12/12/2017
Camera dei deputati, Palazzo Theodoli-Bianchelli, Sala Nilde Iotti

Partecipazione alla presentazione del libro ‘Alla scoperta della green society’ di Legambiente

Buon pomeriggio a tutte e a tutti.

Mi fa piacere vedervi in questa sala che abbiamo aperto poco tempo fa e che abbiamo voluto dedicare alla Presidente Iotti. Per me è la seconda volta qui.

Saluto Rossella Muroni, Presidente di Legambiente; Vittorio Cogliati Dezza, curatore del libro "Alla scoperta della green society"; le relatrici e i relatori; saluto il Presidente Realacci che mi fa sempre piacere incontrare.

Quello che viene presentato oggi è un viaggio attraverso un'Italia che c'è, che vive, che però non trova quasi mai spazio sui grandi mezzi d'informazione. Un'Italia bella, un'Italia che c'è ma non si vede, la definirei così, e che però fa. Un'Italia di persone fattive che non si limita a criticare, ad aspettare, ma che decide di agire e lo fa con le proprie forze, le proprie intelligenze, lo fa con gli strumenti che ha a disposizione.

Abbiamo circa cento storie: tutte interessanti, nessuna banale. Questo libro, questa esperienza della green society ci mette in condizione di capire quello che si muove nella nostra società. E' anche una spinta per la quale ho voluto andare spesso nelle periferie delle grandi città, perché quello che ho trovato lì non l'ho trovato altrove. Nelle periferie delle grandi città c'è un modo di fare politica che è diverso, che a volte non arriva qui. Per questo ho voluto negli anni andare nelle periferie e poi portare qui le periferie: perché questa è la casa di tutti, comprese le persone che vivono in quartieri spesso molto difficili.

Il libro ci fa riflettere perché ci dice qualcosa di preciso sulla partecipazione dei cittadini. Io penso che i dati sull'astensionismo dal voto siano sempre più allarmanti.

Lo abbiamo visto nelle recenti elezioni siciliane e quelle di Ostia: il primo partito italiano è quello di chi non vota, è quello degli astenuti e di chi vota scheda bianca o nulla. Questo è il primo grande partito. Io mi auguro che, nel chiedere un voto per sé, i gruppi e i partiti facciano un appello prima di tutto per andare a votare, un appello alla partecipazione al voto. Quando si ragiona di questo tema, del perché le persone non vadano a votare, la riflessione è sempre molto veloce, quasi che dia fastidio. La lettura che si dà, quella più frequente - che è anche quella più semplicistica - è che la nostra società è un po' apatica: non c'è entusiasmo, le persone non si appassionano più, sono rassegnate. Questa è una lettura a mio avviso un po' indulgente. Infatti la vostra ricerca dimostra esattamente il contrario: che non è così, che non ci sono affatto persone apatiche - quelle ci saranno ci saranno pure - ma ci sono altre che non sono per nulla passive, e che invece si impegnano, partecipano, danno il loro tempo, le loro idee, le loro energie a qualcosa che spesso è un progetto che ha un forte impatto sociale.

E allora la politica dovrà anche tirarne le conseguenze: se c'è partecipazione ma non in seno alla politica, vuol dire che la politica non è sentita come attrattiva e come meritevole di quelle energie, di quelle intelligenze e di quel tempo. Perché forse è troppo autoreferenziale, è cioè la politica fatta per i politici e non per i cittadini. La politica percepita come qualcosa che non va a migliorare le condizioni di vita delle persone, ma si occupa di una sfera ristretta che riguarda principalmente i politici. L'altra riflessione generale che va fatta è sul modo con il quale si può migliorare concretamente la vita delle persone.

