19/07/2017
Latina, Parco comunale

Partecipazione alla cerimonia di intitolazione del parco comunale a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Buon pomeriggio a tutte e a tutti.

Mi fa piacere di vedervi in tanti qui, in questo bel parco: il Parco Falcone-Borsellino! Grazie, Sindaco! Non poteva fare cosa migliore per onorare la memoria di questi due magistrati.

Saluto lei, Sindaco Coletta, saluto la Presidente Della Penna, il Prefetto Faloni, la nostra giovane Consigliera Campagna. Saluto chi rappresenta la città di Milano, saluto anche Leoluca Orlando che ci ha mandato un bel messaggio, la Sottosegretaria Amici e tutte le autorità presenti, civili e militari, e soprattutto saluto voi. cittadini e cittadine di Latina. Grazie per essere qui in tanti!

Questo è un segnale bellissimo. Siamo qui per ricordare due protagonisti della nostra storia recente, siamo qui per ricordare quello che accadeva 25 anni fa. In un pomeriggio come questo, gli italiani apprendevano sgomenti la notizia terribile dell'attentato che costò la vita al giudice Borsellino e agli agenti della sua scorta.

Lo sgomento era forte anche perché, soltanto due mesi prima, a Capaci c'era stata un'altra devastante strage: quella che aveva colpito il collega e l'amico di una vita di Borsellino, cioè il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta.

La cosa terribile fu anche la modalità con cui Cosa Nostra colpì Borsellino. Lo fece in un momento di intimità con la sua famiglia: era domenica, era reduce da un pranzo con la moglie e poi aveva deciso di andare a trovare sua madre, una figura importantissima nella sua vita. Erano le 16.58, era appena giunto in via D'Amelio, sotto l'abitazione di sua madre, quando esplose l'autobomba.

Noi oggi qui abbiamo reso omaggio alle vite di queste persone, alle vittime di questi due attentati, di Capaci e di via D'Amelio, e lo abbiamo fatto deponendo una corona alla base del monumento che ricorda i caduti di tutte le guerre: perché anche loro sono vittime di una guerra, di una guerra particolare. Vedete - vi parla una persona che ha lavorato tanto nei contesti di guerra, di conflitto - questa è una guerra più subdola, più difficile.

Una guerra che lo Stato sta ancora portando avanti contro le mafie e i poteri criminali. E l'Italia - è stato detto poco fa dalla Presidente della Provincia - deve ancora sapere chi e perché, e per favorire quali interessi, decise la strage di Via d'Amelio. Dopo 25 anni non lo sappiamo ancora!

Depistaggi, quanti depistaggi in questo pezzo della nostra storia! E' vero che da molti anni le organizzazioni mafiose non commettono più atti paragonabili a quelli '92 o del '93, a Roma e a Firenze. Ma questo non vuol dire che non rappresentino più un pericolo per la nostra società.

Sono pericolosi perché i loro soldi provengono da iniziative illecite. E il denaro sporco caccia il denaro pulito.

Sono pericolosi perché le imprese colluse sbarrano la strada all'imprenditoria onesta, a quella sana, e dunque sbarrano al strada al lavoro. Se c'è la mafia non c'è il lavoro, se c'è il malaffare non c'è futuro.

Sono pericolosi perché condizionano la vita delle persone e ledono i diritti fondamentali, anche dei più giovani. Sto pensando alla storia di una ragazzina di Mèlito, un Comune alla periferia di Reggio Calabria, dove questa ragazzina è stata sottoposta a due anni di violenze inaudite da parte del branco. Due anni e nessuno parlava! Una drammatica omertà che copriva il branco perché al suo interno c'era anche il figlio del boss locale.

Allora bisogna dire no: bisogna dire no alla 'ndrangheta, bisogna dire no alla sopraffazione, bisogna dire no alla violenza sulle donne! Ed è quello che abbiamo fatto a Reggio Calabria in una manifestazione bellissima, con tantissimi giovani, le autorità locali venute da ogni parte del Paese. Perché tutto questo fa parte della stessa sottocultura. I mafiosi sono pericolosi perché diffondono modelli fasulli, deprecabili, che purtroppo condizionano i nostri giovani, e i mafiosi approfittano anche delle condizioni di precarietà, di incertezza.

La lotta contro le organizzazioni mafiose si combatte su più livelli. Certo si combatte grazie alle forze dell'ordine e alla magistratura che reprimono questi fenomeni e a cui va tutta la mia gratitudine, perché solo così si assicurano i responsabili alla giustizia. Grazie, dunque, alle forze dell'ordine e alla magistratura per quello che fate per tutti noi! E noi vi siamo vicini con rispetto e considerazione.

