11/09/2014
Oslo

Intervento in occasione della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti del Consiglio d'Europa

Signor Presidente dello Storting, Signora Presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Signor Segretario generale del Consiglio d'Europa, Signori Presidenti di Parlamenti, Autorità, è un onore essere qui oggi e poter condividere con voi alcune riflessioni su temi cruciali per il futuro delle democrazie: la garanzia dell'effettività dei diritti e delle libertà fondamentali; la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

La 22esima Conferenza europea dei Presidenti si svolge ad Oslo proprio nell'anno in cui ricorre il 200esimo anniversario della Costituzione norvegese, alla cui promulgazione seguì l'istituzione della Corte costituzionale più antica d'Europa.

La nostra esperienza storica, quella del continente europeo nel secolo scorso ci ha dimostrato come l'esistenza di una formale Costituzione ispirata a principi democratici non garantisca di per sé che la democrazia sia piena, partecipata, viva.

Perché ciò avvenga serve ben altro. E' necessario che i valori e gli ideali che sono alle radici delle nostre tradizioni costituzionali siano alimentati quotidianamente attraverso un sempre maggiore coinvolgimento diretto dei cittadini e l'adozione di pratiche che aumentino l'accesso ai processi decisionali e la loro trasparenza. Accesso e trasparenza, queste le parole chiave.

Nel maggio scorso in molti Paesi le elezioni europee hanno visto un massiccio astensionismo o l'affermarsi di movimenti di matrice populista e, in alcuni casi, apertamente anti-europeista e xenofoba. A contribuire a tale disaffezione sono state indubbiamente la perdurante crisi economica e le conseguenti pesanti ricadute sociali, che hanno portato milioni di cittadini - moltissimi dei quali giovani - a trovarsi senza un impiego e senza una rete di protezione sociale in grado di sostenerli.

Ritengo, però, che il sentimento di lontananza e di sfiducia nei confronti delle istituzioni nazionali e sovranazionali abbia radici più profonde. Vi è la tendenza, in molti contesti, a ritenere che la partecipazione democratica si limiti allo svolgimento di periodiche elezioni e che, di conseguenza, i rappresentanti eletti non debbano necessariamente rendere conto del proprio operato con regolarità e trasparenza.

Questa dimensione riduttiva della partecipazione ha allentato il rapporto di fiducia tra eletto ed elettore. A tale crisi di fiducia il populismo risponde offrendo un surrogato della partecipazione: lo sfogo fine a se stesso dei cittadini; la critica unicamente distruttiva delle istituzioni democratiche; lo scavalcamento dei cosiddetti 'corpi intermedi': sindacati, associazioni di categoria e così via.

Permettetemi una nota personale. Come alcuni di voi sanno, non sono una veterana delle istituzioni. La mia partecipazione alla vita politica ha avuto inizio meno di due anni fa, quando lasciai le Nazioni Unite dopo venticinque anni di lavoro e mi candidai come indipendente alle elezioni legislative. La mia designazione a Presidente della Camera dei deputati avvenne - in maniera del tutto inaspettata - al mio secondo giorno in Parlamento! Da semplice cittadina quale ero stata fino a pochissimo tempo prima, ho voluto dunque subito adoperarmi per riavvicinare i cittadini alle istituzioni.

Questa è un'esigenza che so essere largamente condivisa nell'Assemblea che presiedo composta, per la prima volta, da moltissimi giovani - oltre il 30% ha meno di quarant'anni - e da tante donne: il 31% del totale, una quota raggiunta per la prima volta in Italia, che, tuttavia, ritengo dovrebbe essere ancora maggiore, dato che le donne rappresentano la metà della popolazione. Ed è un'esigenza che, in Italia, nasce soprattutto dalla crisi profonda della politica, che, a fronte di una situazione economica e sociale sempre più precaria ed anche, talvolta, di gravi scandali, ha portato al diffondersi di sentimenti di disincanto, rabbia ed impotenza.

Tutto ciò sta cambiando, come stanno cambiando le modalità con le quali i cittadini si mobilitano per cause che ritengono importanti: la tutela dei beni comuni, il diritto al lavoro, la lotta contro le violenze sulle donne. Sempre più persone, infatti, sono attive sulla rete, è lì che si svolge in buona parte il dibattito pubblico. E' per questo che anche le istituzioni devono essere presenti sul web, che non è un semplice mezzo di comunicazione, ma molto di più: una vera e propria dimensione della nostra vita che offre opportunità straordinarie anche per lo sviluppo della democrazia.

Alla Camera dei deputati, dunque, è in corso quella che non esiterei a definire una sorta di 'rivoluzione digitale': l'istituzione è presente su Twitter, Youtube, Flickr e, prossimamente, su Facebook, facendo così circolare in maniera più semplice ed accessibile le informazioni e dialogando con i cittadini sulle attività dell'Aula, delle Commissioni e sulle tante iniziative che si svolgono presso la Camera.

