Buongiorno a tutti e a tutte. Saluto gli illustri ospiti che animeranno questa giornata di dibattito e li ringrazio per aver accolto il nostro invito. Saluto i deputati e quanti sono presenti qui nella Sala del Mappamondo, così come coloro che ci stanno seguendo in streaming. La Camera dei Deputati guarda con attenzione e fiducia all'imminente semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea.
Abbiamo voluto l'iniziativa di oggi perché sulla materia della cittadinanza digitale - oggetto di una crescente attenzione da parte dalla Corte di Giustizia europea, con la sentenza di annullamento della direttiva Ue sulla conservazione dei dati e la sentenza nei confronti di Google sul diritto all'oblìo - l'Unione giocherà nei prossimi sei mesi alcune partite decisive. Dovranno essere sciolti infatti gli ultimi nodi sul pacchetto di norme europee sulla protezione dei dati personali e si deciderà se approvare quello sulla neutralità della rete. Non entro naturalmente in questi specifici temi: ascolterò con grande interesse gli interventi, fino a che gli altri impegni istituzionali me lo consentiranno.
Ringrazio della presenza Antonello Soro, Presidente dell'Autorità Garante della Privacy, col quale ancora di recente abbiamo condiviso considerazioni e preoccupazioni. Tengo inoltre a far presente al Governo - mi dispiace per il contrattempo che all'ultimo momento ha impedito al Ministro della Giustizia Andrea Orlando di essere presente - che l'appuntamento di oggi sta a indicare anche il sostegno di partecipazione e proposta che la Camera vuole dare al governo in occasione della guida del semestre.
Oggi in molti parleranno di Internet, con una competenza certo superiore alla mia. Permettemi però di ricordare cosa abbia significato la rete nella mia precedente esperienza, quella nell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Ho ancora in mente l'ultima missione in Africa compiuta prima di lasciare l'incarico. Era aprile-maggio 2012, al campo profughi di Dadaab, nel nord-est del Kenia: 500mila persone, per lo più somale, all'epoca il più grande campo profughi del mondo, una città più grande di Bologna o di Firenze. Per i giovani rifugiati, che lì erano nati e cresciuti, Internet era, e tuttora è, l'unico mezzo per uscire da quell'enorme recinto, per conoscere altre realtà, incluso il loro stesso paese d'origine che non avevano mai visto, ma anche per istruirsi a costi accessibili con l'e-learning, che in certi contesti fa una enorme differenza. "Abbiamo sì bisogno di viveri e medicine - ripetevano - ma per noi ragazzi internet è altrettanto essenziale" Internet come bisogno primario. E non parlavano di videogiochi, ma di Internet come straordinaria opportunità di formazione e crescita. E poi la rete è oggi per tanti migranti l'unico strumento, forse, per rendere meno penosa la lontananza, che permette di rimanere in contatto col paese di origine, di partecipare alla sua vita, di seguirne gli sviluppi. Le tante donne che vengono a lavorare nelle nostre case possono, grazie a Skype, seguire i figli che hanno dovuto lasciare nel proprio Paese. E a dire il vero vale anche per me, la gratitudine per questi nuovi mezzi: ho una figlia che è all'estero per motivi di studio, e il collegamento serale aiuta ad accompagnarla nel suo percorso, nonostante la lontananza. Ma, a parte ciò, Internet è essenziale al dialogo tra i popoli e le culture: crea collegamenti, crea ponti, ci aiuta a conoscerci meglio. Anche per la mia storia passata, dunque, sento di potermi iscrivere tra i più convinti sostenitori della rete, della sua libertà, delle sue innumerevoli potenzialità.
Il che non significa chiudere gli occhi sulla necessità di alcune regole: perché la loro assenza non è affatto garanzia di libertà, ma spesso affermazione di prepotenza, legge del più forte. Stiamo imparando a doverci guardare, oltre che dall'invadenza degli Stati, anche da quella dei nuovi giganti della comunicazione digitale, che all'insegna dell'apparente gratuità entrano nelle nostre vite e le controllano. Dare regole è essenziale inoltre per tutti quei gruppi sociali che oggi troppo spesso in rete si sentono messi sotto scacco, maltrattati, obbligati alla resa o alla fuga. Penso alle minoranze oggetto di campagne di disprezzo e di odio; penso alle donne, a noi donne, che talvolta dobbiamo accettare un tasso insopportabile di violenza, volgarità, oscenità; penso a ragazze e ragazzi che hanno purtroppo dovuto imparare il significato di una parola nuova, il "cyberbullismo" e le sue conseguenze. E' anche per loro, per queste fasce più vulnerabili della cittadinanza, che la rete deve incrementare la sua capacità di inclusione, che non ha nulla a che vedere con la censura.
