15/09/2014
Camera dei deputati, Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari

Indirizzo di saluto alla presentazione del Rapporto sugli investimenti ad impatto sociale, promossa dall'Advisory Board Italiano 'Social Investment Task Force' del G7

Buon giorno. Un saluto particolare a Giovanna Melandri, ai professori Mario Calderini e Mario La Torre, al Sottosegretario Luigi Bobba, al Segretario Generale Mauro Bonaretti, al Presidente Franco Bassanini, alle autorità e a tutti i presenti. Sono molto lieta di ospitare qui alla Camera dei deputati la presentazione del Rapporto sugli investimenti ad impatto sociale. Parto dai titoli che avete dato agli studi oggi in esame, perché indicano con efficacia che si tratta di temi nient'affatto riservati ai soli specialisti.

Il rapporto internazionale parla del "cuore invisibile dei mercati". Sì, davvero questo "cuore" sembra essere rimasto invisibile ultimamente, se pensiamo alle conseguenze che la crisi sta producendo ormai da sette anni sulle condizioni di vita di tutti noi, agli effetti che ha provocato un'applicazione rigida dei parametri dell'austerità, all'immagine dura - senza cuore, appunto, verrebbe da dire - che di sé hanno dato le istituzioni dell'Unione europea. Ciò ha concorso a quella crisi di fiducia che alle recenti elezioni si è manifestata pesantemente, e che anche nel voto svedese di ieri ha lasciato traccia nella vistosa crescita di una forza estremista. Colgo l'occasione per annunciarvi che proprio sui temi delle politiche di bilancio e delle strategie per promuovere la crescita, qui alla Camera torneremo a discutere il 29 e 30 settembre, in un incontro con i Parlamenti degli altri 27 Paesi Ue, nell'ambito delle iniziative del semestre di Presidenza italiana.

E' fortissima, dunque, l'esigenza di una "finanza che includa", come dice il rapporto italiano, dopo anni nei quali la finanza ha dato di sé l'immagine di un'entità astratta, impersonale, che con pochi click di un mouse può spostare quantità enormi di capitali, mandare in crisi le economie più deboli, chiedere sacrifici che ai comuni cittadini risultano incomprensibili e insostenibili. Ne abbiamo bisogno, di questa "finanza che includa", perché avvertiamo tutti l'insufficienza dei misuratori "classici" della nostra condizione economica. Senza arrivare alla radicalità utopica della famosa frase di Robert Kennedy - "Il Pil misura tutto, eccetto ciò per cui la vita è veramente degna di essere vissuta" - abbiamo imparato a familiarizzare di recente in Italia con una sigla come il Bes, il Benessere Equo e Sostenibile, che affina i criteri di calcolo in base ai quali definire la reale ricchezza di un Paese. E' benvenuta, dunque, una finanza che avverta forte il senso della sua responsabilità sociale. Tanto più che i sistemi di protezione sociale, in Italia come negli altri Paesi avanzati, affrontano una grave crisi di sostenibilità per diverse ragioni: per le crescenti restrizioni in materia di spesa pubblica, per l'invecchiamento della popolazione, per gli effetti della pesante congiuntura economica che stiamo attraversando.

Il nostro modello di welfare appare inoltre troppo rigido, perché non in grado di interviene con efficacia sui nuovi rischi di esclusione sociale legati alla condizione dei giovani, alla precarizzazione dei rapporti di lavoro e alla presenza di migranti.

C'è chi sostiene, di fronte a queste difficoltà, che occorre di fatto smantellare le garanzie pubbliche. Io non sono d'accordo. Non dobbiamo abbandonare le conquiste di civiltà sino ad oggi raggiunte. Non dobbiamo smettere di desiderare una società più giusta e progredita.

Abbiamo però bisogno di nuove strategie e di una nuova alleanza fra l'intervento pubblico e l'imprenditoria. Una imprenditoria che cerca una remunerazione per il proprio capitale ed è al tempo stesso disponibile ad impegnarsi in progetti che abbiano una finalità sociale.

Ecco perché considero molto importante l'idea dell'investimento ad impatto sociale. Il fine sociale dell'intervento rimane prioritario, ma è configurato in termini che possono essere attraenti per gli investitori privati.

E' una strada nuova, ancora da percorrere.

Per questo c'è bisogno di coraggio e di lungimiranza da parte degli operatori economici. Ma è anche necessario che i poteri pubblici offrano, come il Rapporto propone con le sue raccomandazioni, un quadro normativo ed amministrativo che incoraggi l'attuazione di questa strategia.

E questo vale, come giustamente indicato nel Rapporto, anche a proposito del microcredito. Lo scorso luglio il premio Nobel Muhammad Yunus ha svolto qui alla Camera una appassionante Lectio magistralis in cui ci ha fra l'altro illustrato lo straordinario successo ottenuto, anche in paesi avanzati, dagli strumenti di microcredito, che non vanno bene solo in Bangladesh, ma anche negli Stati Uniti e in Paesi europei. Credo fermamente nelle possibilità di questa strategia e trovo molto convincente l'impianto culturale che la sorregge. Sono convinta che in un paese come il nostro, nel quale si allargano le fasce di povertà e dove pochissime persone hanno accesso al credito, la microfinanza può avere una grande potenzialità.

Ma in Italia, invece, queste iniziative, che pure si stanno moltiplicando, non riescono ancora ad affermarsi come potrebbero.

Mi sono allora dichiarata disponibile a promuovere una iniziativa per affrontare, insieme a tutti gli attori interessati, i problemi di carattere normativo e amministrativo che ancora si frappongono ad un pieno decollo del microcredito anche in Italia. E conto, per questa iniziativa, sulla collaborazione di tutti voi.

In conclusione, ritengo che il Rapporto che oggi viene presentato abbia un grande valore, non solo sul piano operativo, ma anche dal punto di vista culturale. La necessità di affrontare i bisogni sociali emergenti viene presentata senza preconcetti ideologici, e con una grande attenzione alle soluzioni pratiche da adottare e alla verifica dei risultati ottenuti.

Iniziative come questa possono dare una spinta significativa affinché il nostro Paese ritrovi la via del progresso e del cambiamento, dopo anni di stagnazione. Un progresso che non va invocato e tanto meno atteso passivamente, ma perseguito giorno per giorno da ognuno di noi, coniugando concretezza e visione del futuro. Concretezza e visione del futuro sono le due qualità che animano i progetti di investimenti ad impatto sociale e che vi vedono impegnati con tanta passione. Due qualità di cui anche la politica ha un grande bisogno.

Grazie e buon lavoro a tutti voi.