21/04/2017
Montecitorio, Sala della Lupa

Partecipazione all’iniziativa ‘#bastabufale. Tavoli di lavoro sulla disinformazione’

Buongiorno a tutti e a tutte.

Mi fa molto piacere vedervi qui. Grazie per aver accettato l'invito a ragionare su un tema che ritengo sia di importanza generale: la disinformazione. Ma prima di entrare nel merito lasciatemi esprimere il cordoglio e la solidarietà miei e dell'intera Camera dei Deputati per il nuovo tragico attentato che c'è stato ieri sera a Parigi. Una volta in più voglio ripetere che il terrorismo islamista non piegherà le nostre società, perché le nostre democrazie sapranno essere più forti della violenza.

Saluto e ringrazio tutti. In particolare un ringraziamento sentito ai nostri esperti: Paolo Attivissimo, Michelangelo Coltelli, David Puente e Walter Quattrociocchi. Loro presiederanno i tavoli di lavoro, poi avranno anche l'onere e l'onore di arrivare a un punto di sintesi, perché se oggi noi siamo qui è per arrivare a una concretezza.

Mi aspetto molto da questa giornata e credo che ognuno di voi rappresenti una parte di società e una realtà che può reagire alla disinformazione. Penso che questa sia un'occasione: perché forse è la prima volta che così tante realtà si riuniscono insieme per ragionare e perché sono temi importanti, su cui non si può andare alla spicciolata e improvvisare.

Noi oggi siamo qui per ragionare su uno dei temi più delicati dei nostri tempi e lo facciamo, appunto, in una sede istituzionale. Come mai? Perché essere informati, ed essere informati correttamente, è un diritto, ma essere disinformati è un pericolo.

Questa giornata non nasce dal nulla, è una tappa di un percorso che qui alla Camera dei Deputati abbiamo iniziato tempo fa. L'anno scorso, prima ancora dell'elezione del presidente Donald Trump che portò all'attenzione la tematica delle fake news - e non voglio entrare nel merito: comunque le portò all'attenzione dei media - ecco, ben prima, in questa stessa sala, noi organizzammo una iniziativa che fu molto partecipata. Il titolo era eloquente: "Non è vero ma ci credo. Vita, morte e miracoli di una falsa notizia".

In quella occasione ci fu un confronto interessante a seguito del quale, con gli esperti che oggi presiedono questi tavoli, decidemmo di fare un'iniziativa corale.

Se questo è un tema che minaccia la nostra collettività, come io fortemente ritengo, è giusto dare ai cittadini la facoltà di dire la propria, di esserci, in una partecipazione che rafforza la democrazia rappresentativa. Io non credo sia una minaccia chiedere alle persone come la vedono, che cosa vogliono e cosa intendono fare.

Per questo abbiamo elaborato un appello rivolto a tutti i cittadini, pensando di raggiungere l'attenzione magari di 10mila persone. Sarebbe già stato un grande risultato. Invece siamo arrivati al doppio di quell'obiettivo: oltre 20mila cittadini hanno firmato l'appello "Essere informati è un diritto, essere disinformati è un pericolo".

Oggi 39 sigle sono riunite attorno a 4 tavoli: e quali sono i temi di questi tavoli? Sono quelli messi in coda all'appello, gli stessi ambiti di competenza che noi riteniamo avere responsabilità aggiuntive. Perché il cittadino può firmare l'appello, ma ci sono ambiti in cui bisogna andare oltre, impegnarsi, unire le forze, fare un fronte comune per creare un argine a questa deriva. Se noi non saremo in grado di farlo, temo che questa deriva ci travolgerà.

L'8 febbraio abbiamo lanciato l'appello; oggi sono qui riuniti i tavoli che si occupano di temi specifici.

Il primo si occupa di scuola, università e ricerca, che rappresentano il motore primo per creare gli anticorpi alla disinformazione. A volte, infatti, si rimane basiti per l' incapacità di avere quel senso critico necessario a distinguere che cosa è vero e che cosa è falso. C'è uno studio dell'Università di Stanford che dimostra come gli adolescenti facciano fatica a distinguere un'inserzione pubblicitaria da una notizia. Questo dimostra che bisogna lavorare nelle scuole, nelle università, perché prima di tutto la disinformazione è una questione culturale. Se si fa strada la disinformazione dipende anche dal fatto che dall'altra parte non ci sono strumenti adeguati per smontarla. Quindi più il livello culturale è inadeguato, più la disinformazione trova terreno fertile.

Nel 2014, in questa Camera, ho istituito una Commissione di studio per l'elaborazione di principiin tema di diritti e doveri relativi a Internet. E' la prima volta che ciò accade: abbiamo 14 Commissioni permanenti, ma nessuna si occupa di affari digitali. Mi sembrava quasi imperativo provvedere e ho istituito questa Commissione Internet, una Commissione di studio creata con un metodo partecipativo: deputati - uno per gruppo - ma anche società civile, esperti, giuristi, giornalisti, associazioni, tutti coloro che possono dare un apporto su questo cruciale tema.

La Commissione Internet ha lavorato in un modo aperto: abbiamo fatto una consultazione pubblica online, ed era la prima volta che un atto parlamentare veniva sottoposto al parere dei cittadini. Alcuni dei pareri che abbiamo acquisito sono oggi nella 'Carta dei diritti e dei doveri in Internet'.

La Commissione ha dunque elaborato una Carta dei diritti e dei doveri che poi è diventata una mozione parlamentare. Inoltre la Commissione ha firmato un protocollo con il Miur per portare nelle scuole i contenuti della Carta. Abbiamo iniziato questo viaggio di alfabetizzazione digitale a Torino, poi c'è stata Roma, e adesso andremo anche a Catanzaro, Pescara e Napoli.

