani che bisogna cominciare. Il 31 ottobre lanceremo il primo progetto di educazione civica digitale: insegneremo ai nostri ragazzi come scovare le bufale, le fake news, diventare dei cacciatori di bufale, aumentando il loro senso critico e dando strumenti tecnici per difendersi nella sfera digitale.

E ora un ultimo pensiero a voi, che di persone ne rappresentate centinaia di migliaia. A voi dico: siate esigenti, pretendete serietà, pretendete competenza e senso di responsabilità da chi si candiderà a rappresentare gli italiani e a guidare il nostro Paese.

E' un vostro diritto e anche qualcosa che serve a tutto il Paese.

Vi ringrazio.