Saluto in apertura della riunione dei Presidenti delle Commissioni dei Parlamenti dei paesi membri dell'Unione europea e del Parlamento europeo competenti in materia di occupazione, ricerca e innovazione
Care colleghe e cari colleghi, signor Ministro, signori relatori, signore e signori, desidero anzitutto ringraziare tutti voi per la partecipazione alla riunione interparlamentare delle Commissioni competenti in materia di occupazione, ricerca e innovazione.
I temi all'ordine del giorno rivestono la massima importanza per chi, ed io sono tra questi, crede fermamente nel progetto di integrazione europea e ritiene che quel progetto debba essere costantemente aggiornato.
L'avanzamento del processo di integrazione va ancorato a realizzazioni concrete: occupazione, ricerca e innovazione sono i terreni su cui si gioca il futuro dell'Europa, vale a dire, la capacità di coniugare lo sviluppo dell'economia con la valorizzazione del capitale umano.
La nostra intenzione è quella di fornire un contributo, attraverso un ampio scambio di opinioni e di esperienze per definire meglio tutti insieme, una strategia che consenta all'Europa di evitare una marginalizzazione a livello internazionale e di realizzare concretamente una crescita solida e sostenibile.
La crisi che si trascina dal 2008 ha duramente messo alla prova i sistemi economici e sociali europei.
La crisi ha colto l'Europa impreparata: c'è stato un grave ritardo nell'individuare le risposte più adeguate e persiste una insufficiente attenzione per i danni che possono derivare da politiche economiche ispirate esclusivamente al rigore e che conducono ad una eccessiva contrazione della domanda complessiva.
Da tempo il motore della crescita mondiale si è spostato dall'Europa verso le cosiddette economie emergenti: i tassi di crescita dell'Europa nel suo complesso, anche considerando i paesi che dispongono di economie più dinamiche, sono nettamente inferiori a quelli delle economie più agguerrite e concorrenziali, ivi compresi gli Stati Uniti.
E tutto ciò deriva anche dal fatto che una buona parte dei Paesi europei investono in misura insufficiente nella ricerca e nell'innovazione, così come nella formazione e nell'istruzione.
Occorre una vera e coerente strategia comune per difendere e rafforzare la capacità competitiva delle economie europee; le Strategie di Lisbona e, più recentemente, Europa 2020 non sembrano sufficienti allo scopo.
Il neo Presidente della Commissione europea, Jean Claude Junker ha preannunciato un ambizioso programma di investimenti che dovrebbe impegnare risorse pari complessivamente a 300 miliardi di euro. Tutti noi auspichiamo che quanto prima il piano si traduca in indirizzi chiari.
Si tratta, tuttavia, di misure utili ma non sufficienti. Non basta, infatti, individuare e mobilitare risorse ma occorre inserirle in una precisa cornice di politica economica.
L'approccio che intendiamo proporre si fonda sulla convinzione che questa strategia non possa prescindere, ma anzi debba fondarsi sul riconoscimento e la valorizzazione delle peculiarità dei modelli sociali dei nostri paesi che costituiscono un unicuum e un modello di riferimento a livello internazionale.
Gli indicatori più evidenti di questa specificità europea sono riconoscibili negli elevati standard di salvaguardia dei diritti fondamentali e nella universalità che contraddistingue i sistemi di wellfare.
Sotto questo profilo, mi piace sottolineare il filo rosso che unisce le diverse iniziative che sono state adottate nell'ambito della dimensione parlamentare del Semestre di Presidenza italiana: la convinzione che l'Europa debba difendere e rivendicare il valore di un modello in cui gli obiettivi della crescita e della modernizzazione delle economie e delle società non vadano a scapito della tutela dei diritti.
Soltanto se riusciremo a tenere insieme questi due elementi sapremo assicurare piena vitalità ai modelli europei e renderemo credibile e apprezzabile, da parte dei nostri cittadini, la prospettiva dell'integrazione.
L'Europa deve giocare la sfida della competizione globale facendo valere i suoi punti di forza: il patrimonio unico di conoscenze, di esperienze e di tecniche di produzione sofisticate e ad alto valore aggiunto acquisite nel tempo e progressivamente affinate. La qualificazione del capitale umano è un potentissimo fattore di crescita complessiva!
