14/10/2013
Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari

Conferenza "REBIRTH 2013 - dalla resilienza alla rinascita"

Buonasera e benvenute a tutte e a tutti. Desidero innanzitutto rivolgere il mio saluto e il mio ringraziamento a chi ha contribuito ad organizzare e sostenere questo incontro, al Questore D'Ambruoso, a Ludovica Rossi Purini, ideatrice del progetto Rebirth, e a Daniel Libeskind, che con il suo documentario introdurrà il tema di questa giornata, ovvero la resilienza e la rinascita degli individui, dei gruppi sociali e degli spazi fisici. Saluto tutti voi presenti e tutti i relatori, che offriranno la testimonianza di chi è riuscito a realizzare un cambiamento positivo nella propria vita personale o professionale.

Resilienza, come sapete, è un termine utilizzato, con sfumature diverse ma non dissimile significato, in vari contesti. Addirittura in metallurgia, per indicare la capacità di un metallo di resistere agli urti senza spezzarsi.

Resilienza come resistenza, ma non solo, quando si parla di esseri umani, e infatti la ritroviamo nel significato opposto a quello di fragilità anche nel campo della psicologia, in cui essa è studiata come la capacità di non piegarsi di fronte alle avversità ma di riorganizzare positivamente la propria vita.

Questo incontro mi dà oggi l'occasione di parlarvi della resilienza che ho conosciuto nell'arco della mia carriera di 25 anni presso le Agenzie delle Nazioni Unite.

La resilienza delle donne rifugiate, che hanno dovuto scappare dalla guerra, lasciarsi tutto alle spalle e sopravvivere tra privazioni e stenti. Donne solo all'apparenza vulnerabili, che fronteggiano le contrarietà della propria vita proiettandole verso una dimensione positiva per se stesse e per gli altri. Nelle guerre, durante la fuga e poi nei campi profughi, hanno conservato la propria umanità senza cedere alla disperazione, dimostrandosi solidali e generose. Nonostante tutto e contro ogni realistica previsione, si sono rimboccate le maniche e, con coraggiosa sopportazione e determinata resistenza, sono riuscite a sopperire ai bisogni della famiglia e della loro comunità quando mancava tutto. La loro forza nasce proprio da questa sofferenza e di essa si alimenta.

Sono le tante donne irachene, afghane e somale, che ho incontrato nella periferia di Damasco, così come nei quartieri di Peshawar o nel campo profughi più grande al mondo a Dadaab in Kenya. Dalla loro straordinaria capacità di affrontare le difficoltà, di superarle e di rigenerarsi, trasformando la propria condizione terribilmente svantaggiata in una opportunità di riscatto e di rinascita, dobbiamo tutti imparare molto, specialmente in un momento così critico. Queste donne sono l'esempio tangibile di come, anche dalle macerie e dagli orrori di una guerra, sia possibile rinascere e tornare a sperare nel futuro.

Rebirth, appunto.

Sono tornata da Lampedusa una settimana fa: era la prima volta che andavo da Presidente della camera. E' resilienza anche quella di chi è sopravvissuto dopo aver affrontato un viaggio in mare su un barcone fatiscente e stracolmo di gente. Una roulette russa soprattutto per chi ha visto un figlio, una sorella, un amico, venir risucchiato dalle onde.

I volti dei migranti +nell'hangar dell'aeroporto di Lampedusa, di fronte alle lunghe file di bare allineate esprimono il dolore del mondo. Un dolore straziante e composto. Avremmo mai accettato noi di dare un ultimo saluto ad una bara senza neanche sapere se dentro c'era nostra figlia, o nostro marito? Senza che quei morti avessero ancora un nome?

Chi affronta tutto questo è chiaro che non ha scelta, non ha il privilegio di vivere a casa propria. È per questo che intere generazioni di giovani lasciano il proprio Paese per "rinascere" altrove. Rifarsi una vita in pace e sicurezza.

Vorrei concludere questo mio intervento prendendo in prestito l'espressione utilizzata da Boris Cyrulnik, neuropsichiatra e psicanalista francese, che descrive la resilienza come l'azione di "risalire su una barca rovesciata". Ritengo che questa definizione restituisca al meglio il profondo significato della resilienza.

Buon lavoro e grazie.