Ma si combatte su più livelli: anche quello della partecipazione popolare e della cittadinanza attiva. Noi qui stiamo combattendo la mafia, in questo momento, e siamo tanti. E questa è partecipazione.

Qui a Latina la conoscete, la partecipazione. Ed è bella anche quando dissente, perché se c'è chi può fischiare e c'è chi può applaudire si realizza la democrazia! E io sono felice che Latina sia una città democratica. Grazie, Sindaco!

Questa città ha dato tante belle prove. Non dimentico la grande manifestazione che Libera, nel 2014, ha organizzato in questa città. Era la 'Giornata nazionale della memoria e dell'impegno', sfilarono migliaia e migliaia di persone tra questa strade.

Quelle ragazze e quei ragazzi non si limitano a fare una sfilata, come qualcuno può dire. No, quei ragazzi e quelle ragazze sfilano con il loro impegno per la legalità, lo vivono ogni giorno a scuola, in città, nel quartiere, perché hanno capito che questo è un modo per combattere la mafia. E' un modo, la partecipazione, per tenere lontano chi vuole sfruttare la situazione, chi vuole usare il Bene Comune per altri propositi.

Ritengo che accanto a loro ci debba essere lo Stato, e ci debba essere a testa alta, perché lo Stato non ha paura. Per questo io, da istituzione, vado nei territori difficili, come Rosarno o Casal di Principe, o nelle periferie delle grandi città. A Casal di Principe sono andata perché c'era una villa confiscata a un boss dei Casalesi e restituita alla comunità. Quel giorno c'erano centinaia di persone che entravano in quella villa ed erano coraggiose a sfidare il boss. Grazie a queste persone che hanno coraggio, perché restituiscono onore al nostro Paese!

Quelle persone dimostravano quello che diceva Giovanni Falcone: che la mafia è un fenomeno umano e, come tutto quello che viene creato dagli uomini, non solo deve ma può essere sconfitto.

E noi oggi, qui, stiamo dando una prova di questo, che nessuno anni fa avrebbe osato dare. Oggi il Sindaco e l'Amministrazione stanno osando, stanno mettendo in atto le parole di Giovanni Falcone. E questo parco a chi altro poteva essere intitolato, se non alla memoria dei due magistrati simbolo della lotta a Cosa Nostra? A nessun altro poteva essere intitolato.

Togliere ai mafiosi il loro patrimonio, come dicevo a proposito di Casal di Principe, è uno strumento formidabile, incredibilmente vincente. Perché questi signori mettono nel conto di andare in prigione e anche di essere ammazzati. Ma non sopportano, non possono tollerare che dopo una vita dedicata ad arraffare, arricchirsi e accumulare, lo Stato li riduca a nullatenenti. Questa è la vera arma: farli diventare nullatenenti!

Nella lotta al crimine organizzato, però, serve anche l'impegno di carattere culturale contro alcuni modelli - magari anche osannati da certi film e fiction - che esaltano sopraffazione, violenza, lusso, arricchimento facile. Tutto questo è un grande inganno, ragazzi, lo dico a voi: è un grande inganno. E' un grande equivoco perché il mafioso ha una vita miserabile. Il destino del boss è un destino terrificante, è il destino di chi entra e esce dal carcere, di chi convive con la morte, di chi, se gli va bene, finisce latitante.

Può essere questo un modello? No, non è un modello per i nostri giovani. E voglio ricordare anche Antonino Caponnetto. Voglio ricordare, in particolare, una sua frase: "La mafia teme più la scuola che la giustizia", perché l'istruzione taglia l'erba sotto i piedi della cultura mafiosa.

Due giorni fa ne parlavo con la dirigente della scuola del quartiere Zen di Palermo, dove qualcuno ha pensato bene di tagliare la testa alla statua di Giovanni Falcone e poi l'ha gettata contro la scuola a lui dedicata. La preside è più convinta che mai, e lì nessuno cederà. Io li ho invitati a Montecitorio, e a settembre verranno, lei e i ragazzi, nella casa degli italiani, nella casa della democrazia.

Non solo quella scuola continuerà, ma quel quartiere, lo Zen, non è affatto in mano ai mafiosi. Sono stata lì, ho passato una giornata intera a casa di alcune persone che vivono in quella periferia. Ma oltre allo Zen sono stata a Scampìa, a Tor Bella Monaca, a Quarto Oggiaro, a Librino. Sono andata in tante periferie per capire quanto la gente lotta.

In tutte queste periferie ho visto una buona politica, fatta dal basso, da chi si organizza, crea comitati, laboratori e dà le risposte ai problemi, argina lo spaccio e il malaffare autorganizzandosi.

