09/02/2017
Montecitorio, Sala della Lupa

Saluto introduttivo al Workshop 'Sicuri sul web per una navigazione consapevole', promosso dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in occasione del 'Safer Internet day'

Buongiorno a tutti e a tutte.

Saluto e ringrazio il Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Marcello Cardani, e tutti gli altri componenti qui presenti dell'Agcom; ringrazio e saluto i relatori per essere questa mattina alla Camera dei deputati.

Mi fa piacere che il Presidente Cardani abbia voluto fare questo incontro qui per parlare di un argomento che, come sapete, a questa istituzione sta molto molto a cuore.

Credo sia necessario un confronto tra tutti - le istituzioni, il mondo delle imprese, le università - su uno dei temi che è sempre più presente nella nostra vita: la rete, i suoi benefici, ma anche gli aspetti meno edificanti. E' bene che se ne discuta perché io penso che questo sia il tempo della responsabilità, per noi istituzioni ma anche per tutti gli altri stakeholders che si muovono in questo ambito.

Ne parliamo a pochi giorni dal Safer Internet Day e voglio affrontare l'argomento prima di tutto a partire dalle istituzioni. Quindi comincio da qui, dal legislatore.

Quando è stata avviata questa legislatura, mi sono trovata ad avere 14 commissioni permanenti, ma nessuna di queste era dedicata agli affari digitali. Allora, nella riforma del Regolamento che all'epoca pensavamo di poter condurre a termine, abbiamo discusso anche di questo, riconsiderando sia il numero delle commissioni che le tematiche. Quella riforma, ad oggi, purtroppo non è decollata. Io non demordo quasi mai, però….

A quel punto, ho cercato di capire come recuperare questo ritardo. Quindi la materia è stata suddivisa nelle varie commissioni di cui disponiamo. Ma non bastava, e ho voluto perciò istituire due commissioni ad hoc. Una sui diritti e doveri in internet. L'ho voluta fare in un modo innovativo, perché in un tempo in cui si chiede più partecipazione i cittadini vogliono essere parte delle scelte. Per questo mi sembrava importante istituire una commissione che fosse allargata agli esperti, alla cittadinanza attiva. Così abbiamo attivato una commissione costituita da deputati, ma anche da esperti e rappresentanti della società civile. Ci siamo messi al lavoro, il professor Stefano Rodotà ha coordinato questo gruppo e siamo arrivati a produrre una 'Dichiarazione sui diritti e doveri in Internet'. Una carta poi diventata oggetto anche di una mozione, approvata all'unanimità, che impegna il Governo a mettere in atto quei principi.

Il lavoro, però, non è finito qui! Il 17 ottobre scorso, con l'allora Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Stefania Giannini, abbiamo firmato un protocollo secondo il quale i componenti di questa commissione, deputati ed esperti, inizieranno a breve un tour nelle scuole per parlare della tematica del web, della rete, del digitale, di come essere dei cittadini digitali consapevoli. Un accordo di cui sono molto contenta.

Un'operazione culturale importante, che spero si diffonda sempre di più in tutte le reti del servizio pubblico televisivo, ma anche nelle emittenti private e sugli schermi dei telefonini. Servono, a tutti i livelli, iniziative e campagne che mirino all'alfabetizzazione civica e digitale, alla conoscenza dei diritti propri e di quelli altrui ma anche alla consapevolezza dei rischi che questo affascinante mondo implica.

Oggi l'odio, questa parola inquietante, sta marcando il discorso pubblico. Voi potete dire che è la politica a dover dare il buon esempio. In teoria dovrebbe farlo, ma anche in questo ambito la responsabilità non è forse una delle prerogative più diffuse di questi tempi. Ecco perché credo che l'alfabetizzazione civica e digitale ci imponga invece di lavorare su questo, proprio perché l'odio è una cifra che si sta diffondendo sia nella vita quotidiana sia nel modo in cui ci si relaziona tra avversari politici.

Ed è per questo stesso senso di responsabilità che ho voluto istituire un'altra commissione parlamentare di studio, anch'essa mista, sulle forme di discriminazione e sui fenomeni di odio.

Non era mai accaduto in sede parlamentare, e l'ho voluta intitolare a Jo Cox, la giovane deputata laburista britannica uccisa dall'odio politico, da qualcuno che le gridava contro "Britain first!", con un atto di terrorismo politico.

E' stato molto bello ascoltare in audizione suo marito, Brendan Cox, che ha fatto un'analisi molto approfondita sui fenomeni d'odio. Invito i presenti e chi ci ascolta a chiedere gli atti di questa audizione perché credo che sia interessante per tutti voi prenderne conoscenza.

Nella Commissione Jo Cox ha lavorato un grande intellettuale, il professor Tullio De Mauro, che è venuto a mancare da poco e che negli ultimi anni si era concentrato sulle "parole d'odio", su quanto incidano e facciano male alle società. E' anche per rendere onore al suo impegno che oggi dobbiamo continuare il lavoro nella commissione, che culminerà con una relazione sullo stato dell'odio nel nostro Paese e con proposte per prevenirlo, possibilmente, ed eventualmente per contrastarlo.

