31/03/2017
Roma, quartiere Tor Bella Monaca

Visita del quartiere Tor Bella Monaca di Roma

Buongiorno a tutti e a tutte.

Vedo in platea tanti volti di ragazze e ragazzi, ma anche di persone che hanno finito gli studi qualche anno fa. Mi fa piacere, perché vuol dire che in questa sala non ci sono solo studenti ma c'è tutto il quartiere.

Saluto e ringrazio la preside Rosaria Autiero, che mi ha ricevuta con calore; la vicepreside Adelaide Grenese, che lavora in questa scuola da ventitré anni. Voglio salutare tutti i rappresentanti delle associazioni che sono qui: sono parecchi, li ascolteremo quando prenderanno la parola, ritengo importante che possano illustrare tutto quello che fanno per questo quartiere.

Saluto il direttore artistico del teatro di Tor Bella Monaca, anche lui presente, e saluto e ringrazio i deputati componenti della Commissione d'inchiesta della Camera sulle Periferie. E' significativo oggi essere qui: siamo insieme proprio perché rappresentiamo le varie sensibilità politiche.

E' importante parlare di cittadinanza attiva in una scuola, perché a scuola si imparano non solo le varie materie previste. Dicevo prima alla vicepreside, insegnante di matematica, che a me la sua materia fa soggezione e non ho mai brillato.

Ma a scuola non c'è solo lo studio del programma ministeriale. Qui si creano amicizie, che a volte sono quelle che durano una vita; si costruisce un rapporto con i propri simili. E poi a scuola si impara a diventare cittadini: perché quando si studia in una buona scuola questa ci fornisce gli strumenti per sviluppare senso critico, ci insegna a ragionare, ci insegna che per essere buoni cittadini non basta andare a votare una volta ogni cinque anni.

Negli anni degli studi iniziamo a esercitare la cittadinanza attiva: attraverso l'elezione dei rappresentanti di classe e di istituto cominciamo a partecipare alla cosa pubblica, che è di tutti e di ciascuno. Ed è a scuola che si impara questo esercizio.

Oggi ci troviamo in una scuola di Tor Bella Monaca che ha una fama straordinaria. Sicuramente qui si fa esercizio di pensiero e di senso critico. Lo dimostra anche il fatto che per cinque anni avete partecipato a lavori sulla Costituzione, che è il nostro faro, la nostra stella polare.

E qui, in questa scuola, si abbattono gli stereotipi. I ragazzi che vivono in un quartiere con problematiche vengono descritti quasi sempre come ragazzi di una generazione perduta, che non hanno interesse all'impegno, distratti da altro. Questo liceo, invece, dimostra il contrario e abbatte quello stereotipo.

Di stereotipi si può morire. Nella visita di questa mattina ho incontrato tante persone per strada e ho voluto conoscere alcune famiglie, andando a casa loro. Non c'è neppure una di queste persone che non abbia menzionato il fatto di soffrire della fama negativa di questo quartiere e non mi abbia parlato delle tante energie positive. Se io sono qui è anche per questo, perché credo fortemente nelle energie positive dei luoghi difficili.

Ragazze e ragazzi, per 25 anni io ho lavorato nei luoghi più difficili del mondo, e per l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sono stata dove c'erano conflitti e guerre. Ho visto le difficoltà di quelle situazioni, mi ci sono immersa, e so che anche in quelle più drammatiche c'è del buono, anche in quelle apparentemente perse.

Nessun territorio è perso. Non c'è un destino baro e cattivo che decide tutto per noi. Siamo noi a decidere della nostra vita.

Conoscendo le tre fantastiche donne che qualche anno fa hanno dato vita all'associazione Tor più bella, ho capito che in questo quartiere il salto è stato già fatto. "Volevamo che il nostro palazzo fosse più bello, più vivibile, che i nostri figli non dovessero passare attraverso il corridoio di quelli che spacciano", mi hanno detto. E hanno agito in questo senso, allargando giorno dopo giorno il loro gruppo.

Questo vuol dire che si può fare la differenza. Anzi, che bisogna fare la differenza! Ma serve crederci e dedicare un po' di tempo alla cosa comune, al bene comune. Dire che la colpa è sempre degli altri, che gli altri non sanno fare niente e sono degli incapaci, è facile ma non produce cambiamento. Essere buoni cittadini non vuol dire puntare sempre il dito contro qualcun altro che magari non fa il suo dovere. Essere buoni cittadini vuol dire iniziare a mettere in atto quel cambiamento che noi andiamo cercando, facendo noi quello che vorremmo facessero gli altri.

Come? Cominciamo a dedicare un po' delle nostre energie al bene comune, ai nostri anziani che sono lasciati nelle loro solitudini, andiamo a trovare i nonni perché sono figure che possono darci tanto. Le persone che non hanno risorse a volte si aspettano solidarietà da noi.

