23/11/2017
Aula di Palazzo Montecitorio

Indirizzo di saluto in apertura dei lavori della riunione del Gruppo speciale dell’Assemblea Parlamentare NATO sul Mediterraneo e il Medio Oriente (GSM)

Mi fa piacere aprire, insieme al Presidente del Senato Grasso, i lavori di questo Seminario organizzato dal Gruppo speciale per il Mediterraneo e il Medio oriente e dalla Sottocommissione sulla cooperazione transatlantica in materia di difesa e sicurezza dell'Assemblea parlamentare della NATO, in collaborazione con la Delegazione italiana presso la stessa Assemblea parlamentare. Saluto il Presidente dell'Assemblea parlamentare NATO, Paolo Alli e il Presidente della delegazione italiana Andrea Manciulli.

Ringrazio per la sua presenza il Presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, che fra poco svolgerà la sua relazione. Do il più caloroso benvenuto a tutti i parlamentari dei diversi paesi oggi qui convenuti e agli ospiti che assistono ai nostri lavori.

Questo incontro si svolge per la seconda volta nella Aula della Camera dei deputati: si tratta di un riconoscimento dell'importanza che il Parlamento italiano annette a questa iniziativa.

Il Mediterraneo rimane l'area forse più calda del pianeta per la presenza di una molteplicità di fonti di crisi: i flussi migratori, la situazione libica, i conflitti ancora irrisolti in Medio Oriente, la minaccia terroristica.

Il formato di questo incontro offre l'opportunità di affrontare questo difficile quadro nella dimensione giusta: quella della ricerca di partnership ampie e a più livelli fra i paesi che condividono l'esigenza di dare prospettive di sicurezza, pace, stabilità e prosperità economica a questa regione da sempre crocevia di civiltà e culture diverse.

Purtroppo oggi il Mediterraneo è una regione esposta ad una molteplicità di rischi, ad iniziare dalla minaccia terrorista.

Come sappiamo, le sconfitte sul terreno, in Iraq e Siria, dell'ISIS,aprono nuovi possibili fronti. I militanti di questa organizzazionelasciano il teatro di battaglia, preparandosi probabilmente a nuovi attacchi altrove. Soprattutto, vi è il rischio che le ostilità si spostino sul terreno del cyberterrorismo, con effetti altrettanto destabilizzanti rispetto agli attacchi di tipo tradizionale.

Per contrastare questa nuova minaccia è fondamentale la collaborazione sul piano dell'intelligence e, soprattutto, la piena cooperazione anche delle grandi piattaforme digitali private, che sino ad oggi non sempre hanno dato una soddisfacente disponibilità in questo senso.

Ma il Mediterraneo evoca anche naturalmente la questione dei flussi migratori. In questo mare si continua a morire: le perdite di vite umane nel corso delle traversate sono ancora altissime. Ogni anno migliaia di persone che muoiono. Come se non bastasse, secondo quanto confermato da recenti inchieste giornalistiche, migliaia di migranti sono trattenuti in condizioni inaccettabili in centri di detenzione in Libia, gestititi da gruppi di trafficanti privi di scrupoli.

Di fronte a tutto questo vale la pena di ricordare che la tutela dei diritti inviolabili dell'uomo e il riconoscimento del diritto di asilo sono principi che fanno parte integrante dell'identità più profonda delle nostre civiltà, sono iscritti in molte costituzioni nazionali, compresa quella italiana, e nei Trattati europei. Lo stesso preambolo del Patto fondativo dell'alleanza Atlantica del 1949 impegna solennemente i paesi aderenti a salvaguardare i principi della democrazia, le libertà individuali e l'affermazione dello Stato di diritto.

Ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, sostegno alle organizzazioni internazionali che operano per la pace, precedenza assoluta alla tutela dei diritti dell'uomo sono quindi i principi guida che debbono orientare qualsiasi intervento per la risoluzione delle gravi situazioni di crisi che ci stanno di fronte.

Si tratta di un orientamento che non solo ci è imposto come dovere morale e obbligo giuridico: è anche l'unica strada concretamente percorribile per trovare una soluzione di lunga durata alle cause profonde dei focolai di destabilizzazione attivi nel mondo e nel Mediterraneo.

Dobbiamo quindi continuare a puntare sul multilateralismo e sfuggire alla tentazione di governare le relazioni internazionali sulla base dei rapporti di forza asimmetrici e del "sacro egoismo" delle nazioni. Si tratta di una tentazione che già in passato ha portato ad esiti catastrofici che abbiamo il dovere di risparmiare alle generazioni future.

Nella regione mediterranea questo orientamento ha un significato ben preciso.

Significa sostenere gli sforzi di mediazione dell'ONU in Libia per una ricomposizione civile del paese, che vede al centro del negoziato i parlamenti di Tripoli e di Tobruk. Significa rilanciare con convinzione il processo di pace Israelo-Palestinese e i negoziati in Siria. Significa la ricerca di iniziative di grande respiro per il governo dei flussi migratori, facendo in modo che il migration compact oggetto della Conferenza globale dell'ONU del prossimo anno produca risultati concreti ed impegni vincolanti per tutti i paesi partecipanti.

Soprattutto, per risolvere i problemi del Mediterraneo bisogna sapere guardare anche oltre le sponde di questo mare. Ad esempio, a quello che succede in Africa, in grandi realtà come quella della Nigeria. Un paese che già oggi conta quasi 200 milioni di abitanti e che è destinato entro il 2050 a raddoppiare la propria popolazione, diventando il terzo paese più popoloso del pianeta. L'attuale mancanza di prospettive di lavoro e di sviluppo spinge oggi molti nigeriani a cercare fortuna all'estero. Fra di essi moltissime sono donne,purtroppo spesso vittime di uno dei peggiori crimini della nostra epoca: la tratta di esseri umani allo scopo di sfruttamento sessuale.

Sulla partnership fra Italia e Nigeria per la lotta alla tratta e l'empowerment femminile si è svolta martedì scorso qui a Montecitorio un'importante conferenza con la partecipazione di personalità italiane e nigeriane. Apparentemente si tratta di un tema lontano da quelli oggetto di questa riunione. Non è così: solo puntando sullo sviluppo umano, in particolare delle donne, si possono creare le condizioni di lunga durata per superare le gravissime tensioni che oggi minacciano la pace.

Non si può esportare la democrazia - lo sappiamo - come non si può esportare la cultura dei diritti umani.

Tuttavia si possono e si devono incoraggiare i processi di democratizzazione e la stabilizzazione di ordinamenti che garantiscano le libertà fondamentali e lo stato di diritto.

L'affermarsi dei sistemi democratici è il migliore antidoto alle guerre. Purtroppo si tratta di un obiettivo ancora lontano da raggiungere anche in paesi vicinissimi a noi. Spero che da questa riunione possano emergere idee chiare, originali e coraggiose per favorire un futuro di pace e prosperità per tutto il Mediterraneo.