La Palermo di oggi non è più quella che fu teatro di stragi e di omicidi quotidiani. Era la capitale della mafia. Oggi è la capitale della cultura e dell'accoglienza. Quindi non si può mettere in dubbio ciò che ha fatto quella comunità e quello che sta facendo lo Stato.

E mi chiedo: quei vigliacchi che ieri hanno rovinato la stele dedicata al giudice Rosario Livatino ad Agrigento cosa pensano di fare? Cosa pensano di ottenere? Si sentono eroi? Pensano di fermarci? Di intimorirci? Le idee di questi magistrati non si fermeranno ed è inutile provarci con queste azioni dimostrative perché, come è stato detto, quelle idee camminano oggi con le gambe di tanti ragazzi e di tantissime ragazze che vogliono un futuro libero dalle mafie e dal malaffare.

Caro Sindaco, la scelta di dedicare il Parco a queste due personalità è un segnale di unità. Lei ha scelto la conciliazione. Ci si chiede spesso che cosa significa educare alla legalità. Ecco, io ho la mia visione su questo: per me educare alla legalità significa il rispetto degli altri, il rispetto del bene comune. Significa anche amare il proprio Paese, significa difendere la patria. Chi difende la legalità difende la patria! Questo è il vero patriottismo! Non il nazionalismo esasperato che chiude e crea muri! Questo è il patriottismo.

Educare alla legalità significa anche trasmettere i valori della nostra Costituzione: il frutto migliore e più alto della lotta partigiana contro il fascismo e il nazismo. Questa è legalità! Quei valori vanno difesi, più di quanto si stia facendo. E va difesa la scelta degli italiani che settant'anni fa portò un intero popolo a liberarsi dalla dittatura fascista e dall'oppressione nazista.

Tutti noi dobbiamo difendere quei valori! E io lo ricordo qui, in questo parco, oggi: l'apologia del fascismo è un reato previsto dal nostro ordinamento!

Fatemi ricordare un'altra cosa, visto che siamo qui: colgo l'occasione della mia presenza a Latina per ribadire ancora una volta che io non ho mai detto che vadano eliminati o abbattuti monumenti e opere d'arte realizzati durante il ventennio. Non l'ho mai detto! Mi dispiace, forse qualcuno sarà deluso, ma io non l'ho mai detto! Sono delle bufale e non sono ragazzate. Sono delle assurdità inventate, e non sono assolutamente goliardate. Sono delle menzogne costruite a tavolino da chi non ha idee e non ha coraggio, che si vergogna anche di affrontare l'avversario politico a viso aperto. Devono ricorrere alla menzogna perché sono vigliacchi, questa è la verità! E sfido chiunque a dimostrare il contrario.

In conclusione, cari amici e care amiche, come Presidente della Camera e come persona io sento il diritto e il dovere di portare avanti i principi fondamentali della nostra Costituzione. E continuerò a farlo con lo stesso impegno di sempre, nonostante le macchine del fango.

Potete contare su di me. Io continuerò insieme a voi, con l'impegno di sempre. Ma lo dobbiamo fare insieme perché la democrazia è un bene prezioso che va tutelato e custodito. Non lo diamo per scontato! Ce lo racconta la storia del nostro Paese.

Abbiamo conosciuto il terrorismo, quello rosso e quello nero. Abbiamo conosciuto la strategia della tensione. Abbiamo conosciuto la mafia e i tentativi di rovesciare le nostre istituzioni. Ma abbiamo sempre reagito e colpito i nemici della libertà. Grazie a donne e uomini di valore che oggi qui ricordiamo; ma grazie anche al muro di popolo che ha fermato il terrorismo scendendo in piazza, lo ha fatto contro il terrorismo rosso e il terrorismo nero. Quello stesso muro di popolo che scese in piazza venticinque anni fa a Palermo, riempiendo le strade dopo l'uccisione di Paolo Borsellino.

E' con la partecipazione popolare che si difende la democrazia. Non restate a casa a guardare la televisione! Serve la partecipazione popolare. Dobbiamo essere tutti parte in causa, tutti insieme, a combattere la corruzione, a costruire una società più equa e più inclusiva.

E' stato detto che tutto questo lo dobbiamo a chi si è sacrificato per questi valori, lo dobbiamo a quei giovani partigiani e a quelle giovani partigiane che sono morti per liberarci, lo dobbiamo a quei giudici che sono morti in nome della legalità; ma lo dobbiamo anche ai nostri figli e ai nostri nipoti che si meritano un Paese più giusto.

E allora ve lo dico sinceramente e ve lo dico con felicità: per tutto questo vale la pena di spendersi, senza remore e senza delegare.

Vi ringrazio.