E poi credo che avere davanti una bella piazza, pulita e piena di verde, faccia piacere a tutti. Allora mettiamoci insieme per far sì che quello spazio sia di tutti e sia rispettato. Questo è alla portata di tutti.

Oggi io sono qui perché credo che le istituzioni siano percepite come una cosa lontanissima dalle persone e io stessa, prima di fare questo salto, le sentivo lontane. Per questo, dal ruolo che mi onoro di svolgere, devo fare quello che mi aspettavo venisse fatto e che mi deludeva quando non veniva fatto.

Adesso sto a Montecitorio a guidare la Camera dei deputati, il cuore della democrazia e della nostra Costituzione. Come in ogni Repubblica parlamentare, questa istituzione è al centro della democrazia. Senza il Parlamento, sia chiaro a tutti, non c'è democrazia.

E' anche vero che il Parlamento ha delle carenze e va migliorato. Ma questo non si ottiene delegittimandolo. Non si deve cercare di danneggiare il Parlamento, perché questo danneggia il Paese. Contribuiamo, invece, a renderlo efficiente. Per questo ho ritenuto di rappresentare la terza carica dello Stato stando dentro ma anche fuori dal Palazzo.

La mia sede di lavoro non è solo Montecitorio, sono anche le piazze. E' Montecitorio e sono le periferie; è Montecitorio e sono i luoghi difficili del paese, dove le istituzioni non si fanno spesso vedere perché non ci sono tappeti rossi, ma dove bisogna prendersi il rischio di ascoltare le proteste delle persone, di riuscire a dare concretamente una mano. Sarebbe facile andare solo dove tutto va bene, ma non è così che si esercita la democrazia.

Ecco perché oggi ho voluto partecipare a questa una bella iniziativa, parlare con tante associazioni, conoscere una famiglia che vive in condizioni in cui nessuno dovrebbe vivere, in un appartamento dove un figlio disabile non ha possibilità di vivere dignitosamente. Non è giusto. La mia visita oggi ha anche l'obiettivo di fare accendere i riflettori su questi casi, perché purtroppo quella famiglia è anche il simbolo di una condizione diffusa.

Le istituzioni hanno il compito di risolvere questi problemi. E io farò di tutto, insieme a chi di competenza, per affrontare questo ed altri problemi.

E' questo il senso del mio viaggio nelle periferie: aprire un'interlocuzione con i cittadini. E non vuol dire che oggi sono qui e poi non mi vedrete più. Voi verrete a Montecitorio, perché l'interlocuzione continuerà. E' continuata con i cittadini dello Zen di Palermo, con quelli di Scampia, Corviale, Quarto Oggiaro, e continuerà anche con voi.

So che qui ci sono le associazioni impegnate nel quartiere, alle quali va tutto il mio rispetto. Credo che una democrazia sia forte se tutti nella società hanno un ruolo e la capacità di poter incidere nelle decisioni: i corpi intermedi, i sindacati, le associazioni, le confederazioni sono tutte espressioni di democrazia. L'uomo forte al comando non è la risposta. I problemi si risolvono se si sta tutti insieme, questo rende più forte la democrazia. Al contrario si va incontro a una situazione che abbiamo già vissuto e che non vorremmo mai ripetere. Per questo è importante che le associazioni abbiano la facoltà di incidere nelle decisioni.

Ecco perché per me, oggi, sarà interessante ascoltarvi. So che c'è un'associazione che ha aperto un Centro Antiviolenza. Mi vorrei soffermare su questa attività. E prima di tutto vi voglio ringraziare. Grazie per esserci in mezzo a mille difficoltà. Spero che tutti vi ascoltino con la massima attenzione, perché in un Paese in cui quasi ogni giorno una donna viene ammazzata per mano di chi dice di amarla, la violenza mascherata da amore è un'emergenza nazionale.

Eppure spesso la sdoganiamo come una cosa non degna di attenzione mediatica. E se, invece che una donna, ad essere ammazzato ogni tre giorni fosse qualcuno per mano della mafia la reazione sarebbe la stessa? Ci sarebbe o no allarme sociale? Ci sarebbe una risposta compatta da parte di tutti, di tutte le istituzioni? Ma se una donna viene ammazzata si pensa che magari se l'è pure cercata.

Ecco, il modo in cui le donne sono collocate nella società è una cartina di tornasole del livello di democrazia di un Paese: quando le donne sono tenute ai margini, quel Paese non è democratico. Più le donne hanno un ruolo nella società e sono rispettate, più diminuisce la violenza di genere.

Ho messo questo tema tra le questioni centrali nel mio mandato. Già nel primo giorno da Presidente della Camera, nel discorso di insediamento, in un modo del tutto irrituale, ho inserito questo problema e ho sottolineato che questo Parlamento non può voltare le spalle a chi muore per mano di chi avrebbe dovuto amarla. La violenza mascherata da amore. E conseguentemente questo Parlamento si sta impegnando molto, anche perché per la prima volta il 30% è composto da donne e questo fa la differenza.