Sono due gli eventi che, in particolare, hanno contraddistinto il nostro impegno per una maggiore partecipazione e trasparenza. Per la prima volta - credo - in una istituzione parlamentare in Europa, abbiamo ospitato un Bar Camp, ovvero un tipo di conferenza aperta i cui contenuti sono proposti dai partecipanti stessi. Esperti di informatica, accademici e operatori del settore si sono incontrati per raccogliere contributi finalizzati a migliorare la posizione dell'Italia rispetto agli indicatori dell'Agenda digitale europea. E' stata una novità anche l'Hackathon, un incontro di programmatori informatici che, per trenta ore ininterrotte di lavoro, hanno sviluppato applicazioni per smartphone usando gli opendata della Camera per rendere non solo accessibili, ma anche più fruibili, gli atti parlamentari.

In questo contesto, mi fa particolarmente piacere sottolineare che, da alcune settimane, è al lavoro presso la Camera dei deputati la prima Commissione di studio sulla Rete, sui diritti e i doveri dei cittadini nell'età digitale, da cui scaturirà una bozza di Internet Bill of Rights, di Carta dei diritti su Internet - che verrà sottoposta ad una consultazione pubblica e poi presentata ai parlamentari dei Paesi dell'UE durante il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'UE.

Di cruciale importanza, oltre all'utilizzo dei nuovi strumenti di comunicazione, è poi il tema della trasparenza. Anche su questo stiamo voltando pagina. Trasparenza vuol dire rendere pubblici i bilanci delle istituzioni, così come vuol dire avviare una politica di desecretazione di molti atti prodotti nel tempo da varie Commissioni parlamentari d'inchiesta, perché svariati episodi drammatici della nostra storia recente sono rimasti troppo a lungo coperti dal segreto. Con questa iniziativa, abbiamo voluto sottolineare un principio: uno Stato che non mette a disposizione le informazioni sul proprio operato è uno Stato che teme i cittadini. Ed uno Stato che teme i propri cittadini non potrà mai essere pienamente democratico.

Per incrementare la partecipazione alla vita pubblica, è però necessario anche ridare credibilità alla politica. Lo si può fare agendo con onestà, con sobrietà, dimostrando - nel concreto e quotidianamente, con i propri comportamenti - che i politici non sono tutti uguali come taluni vorrebbero far credere. Lo si può fare anche attraverso l'adozione di un codice di condotta per i parlamentari, così come richiesto dallo stesso Consiglio d'Europa.

Lo si può fare riformando sistemi politici divenuti farraginosi semplificando e riducendo i costi - a patto, però, di non minarne il carattere democratico.

Un sistema democratico, ove siano effettivamente tutelati i diritti e le libertà fondamentali, deve anche garantire l'accesso alle cariche pubbliche a tutti i cittadini, a prescindere dal reddito e dall'appartenenza sociale. E' per questo che nutro delle riserve rispetto alla recente decisione presa in Italia di abolire ogni forma di finanziamento pubblico ai partiti, una scelta problematica, che potrebbe non favorire la partecipazione di tutti. Collegato al tema del finanziamento dei partiti vi è poi quello della regolamentazione dei gruppi d'influenza, i cosiddetti lobbisti, che in molti Paesi - tra cui l'Italia - hanno accesso agli eletti senza che vi sia la necessaria piena trasparenza sulle loro attività.

Occorre infine ricordare che noi tutti, ormai, ci muoviamo all'interno di una cornice che non è più strettamente nazionale. Alle tutele sancite dalle nostre rispettive Costituzioni si sommano, infatti, quelle delle convenzioni e dei trattati internazionali, tra cui la Convenzione europea dei diritti dell'Uomo; all'azione delle nostre Corti costituzionali si aggiunge quella della Corte europea dei diritti dell'uomo; alle norme approvate dai nostri Parlamenti si affiancano gli atti approvati dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e, ovviamente, per i Paesi membri dell'UE, la legislazione europea.

E' proprio l'Unione europea che, con il Trattato di Lisbona, ha aperto nuove possibilità di partecipazione dei cittadini alla vita politica: penso all'indicazione dei candidati a Presidente della Commissione europea da parte dei partiti politici alle ultime elezioni, oppure all'Iniziativa dei Cittadini, che permette di sollecitare l'adozione di norme europee su un determinato tema tramite la raccolta - anche online - di un milione di firme in almeno sette dei Paesi membri dell'UE.

Noi tutti, rappresentanti eletti dei cittadini, abbiamo una grande responsabilità. In questo momento storico, se non faremo ogni sforzo per tutelare e rafforzare le nostre democrazie, le conseguenze potrebbero essere nefaste. A differenza dei nostri predecessori, abbiamo però gli strumenti - molti dei quali, come ho accennato, profondamente innovativi - per poter superare l'attuale crisi, ridando fiducia ai nostri cittadini, tutelando i loro diritti e garantendo che siano realmente coinvolti nella vita politica. Mi auguro fortemente che sapremo utilizzarli.

Vi ringrazio nuovamente dell'attenzione.