Vogliamo offrire oggi materiali perché riparta a livello europeo un discorso completo su diritti e doveri, una sorta di "Costituzione per Internet", come dice il titolo odierno, accompagnato da un prudente punto interrogativo. Non siamo all'anno zero: il tema ha acquisito nuovo slancio quando dal Brasile, a marzo, è arrivata la notizia che la loro Camera dei Deputati aveva approvato il Marco Civil, che da aprile è diventato legge (anch'esso sarà oggetto di una specifica comunicazione a cura del suo relatore, Alessandro Molon, che ringrazio). Ma l'Europa, in materia, ha già una sua consolidata produzione. E il nostro Paese, nello specifico, può rivendicare un ruolo di traino: è da noi che il tema dell'Internet Bill of Rights è nato nel 2005, soprattutto per merito del professor Rodotà, che saluto e ringrazio, punto di riferimento italiano e internazionale, che infatti ci darà tra poco, con la sua relazione, il quadro d'insieme.
Mi approprio di uno dei suoi "cavalli di battaglia", professor Rodotà, per dire che quando si parla di Costituzione di Internet il concetto deve essere "rivisitato", ha un senso diverso da quello classico. Non un testo chiuso e immodificabile per alcuni decenni, ma un insieme di norme in continua evoluzione, come lo è il mondo al quale queste regole vogliono applicarsi. E dunque è importante che vengano elaborate non solo dai soggetti istituzionali tradizionali, quelli che siedono nelle aule parlamentari, ma attraverso la partecipazione più larga - per questo siamo qui - che metta insieme certo governi e parlamenti, ma con loro operatori del settore, gruppi sociali organizzati, singoli cittadini.
Una modalità di discussione pubblica, aperta, trasparente, alla quale la Camera vuol dare un suo concreto contributo. A Montecitorio, in questa legislatura, abbiamo voluto procedere in un modo - credo di poter dire - molto innovativo sulla strada dei nuovi media: non per un vezzo, ma perché li consideriamo parte essenziale dell'azione che mira a ridurre la distanza coi cittadini. E' uno strumento che consideriamo indispensabile: e allora sì Twitter, Youtube, Flickr e prossimamente anche Facebook, per far circolare in modo più semplice maggiori informazioni e ricevere feedback sull'attività dell'Aula e delle Commissioni. Questo ha fatto sì che qui a Montecitorio ospitassimo il primo bar camp (nessun'altra istituzione parlamentare lo ha fatto, in Europa): una conferenza aperta per raccogliere contributi finalizzati a migliorare la posizione dell'Italia rispetto agli indicatori dell'agenda digitale europea, dove siamo un po' indietro. Inoltre abbiamo ospitato qui a Montecitorio un hackathon di esperti di informatica, con l'obiettivo di aumentare la conoscenza degli open data fuori del palazzo, cioè renderli fruibili attraverso l'elaborazione di appplications. Perché è vero che è importante avere accesso ai documentii, ma ancora di più avere gli strumenti per farlo: se noi facciamo una politica di trasparenza, e poi non diamo ai cittadini lo strumento per orientarsi con questo mare di informazioni, allora quel processo si ferma a metà. Questo è ciò che sta facendo la Camera: io ringrazio Anna Masera, la capo Ufficio Stampa, che ha voluto dare questo nuovo impulso. Ma io stessa, come Presidente, non saprei più come relazionarmi alle persone fuori senza l'utilizzo dei social media. E' essenziale per ricevere consigli, critiche, a volte richieste di aiuto: è uno degli strumenti principali. Coerentemente con questo approccio, sui temi dell'incontro odierno abbiamo già fatto partire stamattina la consultazione pubblica: da oltre un'ora è attiva la piattaforma di media civici camera.civi.ci per discutere del Bill of Rights.
Sono convinta che, grazie agli strumenti offerti dalla rete, anche il Parlamento possa trovare opportunità per rilanciare la sua funzione. Internet ci sta a cuore perché può anche dare nuovo impulso alla democrazia. Per questo investiamo, non sono denari buttati, ma ben investiti, perché ci servono a rilanciare il senso della partecipazione, e dunque della democrazia. Nelle settimane precedenti il voto europeo, sono tornata più volte ad invitare specialmente i giovani al voto. Sì, certo, il voto è essenziale, ma le istituzioni, nazionali ed europee, hanno bisogno di coinvolgere i loro cittadini ben più che una volta ogni 5 anni. La rete può dare, anche in questo senso, un apporto prezioso, quasi insostituibile.
Convegno 'Verso una Costituzione per Internet?'