Ed è stata una soddisfazione che il 16 marzo scorso, al Parlamento Europeo, sia stata adottata una risoluzione sulla E-democracy, che ha portato come esempio la Camera dei deputati italiana: consultazione pubblica e apertura verso l'esterno, cioè formazione nelle scuole. Nel metodo e nel merito, la Camera dei deputati è stata ritenuta dal Parlamento Europeo un esempio in questo ambito.

Ma la Commissione non farà solo questo. Sull'esempio della House of Commons ho voluto sottoporre ai componenti la possibilità di fare un'indagine conoscitiva sulle fake news nel nostro Paese. A Londra lo stanno già facendo e anche noi dobbiamo andare fino in fondo. Quindi qui alla Camera inizieremo anche questa indagine conoscitiva.

Il secondo tavolo riunito qui oggi si occupa della disinformazione sul digitale, delle piattaforme social. In questo ambito c'è bisogno di fare un passo in avanti e di uscire dalla concezione dei social network come semplici autostrade che veicolano tutto, per arrivare alla concezione di media company. Vuol direassunzione di responsabilità, vuol dire creare i presupposti per avere una collaborazione più efficace con le istituzioni e con le testate giornalistiche. Considerare i social network come media company e non semplici strumenti che veicolano informazionifa la differenza. Ovviamente significa investire maggiori risorse umane e tecnologiche per rendere i social network adeguati a risolvere il problema.

Ultimamente ho voluto rendere pubbliche alcune 'bufale' che riguardavano mia sorella, scomparsa anni fa. Secondo queste false informazioni si sarebbe occupata di cooperative di immigrati e avrebbe preso una pensione di 10mila euro al mese all'età di 35 anni. Nulla di tutto ciò è vero, naturalmente: mia sorella è scomparsa prematuramente anni fa e si occupava di restauri. Perché ho voluto rilanciare queste falsità dalla mia pagina Facebook? Perché non penso di essere l'unica persona che diventa oggetto di questo tipo di attività e perché, al contrario di altri, io ho la facoltà di denunciarlo, renderlo noto e attirare l'attenzione, mentre molte persone che vivono la stessa condizione - e sono migliaia - non hanno questa possibilità. Ecco perché mi è sembrato doveroso farlo, anche se significava parlare di questioni dolorose e personali; ma ho considerato giusto attirare l'attenzione su un fenomeno brutale su cui c'è chi si arricchisce a danno degli altri senza scrupoli. Figure veramente riprovevoli.

Di contro, non dobbiamo lasciare sole le persone che - magari in buona fede o perché sono un po' superficiali - credono a quello che è nel web perché "lo dice il web", come una volta "lo diceva la televisione".

Il terzo tavolo è quello che riunisce il mondo delle imprese. Ritengo, infatti, che anche loro possano dare un contributo al contrasto alla disinformazione. Perché se le imprese decidono di non fare inserzioni pubblicitarie sui siti che vivono di disinformazione questo può fare la differenza. Se le imprese non vogliono essere parte dell'avanzata della menzogna sulla verità debbono essere coerenti e rifiutarsi di fare pubblicità in questi siti specializzati nella menzogna.

Al quarto tavolo abbiamo riunito i media tradizionali, che oggi sono chiamati a uno sforzo aggiuntivo per continuare a esercitare il ruolo fondamentale dell'informazione nella democrazia. Se i media tradizionali non sapranno tutelarci e salvaguardarci dalla disinformazione, si metterà in discussione non solo la loro deontologia ma il senso stesso dell'informazione nelle democrazie. Le persone, infatti, non crederebbero più a nulla. Quindi serve maggiore impegno nel fact checking, nel debunking - l'attività che consente di smascherare le 'bufale' - nel controllo delle fonti. Ma bisogna anche cercare - e qui mi rivolgo agli editori - di dotare le redazioni di 'garanti della qualità' a cui possono rivolgersi i lettori, i cittadini, perché anche questo è un motivo di garanzia.

Alla fine di questa giornata, i nostri esperti faranno un documento di sintesi che conterrà proposte e misure concrete delle vostre aziende, dei vostri enti, delle vostre istituzioni. Lo dobbiamo a tutti i cittadini che hanno firmato l'appello e che stanno continuando a firmarlo. Ci stiamo impegnando tutti, nessuno escluso, e io come istituzione sto facendo la mia parte. Ma chiedo impegno a tutti voi insieme, perché solo così riusciremo a ottenere dei risultati.

Il 2 maggio, alla vigilia della Giornata mondiale per la libertà di stampa, noi organizzeremo un evento alla Camera durante il quale presenteremo il documento di sintesi a chi ci seguirà in streaming e alle persone che verranno a Montecitorio. Mi auguro che quel documento sia sostanzioso e contenga misure concrete da mettere in atto.

Per questo evento saranno presenti, tra gli altri, la Ministra dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Valeria Fedeli, il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il Presidente della Fieg Maurizio Costa, la Presidente della Rai Monica Maggioni e il Vicepresidente di Facebook Richard Allan.

Concludo dicendo che chi droga il discorso pubblico vuole alterare l'assetto democratico. Per questo noi qui oggi stiamo parlando di qualcosa di dirimente, non di singole sensibilità. Perché chi diffonde fatti falsi vuole creare caos e confusione, vuole una società in cui non ci siano più riferimenti, vuole condizionare l'opinione pubblica su presupposti di falsità e di menzogna. Sono convinta che dobbiamo prendere molto seriamente questo problema e ritengo che in primis le istituzioni debbano fare da traino nel contrasto alla disinformazione. Per questo alla Camera noi abbiamo iniziato da tempo e per questo continueremo, ma mi auguro anche con il vostro impegno e con il vostro sostegno.

Buon lavoro.