Sono un po' di anni che si parla della personalizzazione della politica. In un'epoca in cui i media sono così centrali, è inevitabile che questo accada; però siamo arrivati a livelli che considero un po' estremi, fino a vantare le virtù dell' "uomo solo al comando". Mai la donna, Rossella, non sia mai, sempre l'uomo, l'uomo solo al comando! E' una dimensione che stride, secondo me, perché è come se con il voto affidassi le mie aspettative di cambiamento, di rinnovamento, a qualcun altro, aspettando che questo faccia il suo lavoro a Palazzo Chigi. Se poi non si comporta bene non lo voto più: io mi sono limitata ad aspettare. Questo va in contraddizione con molte cose. Da un lato, questa impostazione è figlia di una politica verticistica: c'è uno solo che fa e tutti gli altri eventualmente beneficiano di quell'azione. Poi perché deresponsabilizza completamente le persone, le mette all'angolo, tanto c'è chi si occupa di tutto; a noi rimane solo la possibilità di aspettare i risultati. E invece una democrazia è forte, è sana, quando tutti fanno qualcosa, quando tutti hanno effettivamente un ruolo da svolgere. Io ho lavorato molti anni in paesi in cui non c'era la democrazia, non c'erano neanche le associazioni, i corpi intermedi. C'era chi comandava, magari non c'era neanche delinquenza, tutto apparentemente filava liscio, ma poi che cosa era? Era una società che non poteva esprimersi, ferma, che aveva paura del dissenso. In questo credo che noi dobbiamo sempre tenere a mente la grandissima considerazione di John Fitzgerald Kennedy: "non chiedere che cosa il tuo Paese può fare per te, ma che cosa puoi fare tu per il tuo Paese".

Società complesse come la nostra non possono evolversi con una delega assoluta di gestione della cosa pubblica. Non deve esserci delega, serve uno sforzo collettivo, e lo sforzo collettivo non avviene dall'oggi al domani, non avviene con la bacchetta magica, è una mentalità che deve cambiare. Quando, ogni prima domenica del mese per 5 anni, ho aperto Montecitorio e sono stata qui a accogliere le persone che entravano, ho sempre sottolineato questo aspetto: in questa fase della vita sono al servizio della collettività. Anni belli, vissuti come pensavo che fosse giusto, anche e soprattutto a servizio della collettività.

Ma questo non vuol dire che la collettività si limita solo a puntare l'indice, perché il Parlamento è lo specchio del paese: se il Parlamento funziona è perché il Paese funziona. Chi entra a Montecitorio non si ammala di uno strano virus, è quello che era prima: se era in gamba, bravo, competente, continuerà ad esserlo. Pensare che il male sia nella categoria dei politici è molto indulgente per la società e non risponde al vero. Sono convinta che nella società ci sia bisogno di sviluppare questa modalità di pensiero, questa filosofia, perché di questo si tratta.

Bisogna fare comunità.

E i vostri progetti non sono delle isole felici, o banali esperimenti un po' naif , fini a se stessi. Per come li ho capiti, sono avamposti di quello che potrebbe essere un nuovo modello di sviluppo. Perché non ne esiste uno solo di modello di sviluppo: non è ineludibile, "ci tocca questo e ci dobbiamo convivere". No, il modello di sviluppo, il tipo di società, si può cambiare. C'è bisogno di fare questo, se vogliamo veramente uscire dalla crisi.

Stamattina ho avuto la conferenza stampa con i giornalisti parlamentari per gli auguri di Natale. Si diceva che stiamo uscendo dalla crisi: ci sono alcuni indicatori che dicono che le cose stanno cambiando, benissimo, ci felicitiamo. Ma il cambiamento vero ci sarà il giorno in cui saranno le famiglie a dircelo, i giovani a dircelo, le donne a dircelo, perché se non arriva quel momento vuol dire che quegli indicatori vanno bene sulla carta ma non sono entrati nella vita. E invece devono consentire ai giovani di avere una prospettiva, non di vivere on demand, con un lavoro a ore, un lavoro a due mesi, a cinque mesi. Come si fa a pensare a mettere su una famiglia, se le ragazze sono praticamente tagliate fuori nonostante vadano meglio a scuola, escano meglio dalle università, vincano i concorsi, però rimangono sempre un passo indietro? E non è il modello di sviluppo che bisogna cambiare? E gli ostacoli che non consentono a chi può fare un percorso, un capitale umano e sociale meraviglioso, di essere considerato e messo al centro?

Io trovo giusta anche la scelta di chiamarla "green society", perché usciamo dalla griglia per cui "green" sta nel suo quadratino e il resto va random. Se è green è green sempre, sennò non è. E' un modo di pensare l'economia, è un modo di pensare la cultura, è un modo di pensare l'istruzione, è un modo di pensare la tenuta del nostro territorio, è un modo di pensare la maniera di edificare. Questo è "green". E' quello che noi possiamo mettere in atto come cambiamento, quindi mi piace l'idea della society instead of economy, perché society vuol dire 360 gradi. E dunque la prospettiva ecologica come stile di vita, come modo di produrre, modo di muoversi, di mobilitare. Come ci si sposta? Come si producono le cose? Come si ragiona insieme? E' proprio uno stile di vita.