Buongiorno a tutti e a tutte. Saluto gli illustri ospiti che animeranno questa giornata di dibattito e li ringrazio per aver accolto il nostro invito. Saluto i deputati e quanti sono presenti qui nella Sala del Mappamondo, così come coloro che ci stanno seguendo in streaming. La Camera dei Deputati guarda con attenzione e fiducia all'imminente semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea.
Abbiamo voluto l'iniziativa di oggi perché sulla materia della cittadinanza digitale - oggetto di una crescente attenzione da parte dalla Corte di Giustizia europea, con la sentenza di annullamento della direttiva Ue sulla conservazione dei dati e la sentenza nei confronti di Google sul diritto all'oblìo - l'Unione giocherà nei prossimi sei mesi alcune partite decisive. Dovranno essere sciolti infatti gli ultimi nodi sul pacchetto di norme europee sulla protezione dei dati personali e si deciderà se approvare quello sulla neutralità della rete. Non entro naturalmente in questi specifici temi: ascolterò con grande interesse gli interventi, fino a che gli altri impegni istituzionali me lo consentiranno.
Ringrazio della presenza Antonello Soro, Presidente dell'Autorità Garante della Privacy, col quale ancora di recente abbiamo condiviso considerazioni e preoccupazioni. Tengo inoltre a far presente al Governo - mi dispiace per il contrattempo che all'ultimo momento ha impedito al Ministro della Giustizia Andrea Orlando di essere presente - che l'appuntamento di oggi sta a indicare anche il sostegno di partecipazione e proposta che la Camera vuole dare al governo in occasione della guida del semestre.
Oggi in molti parleranno di Internet, con una competenza certo superiore alla mia. Permettemi però di ricordare cosa abbia significato la rete nella mia precedente esperienza, quella nell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Ho ancora in mente l'ultima missione in Africa compiuta prima di lasciare l'incarico. Era aprile-maggio 2012, al campo profughi di Dadaab, nel nord-est del Kenia: 500mila persone, per lo più somale, all'epoca il più grande campo profughi del mondo, una città più grande di Bologna o di Firenze. Per i giovani rifugiati, che lì erano nati e cresciuti, Internet era, e tuttora è, l'unico mezzo per uscire da quell'enorme recinto, per conoscere altre realtà, incluso il loro stesso paese d'origine che non avevano mai visto, ma anche per istruirsi a costi accessibili con l'e-learning, che in certi contesti fa una enorme differenza. "Abbiamo sì bisogno di viveri e medicine - ripetevano - ma per noi ragazzi internet è altrettanto essenziale" Internet come bisogno primario. E non parlavano di videogiochi, ma di Internet come straordinaria opportunità di formazione e crescita. E poi la rete è oggi per tanti migranti l'unico strumento, forse, per rendere meno penosa la lontananza, che permette di rimanere in contatto col paese di origine, di partecipare alla sua vita, di seguirne gli sviluppi. Le tante donne che vengono a lavorare nelle nostre case possono, grazie a Skype, seguire i figli che hanno dovuto lasciare nel proprio Paese. E a dire il vero vale anche per me, la gratitudine per questi nuovi mezzi: ho una figlia che è all'estero per motivi di studio, e il collegamento serale aiuta ad accompagnarla nel suo percorso, nonostante la lontananza. Ma, a parte ciò, Internet è essenziale al dialogo tra i popoli e le culture: crea collegamenti, crea ponti, ci aiuta a conoscerci meglio. Anche per la mia storia passata, dunque, sento di potermi iscrivere tra i più convinti sostenitori della rete, della sua libertà, delle sue innumerevoli potenzialità.
Il che non significa chiudere gli occhi sulla necessità di alcune regole: perché la loro assenza non è affatto garanzia di libertà, ma spesso affermazione di prepotenza, legge del più forte. Stiamo imparando a doverci guardare, oltre che dall'invadenza degli Stati, anche da quella dei nuovi giganti della comunicazione digitale, che all'insegna dell'apparente gratuità entrano nelle nostre vite e le controllano. Dare regole è essenziale inoltre per tutti quei gruppi sociali che oggi troppo spesso in rete si sentono messi sotto scacco, maltrattati, obbligati alla resa o alla fuga. Penso alle minoranze oggetto di campagne di disprezzo e di odio; penso alle donne, a noi donne, che talvolta dobbiamo accettare un tasso insopportabile di violenza, volgarità, oscenità; penso a ragazze e ragazzi che hanno purtroppo dovuto imparare il significato di una parola nuova, il "cyberbullismo" e le sue conseguenze. E' anche per loro, per queste fasce più vulnerabili della cittadinanza, che la rete deve incrementare la sua capacità di inclusione, che non ha nulla a che vedere con la censura.
