07/10/2013
Montecitorio, Sala del Mappamondo

Partecipazione al convegno 'Più regole, meno violenze. Aspetti innovativi del Trattato internazionale sul commercio delle armi'

Vorrei innanzitutto ringraziare tutti voi, relatori e partecipanti, per aver voluto prendere parte a questa iniziativa. Il mio ringraziamento va anche a chi ha contribuito ad organizzare e sostenere questo incontro, ovvero il Ministero degli Affari esteri, la SIOI e la NATO. Quest'evento ha luogo a pochi giorni dalla storica ratifica, da parte dell'Italia, del Trattato sul commercio delle armi.

Una ratifica che definisco 'storica' perché rafforza ulteriormente il ruolo dell'Italia, a livello internazionale, nel promuovere la regolamentazione del commercio delle armi e nel battersi perché tale regolamentazione serva a tutelare, in particolare, le donne ed i bambini, principali vittime dei conflitti armati. E' una ratifica storica, però, anche per la rapidità con cui è avvenuta, a pochi mesi dall'approvazione del Trattato. L'Italia è stato il primo Paese europeo ad aderire formalmente a quest'accordo.

Questa ratifica, inoltre, è avvenuta a poca distanza di tempo da quella della Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e nello stesso giorno di quella della Convenzione dell'OIL - Organizzazione Internazionale per il Lavoro - sui lavoratori marittimi. Con orgoglio, posso affermare che in questa legislatura i due rami del Parlamento hanno posto come prioritari il rafforzamento dell'azione multilaterale e la trasposizione, nel nostro ordinamento, degli accordi internazionali su temi fondamentali come la pace e la sicurezza, la violenza di genere, i diritti dei lavoratori.

Nei venticinque anni in cui ho lavorato per le agenzie delle Nazioni Unite, ho potuto vedere con i miei occhi quali siano le conseguenze dei conflitti e delle violenze su larga scala. Ho potuto vedere cosa accade quando dei regimi totalitari entrano in possesso di grandi quantità di armi. Ed ho potuto vedere l'impatto della vendita incontrollata di armi sulle operazioni umanitarie: i convogli di aiuti necessari per salvare migliaia di vite umane bloccati - per ore, giorni, a volte settimane in mezzo alle dune del deserto o tra i passi ghiacciati delle montagne - a causa degli attacchi e degli scontri. Ho potuto vedere come, sempre più spesso, le armi vengano rivolte anche contro il personale delle organizzazioni internazionali o non governative, e in questi anni abbiamo perso tanti operatori, tanti colleghi.

Questo Trattato si pone l'obiettivo di ridurre il commercio illegale di armi, imponendo agli Stati che vi aderiscono di vigilare attentamente sulle proprie importazioni ed esportazioni in questo settore. Se le armi che si vorrebbero vendere a determinati Paesi - anche attraverso operazioni di triangolazione - potrebbero essere utilizzate per commettere gravi violazioni del diritto internazionale, gli Stati parte del Trattato dovranno bloccare le autorizzazioni all'esportazione. Come accennavo pocanzi, nell'elencare i rischi che le armi esportate possano essere utilizzate per commettere abusi e gravi violazioni del diritto internazionale, il Trattato fa riferimento in maniera specifica - ed estremamente innovativa - agli atti di violenza di genere ed alla violenza contro donne e minori, tema che verrà affrontato e ulteriormente sviluppato nel corso di questo nostro incontro di oggi.

Nel redigere, nell'approvare e nel ratificare questo Trattato, la comunità internazionale ribadisce e rilancia certamente il proprio impegno a regolamentare il commercio di armi. Invia però anche un altro messaggio molto chiaro: nel settore degli armamenti, l'illegalità - non solo per quanto riguarda la vendita di armi convenzionali, ma anche per quanto concerne la fabbricazione o l'utilizzo di specifiche tipologie di armi vietate dal diritto internazionale - non sarà più tollerata. E questo è un messaggio che è risuonato forte e chiaro nelle ultime settimane, dopo che i gas nervini hanno ucciso centinaia di persone in Siria.

Questo Trattato è il frutto del lungo, paziente lavoro di una ampia coalizione transnazionale di cui fanno parte rappresentanti della società civile, organizzazioni internazionali, parlamentari e governi nazionali. Una coalizione eterogenea nella composizione che, a livello nazionale, ha portato il Parlamento italiano ad approvare - oltre vent'anni fa - una legge che regolamenta le esportazioni di armi, la 185 del 1990, tra le più avanzate al mondo.

La nostra legislazione in materia, infatti, vieta di vendere armi laddove siano in corso conflitti, avvengano violazioni dei diritti umani o lo Stato acquirente sia fortemente indebitato, ma impone anche controlli doganali e sulle transazioni bancarie per verificare che le vendite stiano effettivamente avvenendo secondo quanto stabilito al momento dell'autorizzazione. Un impianto normativo che costituisce una buona pratica a livello globale e che verrà ulteriormente rafforzato dalla nostra adesione al Trattato sul commercio delle armi.

L'ampio fronte che ha saputo spronare gli Stati a redigere ed approvare il Trattato sul commercio delle armi deve continuare a battersi per far sì che venga ratificato dal maggior numero possibile di Paesi. Centocinquantaquattro Stati hanno votato per l'approvazione del testo, nell'aprile di quest'anno. Ad oggi, le ratifiche sono meno di dieci. E, per poter entrare in vigore, l'accordo dovrà raccoglierne almeno cinquanta. Come rappresentanti delle istituzioni, come membri di organizzazioni internazionali e non governative, come attivisti per la pace ed i diritti dobbiamo dunque portare avanti uno sforzo a livello globale - in sede multilaterale e bilaterale - per arrivare al più presto all'entrata in vigore del Trattato.

Un Trattato che costituisce uno strumento potente ed un'opportunità senza precedenti di ridurre le vendite irregolari di armi convenzionali. Con più regole, ci saranno dunque meno armi in circolazione e meno armi nelle mani sbagliate. Ci saranno meno atrocità e meno violenze.