Legambiente da tanti anni ci dice - Rossella lo fa sempre - che la sostenibilità ambientale non è un ostacolo o un freno alla crescita complessiva del Paese, ma è la condizione stessa per la crescita. Senza questo non c'è crescita. Noi però dobbiamo anche metterci d'accordo, dobbiamo uscire dall'idea che il Pil, il Prodotto interno lordo, sia l'unico parametro con cui andiamo a misurare la crescita. Ci sono altri parametri, lo sa bene Ermete. In questa legislatura noi abbiamo fatto dei passi avanti, e sono contenta di poterli ricordare. Li abbiamo fatti con il Ministro Padoan, insieme al Presidente Boccia, insieme a Ermete, abbiamo introdotto dei nuovi criteri per misurare l'efficacia delle scelte di politica economica: il Bes (Benessere equo e sostenibile) e il bilancio di genere.

Siamo in una fase sperimentale, quindi non ancora compiuta, ma mi auguro che i governi che seguiranno, e il Parlamento che seguirà, non abbandoneranno questo percorso. Me lo auguro veramente perché è una pratica che dovrebbe consolidarsi per il futuro.

Vi ringrazio per quello che fate, perché ci aiutate a riflettere, perché la politica è l'arte del futuro e dunque noi abbiamo bisogno di immaginarci il nostro pianeta da qui a cinque anni, da qui a venti anni, e lo possiamo fare solo se abbiamo le expertise, le capacità, le competenze. Non si può fare buona politica senza competenze, non si può essere tuttologi. Vedo che l'improvvisazione non manca mai, è un'arte che va abbastanza di moda.

Ho incontrato Legambiente in questi anni in molte occasioni: per la Cop21, per le manifestazioni, per presentare i rapporti, ho incontrato Legambiente sulle spiagge, in tutti i modi in cui potevo incontrarla. Voglio dirvi che il vostro operato è apprezzato dalle istituzioni. Le istituzioni non sono tutte uguali, sono fatte da persone, e dunque ci tengo a dirvi che la cittadinanza vostra nelle istituzioni è un importante faro di riferimento per pensare al futuro, per strutturarlo prima che arrivi. Perché non dobbiamo fare più l'errore che abbiamo fatto con la globalizzazione: rincorrerla perché bisognava lasciar fare al mercato, perché il mercato avrebbe fatto tutto e dunque se i ricchi diventavano più ricchi andava bene, ci sarebbe stato lo "sgocciolamento" che sarebbe arrivato a tutti. E poi il mercato mica si deve occupare delle diseguaglianze. No, non se ne deve occupare. E la politica che ha fatto? Pochino, devo dire, per correggere quelle deformazioni.

Allora non facciamoci più cogliere impreparati. Noi sappiamo le sfide che abbiamo davanti: le sfide del cambiamento climatico, le sfide della nostra società che non può essere sempre più precaria, le sfide di una sostenibilità ambientale che è necessaria per non condannare il nostro pianeta. Quindi cerchiamo di non farci trovare impreparati di fronte a queste sfide.

La missione della politica, della buona politica è quella di fare in modo che le persone possano stare bene. E un concetto che alcuni giudicano naif: guarda un po', stare bene, essere felici. Invece sì, perché ogni individuo, ogni essere umano ambisce a stare bene, nessuno escluso, non c'è una persona che non ambisca a questo. Allora, se esiste la politica deve esistere per migliorare le condizioni di vita di tutti. La democrazia è forte quando tutti possono vivere dignitosamente la propria esistenza. Questo non è un sogno, non è da anime belle, è un dovere e noi dobbiamo lavorare su questo. Ci riusciremo? Io credo di sì. Ma per riuscirci dobbiamo essere in tante e tanti. Voi avete iniziato a mettere in atto quel cambiamento che vorreste vedere nella società. Io di questo vi ringrazio e spero che molti altri seguiranno. Grazie.