Così come deve essere chiara la consapevolezza, ancora scarsamente diffusa in altre aree, della necessità di incorporare, nei processi produttivi e nell'organizzazione sociale, la sostenibilità ambientale e la tutela del territorio, sapendo bene che una politica che si muova nella prospettiva della lotta ai cambiamenti climatici offre immense opportunità di sviluppo.
Il perseguimento di questi obiettivi richiede l'adozione di politiche coerenti e sinergiche che si ispirino ad una logica di sistema.
Su questi aspetti occorre evitare l'errore di perseguire modelli astratti che l'esperienza concreta ha ampiamente smentito. Esemplare è il caso delle politiche per l'innovazione e la ricerca che negli Stati Uniti, come hanno ampiamente dimostrato gli studi di alcuni economisti, tra cui Mariana Mazzucato, si sono avvalse del sostegno pubblico che ha svolto un ruolo imprescindibile di mobilitazione di risorse e di individuazione delle priorità strategiche. Politiche e sostegno pubblico di cui anche i privati hanno potuto avvalersi. Non si tratta di inseguire modelli superati di statalismo ma di comprendere come l'intervento dello Stato sul piano economico possa ancora offrire enormi potenzialità se indirizzato e concentrato soprattutto in settori strategici quali appunto quelli della ricerca e dell'innovazione.
Così come occorre smentire il pregiudizio per cui alcuni settori tradizionali sarebbero sostanzialmente obsoleti e non offrirebbero più adeguati margini di crescita.
L'esperienza italiana dimostra infatti che l'agroalimentare, il turismo, la valorizzazione dei centri storici, la cultura, la moda e il design offrono amplissimi spazi di crescita e nuova occupazionequando le vocazioni produttive tradizionali si accompagnano a tecniche di produzione altamente qualificate. Anche su questi aspetti si misura la specificità europea: la combinazione tra attività produttive, territori, città e ambienti circostanti ha consentito al nostro continente di evitare, salvo qualche rara eccezione, il fenomeno delle megalopoli smisurate e dispersive.
Le città europee, che in gran parte sono di piccole o medie dimensioni, sono più "a misura d'uomo" e possono per questo davvero costituire l'ambiente ottimale per sfruttare le potenzialità di uno sviluppo sostenibile. Penso ad una migliore e più efficiente organizzazione dei servizi, a sistemi di trasporto intelligenti, a programmi sulle smart cities e a progetti di green economy come il riutilizzo dei materiali, la gestione oculata delle fonti energetiche e il riciclo dei rifiuti.
In questa prospettiva di adeguamento e modernizzazione anche la sfera del digitale può svolgere un ruolo fondamentale perché consente di connettere le persone direttamente e con la massima rapidità offrendo nuove possibilità.
Anche in questo caso la sfida europea è quella di trovare soluzioni in grado di contemperare gli interessi del mercato e la tutela dei cittadini.
Il web ad esempio non deve diventare uno spazio dove vince il più forte! Per questo motivo è indispensabile salvaguardare i diritti fondamentali degli utenti - o per meglio dire dei cittadini digitali - così come la promozione di una conoscenza degli strumenti, delle opportunità e dei rischi che il mercato digitale comporta, specie per le generazioni più giovani che ne fanno un grande uso senza tuttavia conoscerne fino in fondo i meccanismi e le dinamiche.
Su questo terreno la Camera dei Deputati ha elaborato un documento, una Carta sui diritti e i doveri in internet che sottoponiamo alla vostra attenzione con la speranza che vogliate offrire un contributo utile al confronto che necessariamente su questo tema si deve tenere a livello internazionale.
In conclusione, l'Europa potrà quindi intraprendere con decisione un percorso di crescita e sviluppo economico solo se riuscirà a valorizzare le sue peculiarità.
Sostegno alla ricerca e incentivi all'innovazione. Sono queste le coordinate e le direttrici verso cui dobbiamo muoverci e che l'Europa deve assumere come assolute priorità. Solo così sarà possibile favorire una ripresa socialmente equa e sostenibile sul piano ambientale, fondata su una occupazione di qualità, promossa da politiche sulla formazione e sull'istruzione, e che dia valore al lavoro e alla salvaguardia dei diritti.