Il tema della responsabilità, poi, non può non toccare anche i social network: che non sono delle semplici 'autostrade' su cui i veicoli passano, sulle quali viaggiano tweet, post o video, di cui loro non si assumono la responsabilità.

Invece non è così, non può essere così. Nel raccontarvi la storia di una ragazza voglio invitare i social network ad essere parte attiva e integrante di questa battaglia contro l'odio. La storia è quella di Arianna Drago, una ragazza che non conoscevo e che si è intestata un'operazione molto coraggiosa. Denuncia, dalla sua pagina Fb, l'esistenza di gruppi chiusi su facebook nei quali fotografie di ragazze ignare vengono pubblicate e esposte a qualsiasi abominevole commento sul loro conto. Il risultato è che Arianna Drago viene oscurata mentre i profili di questi gruppi chiusi, violenti, non vengono oscurati. La ragazza allora mi scrive un messaggio accorato e mi chiede aiuto, mi manda la documentazione delle cose orribili che ha visto. Decido di fare mia la sua battaglia e pubblico, sul mio profilo, quello che lei aveva pubblicato nel suo.

A questo punto Facebook interviene, per dire che per errore aveva oscurato il profilo di Arianna Drago, mentre chiaramente il mio non viene toccato.

Allora io mi chiedo: da che parte sta Facebook? Dalla parte di chi denuncia le violenze o dalla parte dei violenti? Perché io non l'ho ancora capito. Io vorrei che questo giovane imprenditore così illuminato si facesse lui stesso paladino del contrasto alla violenza sulla sua creatura, sul suo social network. Come si fa a non capire che se si va avanti così saranno i violenti a prevalere?

Ho avuto, su questo tema, delle interlocuzioni con i dirigenti di Facebook. Il 25 novembre - che come sapete è la giornata contro la violenza sulle donne - ho voluto fare un'operazione di denuncia della nuova frontiera della violenza sulle donne, quella digitale. Ho semplicemente rilanciato alcuni dei tantissimi messaggi di odio che quotidianamente ricevo. Non l'ho fatto per me: l'ho fatto perché tante ragazze e tante donne subiscono la mia stessa sorte ma non hanno voce per potersi ribellare; l'ho fatto per conto e per nome di quelle donne che non possono farlo o non hanno gli strumenti per farlo.

Questi commentatori avevano lasciato la loro identità digitale e io quel giorno li ho pubblicati. Un post che ha avuto 7 milioni di visualizzazioni e che dimostra quanto il problema sia sentito da tutti.

Subito dopo ho avuto un incontro molto interessante con il vicepresidente di Facebook Richard Allan, venuto qui alla Camera. A lui ho avanzato tre proposte per arginare la deriva dell'odio: inserire un'icona, come "like", "attenzione odio" per evidenziare l'hate speech; un numero verde per le persone che hanno bisogno di consigli se sono oggetti di odio; e poi, visto che in Italia ci sono 28 milioni di utenti di Facebook, investire qualche risorsa, aprire un ufficio operativo, capace di una linea diretta con le istituzioni e di segnalare tutto quello che alimenta l'odio.

Le risposte che ho ottenuto, dopo due mesi, sono del tutto generiche, peraltro neanche con una lettera indirizzata a me ma con una comunicazione informale. Mi aspetto che dopo questa comunicazione generica mi si risponda nel merito.

Ieri abbiamo anche deciso di lanciare un appello contro le bufale che stanno inquinando il dibattito. Le fake news non sono goliardate, sono strutturate e lanciate o per far soldi o per delegittimare le persone, sono operazioni sporche.

Credo che tutti i cittadini che abbiano a cuore il diritto di essere informati correttamente possano fare qualcosa e questo appello dà a tutti la possibilità di dire la propria. Perché essere informati correttamente è un diritto, essere disinformati è un pericolo. Le fake news creano caos, confusione, danneggiano le persone e non possiamo tollerarle perché se lo facessimo saremmo partecipi di un'alterazione sostanziale della realtà.

Ecco, siccome ho parlato di responsabilità chiudo con un auspicio: che riguarda il cyberbullismo. All'inizio della legislatura qui c'è stato un incontro pubblico sul tema. A quell'evento partecipò una donna, la madre della giovane Carolina che pochi giorni prima si era suicidata perché non aveva retto la vergogna del peso della gogna che si era alimentata in rete nei suoi confronti. In quell'occasione abbiamo preso un impegno. Il cyberbullismo uccide e la politica deve sapere rispondere senza aspettare ancora. La legge sul cyberbullismo è ritornata alla Camera in seconda lettura, dopo essere stata approvata al Senato. Mi auguro che riusciremo a chiudere questa legislatura approvando definitivamente questa legge. Lo dobbiamo ai ragazzi che oggi si impegnano contro il cyberbullismo, a chi non molla; ma soprattutto lo dobbiamo a tutti quei giovani che sotto la pressione della vergogna e dell'onta hanno deciso di togliersi la vita.

Vi ringrazio.