Vogliamo offrire oggi materiali perché riparta a livello europeo un discorso completo su diritti e doveri, una sorta di "Costituzione per Internet", come dice il titolo odierno, accompagnato da un prudente punto interrogativo. Non siamo all'anno zero: il tema ha acquisito nuovo slancio quando dal Brasile, a marzo, è arrivata la notizia che la loro Camera dei Deputati aveva approvato il Marco Civil, che da aprile è diventato legge (anch'esso sarà oggetto di una specifica comunicazione a cura del suo relatore, Alessandro Molon, che ringrazio). Ma l'Europa, in materia, ha già una sua consolidata produzione. E il nostro Paese, nello specifico, può rivendicare un ruolo di traino: è da noi che il tema dell'Internet Bill of Rights è nato nel 2005, soprattutto per merito del professor Rodotà, che saluto e ringrazio, punto di riferimento italiano e internazionale, che infatti ci darà tra poco, con la sua relazione, il quadro d'insieme.
Mi approprio di uno dei suoi "cavalli di battaglia", professor Rodotà, per dire che quando si parla di Costituzione di Internet il concetto deve essere "rivisitato", ha un senso diverso da quello classico. Non un testo chiuso e immodificabile per alcuni decenni, ma un insieme di norme in continua evoluzione, come lo è il mondo al quale queste regole vogliono applicarsi. E dunque è importante che vengano elaborate non solo dai soggetti istituzionali tradizionali, quelli che siedono nelle aule parlamentari, ma attraverso la partecipazione più larga - per questo siamo qui - che metta insieme certo governi e parlamenti, ma con loro operatori del settore, gruppi sociali organizzati, singoli cittadini.
Una modalità di discussione pubblica, aperta, trasparente, alla quale la Camera vuol dare un suo concreto contributo. A Montecitorio, in questa legislatura, abbiamo voluto procedere in un modo - credo di poter dire - molto innovativo sulla strada dei nuovi media: non per un vezzo, ma perché li consideriamo parte essenziale dell'azione che mira a ridurre la distanza coi cittadini. E' uno strumento che consideriamo indispensabile: e allora sì Twitter, Youtube, Flickr e prossimamente anche Facebook, per far circolare in modo più semplice maggiori informazioni e ricevere feedback sull'attività dell'Aula e delle Commissioni. Questo ha fatto sì che qui a Montecitorio ospitassimo il primo bar camp (nessun'altra istituzione parlamentare lo ha fatto, in Europa): una conferenza aperta per raccogliere contributi finalizzati a migliorare la posizione dell'Italia rispetto agli indicatori dell'agenda digitale europea, dove siamo un po' indietro. Inoltre abbiamo ospitato qui a Montecitorio un hackathon di esperti di informatica, con l'obiettivo di aumentare la conoscenza degli open data fuori del palazzo, cioè renderli fruibili attraverso l'elaborazione di appplications. Perché è vero che è importante avere accesso ai documentii, ma ancora di più avere gli strumenti per farlo: se noi facciamo una politica di trasparenza, e poi non diamo ai cittadini lo strumento per orientarsi con questo mare di informazioni, allora quel processo si ferma a metà. Questo è ciò che sta facendo la Camera: io ringrazio Anna Masera, la capo Ufficio Stampa, che ha voluto dare questo nuovo impulso. Ma io stessa, come Presidente, non saprei più come relazionarmi alle persone fuori senza l'utilizzo dei social media. E' essenziale per ricevere consigli, critiche, a volte richieste di aiuto: è uno degli strumenti principali. Coerentemente con questo approccio, sui temi dell'incontro odierno abbiamo già fatto partire stamattina la consultazione pubblica: da oltre un'ora è attiva la piattaforma di media civici camera.civi.ci per discutere del Bill of Rights.
Sono convinta che, grazie agli strumenti offerti dalla rete, anche il Parlamento possa trovare opportunità per rilanciare la sua funzione. Internet ci sta a cuore perché può anche dare nuovo impulso alla democrazia. Per questo investiamo, non sono denari buttati, ma ben investiti, perché ci servono a rilanciare il senso della partecipazione, e dunque della democrazia. Nelle settimane precedenti il voto europeo, sono tornata più volte ad invitare specialmente i giovani al voto. Sì, certo, il voto è essenziale, ma le istituzioni, nazionali ed europee, hanno bisogno di coinvolgere i loro cittadini ben più che una volta ogni 5 anni. La rete può dare, anche in questo senso, un apporto prezioso, quasi insostituibile.
Grazie dell'attenzione. Buon lavoro.