Ma sulla violenza di genere ho voluto dare anche segnali simbolici. Direte che non è così che si risolvono le cose. Servono buone leggi: come la Convenzione di Istanbul, primo atto parlamentare di questa legislatura; come il decreto contro il femminicidio; come la legge sugli orfani di femminicidio appena approvata alla Camera. Con le leggi ci stiamo occupando della violenza di genere. Ma sono convinta che da sole non bastano.

Ci vuole cura, cambiamento di pensiero, del modo in cui guardiamo, in cui parliamo, in cui scriviamo delle donne. Questo deve cambiare. Quando leggo le cronache dei casi di femminicidio, leggo ancora di crisi di gelosia o raptus di follia. E magari quella donna aveva già denunciato la violenza! Dunque, se si sapeva, perché quella donna non ha avuto sostegno in tempo? Perché non ci sono abbastanza fondi per i Centri Antiviolenza?

Per questo ho voluto anche fare atti simbolici: ho messo un drappo rosso sulla facciata di Palazzo Montecitorio il giorno in cui, in un'altra parte di questa città, è stata uccisa, bruciata dall'uomo che la doveva amare, Sara, una giovane di 22 anni. In rete un movimento di donne chiedeva una reazione collettiva a questa brutalità. Ecco, si reagisce anche con simboli, oltre che con le buone leggi.

Quindi sono contenta che oggi si parli di questo tema. Ma in questa legislatura ci siamo occupati anche di periferie, e ci tengo a dirlo perché anche questo è un tema cruciale. La Camera ha deciso di istituire una Commissione di inchiesta sulle periferie, e oggi qui ci sono alcuni deputati che ne fanno parte. Mi fa piacere presentarveli: c'è il deputato Morassut, il deputato Rampelli, la deputata Castelli e il deputato Miccoli. Appartengono a diversi gruppi politici ma lavorano insieme in Commissione. E la cosa bella che mi piace ricordare è che vanno nelle periferie anche per recepire dal territorio suggerimenti e consigli su quello che si deve fare per migliorare le condizioni di vita delle persone. Una modalità che rappresenta anche un cambio di attitudine e un salto di qualità, mettendo al centro le persone.

Ritengo che le buone pratiche dei territori siano laboratori di politica. Vedo buona politica in queste associazioni, vedo che sono in grado di mettere a fuoco i problemi e trovare soluzioni: questa è la nuova frontiera della politica.

E se la politica tradizionale vuole ritornare ad essere centrale, secondo me, è da queste energie che deve ripartire, dall'aggregazione di queste persone che rischiano in prima persona e danno un'alternativa al degrado. E questa mattina ne ho incontrate tante, di queste persone! E' importante che le istituzioni siano al fianco di queste esperienze, perché devono assumersi le proprie responsabilità e non deve esserci distanza con i cittadini.

Oggi io sono venuta qui e invito voi a venire a Montecitorio. E' casa vostra, venite alle domeniche "a porte aperte", oppure veniteci in altre occasioni, ma veniteci. Imparate a conoscere l'istituzione. Alla fine si sa poco di come si lavora nell'istituzione. Sapete quante commissioni permanenti ha la Camera dei Deputati? Sapete come funziona un provvedimento, quanto tempo ci si impiega a finire il suo iter? Sapete quante giunte abbiamo e che cosa fanno le giunte?

Ho notato che spesso acquisire conoscenza su tutto questo cambia l'atteggiamento delle persone verso le istituzioni. Quando ricevo i cittadini nelle domeniche in cui Montecitorio è aperto, le persone spesso quando arrivano sono arrabbiate, hanno un atteggiamento di distacco. Ma cambiano disposizione d'animo quando si rendono conto della complessità del tutto, perché la democrazia è una gran fatica ed esercitarla non è una passeggiata. Bisogna mettere d'accordo tante sensibilità e trovare il punto di caduta, e non è facile. Allora le persone si rendono conto del lavoro che c'è e del fatto che ci sono tanti deputati bravi, in gamba, di cui prima non sapeva perché è più facile pensarli tutti uguali, tutti incompetenti, tutti cialtroni.

Quando riusciamo a sfatare pregiudizi, che fanno male come quelli su Tor Bella Monaca, l'atteggiamento cambia. I deputati non sono tutti uguali, in ogni mestiere non siamo tutti uguali. E dunque io vi invito a essere curiosi, a saperne più, a capire come funziona il vostro Paese e poi a partecipare, a dissentire, ma facendolo in modo costruttivo, unendo le forze.

Non siamo nemici, siamo tutti dalla stessa parte, con l'obbiettivo unico di rendere migliore questo nostro straordinario Paese.

Vi ringrazio.