25/11/2013
Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari

Saluto in apertura dei lavori della riunione del Gruppo speciale dell'Assemblea Parlamentare NATO sul mediterraneo e il Medio Oriente (GSM)

Vorrei innanzitutto dare il benvenuto a tutti voi. Welcome to the Chamber of Deputies. Je vous souhaite la bienvenue à la Chambre des Députés. E' un piacere ed un onore accogliere alla Camera dei deputati i rappresentanti - parlamentari e diplomatici - di tanti Paesi, come sono motivo di orgoglio il fatto che l'Italia giochi, da sempre, un ruolo importante all'interno del Gruppo speciale sul Mediterraneo e il Medio Oriente e che la delegazione italiana all'Assemblea parlamentare della NATO sia presieduta, da qualche mese, da una donna, l'on. Federica Mogherini.

Questo incontro appare tanto più opportuno all'indomani dello storico accordo raggiunto a Ginevra sul nucleare iraniano, un accordo preliminare, ma che potrebbe modificare radicalmente le relazioni tra l'Iran e l'Occidente, nonché gli equilibri geopolitici in Medio Oriente.

Il Gruppo speciale sul Mediterraneo e il Medio Oriente, nato ben diciassette anni fa per rafforzare la cooperazione ed il dialogo sui temi politici e di sicurezza tra i parlamentari delle due sponde del Mediterraneo, assume un ruolo particolarmente cruciale oggi. A quasi tre anni dall'inizio dei movimenti di protesta che hanno trasformato molti Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, le transizioni democratiche richieste da chi - allora e poi ancora negli anni seguenti - scese in piazza procedono talvolta con difficoltà. In alcuni casi, la violenza ha preso il sopravvento.

Penso soprattutto alla Siria, di cui discuterete a breve, devastata da un terribile conflitto che ha causato la morte di oltre 110mila persone - di cui più di 11mila bambini - ed i cui effetti deflagranti si riverberano nell'intera regione. Oltre quattro milioni di siriani sono sfollati all'interno del loro Paese e più di due milioni di uomini, donne e bambini sono fuggiti negli Stati circostanti. Il 28% della popolazione - quasi un siriano su tre - ha dovuto abbandonare la propria casa per cercare la salvezza altrove. Si tratta di una crisi umanitaria devastante, in cui sono coinvolti anche i Paesi limitrofi, che accolgono centinaia di migliaia di persone. In Libano, Paese dagli equilibri già delicati con una popolazione di 4,4 milioni ed una forte presenza di rifugiati palestinesi, i siriani in fuga dalla guerra sono oltre 800mila - come se da noi arrivassero 11 milioni di persone in fuga dalla guerra.

Un anno fa mi trovavo in Giordania, nel campo profughi di Al Zaatari, dove i rifugiati siriani erano, allora, circa 30mila. Al Zaatari ora è un'immensa città costituita per lo più di tende, dove vivono più di 100mila persone, tra cui moltissimi sono donne e bambini. Da allora la situazione in Siria è peggiorata: i flussi di rifugiati e sfollati sono aumentati e, con essi, i tassi di malnutrizione e le difficoltà delle agenzie umanitarie nel far fronte alla crisi. Ad oggi, solo il 62% dei fondi richiesti dalle Nazioni Unite sono stati corrisposti. Dobbiamo fare di più, come cittadini e come rappresentanti delle istituzioni.

Dalla Siria si fugge anche in Europa. Lo fa un numero molto minore di persone rispetto a quelle accolte da Libano, Giordania, Turchia, Iraq e Egitto, ma chi lo fa rischia - dopo esser riuscito a scappare dai bombardamenti e dagli eccidi nel proprio Paese - di morire in mare, nel nostro Mar Mediterraneo, come è accaduto il mese scorso, quando decine e decine di cittadini siriani - tra cui moltissimi bambini - hanno perso la vita in un naufragio.

Queste famiglie si erano imbarcate in Libia, un altro Paese la cui complessa situazione analizzerete oggi e che, scosso da tensioni e violenze, avrebbe bisogno di maggiore sostegno da parte della comunità internazionale per rafforzare le proprie istituzioni e sostenere chi, all'interno di queste ultime, si batte per la giustizia e la riconciliazione. Penso, in particolare, alla proposta di legge che equipara le vittime di violenze sessuali commesse durante il conflitto civile, nonché durante gli anni bui del regime di Gheddafi, alle vittime di guerra. Uno strumento normativo che nel luglio scorso è stato presentato qui, alla Camera dei deputati, dai vertici del Congresso libico, ma che non è ancora stato approvato. Uno strumento normativo che costituirebbe un esempio - una buona pratica - non solo nel mondo arabo, ma anche a livello globale.

Tra oggi e domani affronterete anche l'analisi della situazione in Egitto, Paese cruciale per storia, cultura e peso geopolitico, che deve tornare a svolgere un ruolo centrale nel Mediterraneo. Un Paese che ha vissuto una nuova, dolorosa pagina di violenza l'estate scorsa e che ci auguriamo possa ritrovare presto il cammino verso una democrazia compiuta e rappresentativa.

Infine, l'Iran. Con il Majlis - il Parlamento monocamerale iraniano - è in corso di riattivazione il Protocollo di collaborazione con la Camera dei deputati, che prevede la costituzione di Gruppi di collaborazione bilaterali. A presiedere quello italiano sarà un'altra deputata, l'on. Deborah Bergamini.

Crediamo fermamente nella necessità di riaprire e rafforzare i canali del dialogo con un Paese dall'importanza geostrategica fondamentale, la cui nuova dirigenza sta dimostrando di voler cambiare passo rispetto al recente passato, impegnandosi come non accadeva da tempo nel negoziato sul dossier nucleare e perfino mostrandosi attiva sui social media, dove scambia tweet con esponenti politici statunitensi. A tale dialogo può e deve contribuire in maniera importante lo strumento della diplomazia parlamentare e deve e può contribuire, a mio avviso, l'Italia, che del gruppo dei cosiddetti '5+1' non fa parte, ma che deve tornare a svolgere il ruolo centrale di cerniera tra i Paesi del Medio Oriente e del Mediterraneo, da una parte, e l'Europa, dall'altra.

Dalla Libia, cui accennavo pocanzi, hanno ripreso a partire, come dicevo, migliaia di migranti e richiedenti asilo in cerca della salvezza e di una vita migliore. Migranti e richiedenti asilo che approdano in Italia ed a Malta o che, dopo aver attraversato la Turchia, raggiungono la Grecia o - in numeri sempre crescenti - passano la frontiera con la Bulgaria, nuova prima tappa europea per raggiungere la destinazione finale. Destinazione finale che, in moltissimi casi, si trova nel Nord dell'Europa.

I flussi di persone che rischiano la propria vita per raggiungere il nostro continente ci ricordano dunque ancora una volta come il Mediterraneo - e ciò che vi accade - riguardi tutta l'Europa e non solo gli Stati frontalieri del Sud. Stati, come l'Italia, impegnati nel salvare vite umane in mare, ma che - va ricordato - devono anche fare di più per garantire standard d'accoglienza adeguati a chi, sopravvissuto alla guerra ed alla traversata del mare, richiede protezione nei nostri Paesi.

E ciò che accade nel Mediterraneo riguarda anche i nostri partner dell'Alleanza atlantica, che hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo importante nelle transizioni in atto in Nord Africa e nel Medio Oriente. E' per questo che l'iniziativa di questi giorni, tesa a sviluppare un dibattito a più voci su tematiche complesse e d'importanza cruciale per il futuro dell'area mediterranea e per le aspirazioni ed i diritti dei popoli che vi abitano, appare tanto più opportuna.

I wish you all a fruitful seminar and, for those of you who are visiting, a pleasant stay in Rome.