Saluto in apertura della riunione dei Presidenti delle Commissioni dei Parlamenti dei paesi membri dell'Unione europea e del Parlamento europeo competenti in materia di occupazione, ricerca e innovazione
Care colleghe e cari colleghi, signor Ministro, signori relatori, signore e signori, desidero anzitutto ringraziare tutti voi per la partecipazione alla riunione interparlamentare delle Commissioni competenti in materia di occupazione, ricerca e innovazione.
I temi all'ordine del giorno rivestono la massima importanza per chi, ed io sono tra questi, crede fermamente nel progetto di integrazione europea e ritiene che quel progetto debba essere costantemente aggiornato.
L'avanzamento del processo di integrazione va ancorato a realizzazioni concrete: occupazione, ricerca e innovazione sono i terreni su cui si gioca il futuro dell'Europa, vale a dire, la capacità di coniugare lo sviluppo dell'economia con la valorizzazione del capitale umano.
La nostra intenzione è quella di fornire un contributo, attraverso un ampio scambio di opinioni e di esperienze per definire meglio tutti insieme, una strategia che consenta all'Europa di evitare una marginalizzazione a livello internazionale e di realizzare concretamente una crescita solida e sostenibile.
La crisi che si trascina dal 2008 ha duramente messo alla prova i sistemi economici e sociali europei.
La crisi ha colto l'Europa impreparata: c'è stato un grave ritardo nell'individuare le risposte più adeguate e persiste una insufficiente attenzione per i danni che possono derivare da politiche economiche ispirate esclusivamente al rigore e che conducono ad una eccessiva contrazione della domanda complessiva.
Da tempo il motore della crescita mondiale si è spostato dall'Europa verso le cosiddette economie emergenti: i tassi di crescita dell'Europa nel suo complesso, anche considerando i paesi che dispongono di economie più dinamiche, sono nettamente inferiori a quelli delle economie più agguerrite e concorrenziali, ivi compresi gli Stati Uniti.
E tutto ciò deriva anche dal fatto che una buona parte dei Paesi europei investono in misura insufficiente nella ricerca e nell'innovazione, così come nella formazione e nell'istruzione.
Occorre una vera e coerente strategia comune per difendere e rafforzare la capacità competitiva delle economie europee; le Strategie di Lisbona e, più recentemente, Europa 2020 non sembrano sufficienti allo scopo.
Il neo Presidente della Commissione europea, Jean Claude Junker ha preannunciato un ambizioso programma di investimenti che dovrebbe impegnare risorse pari complessivamente a 300 miliardi di euro. Tutti noi auspichiamo che quanto prima il piano si traduca in indirizzi chiari.
Si tratta, tuttavia, di misure utili ma non sufficienti. Non basta, infatti, individuare e mobilitare risorse ma occorre inserirle in una precisa cornice di politica economica.
L'approccio che intendiamo proporre si fonda sulla convinzione che questa strategia non possa prescindere, ma anzi debba fondarsi sul riconoscimento e la valorizzazione delle peculiarità dei modelli sociali dei nostri paesi che costituiscono un unicuum e un modello di riferimento a livello internazionale.
Gli indicatori più evidenti di questa specificità europea sono riconoscibili negli elevati standard di salvaguardia dei diritti fondamentali e nella universalità che contraddistingue i sistemi di wellfare.
Sotto questo profilo, mi piace sottolineare il filo rosso che unisce le diverse iniziative che sono state adottate nell'ambito della dimensione parlamentare del Semestre di Presidenza italiana: la convinzione che l'Europa debba difendere e rivendicare il valore di un modello in cui gli obiettivi della crescita e della modernizzazione delle economie e delle società non vadano a scapito della tutela dei diritti.
Soltanto se riusciremo a tenere insieme questi due elementi sapremo assicurare piena vitalità ai modelli europei e renderemo credibile e apprezzabile, da parte dei nostri cittadini, la prospettiva dell'integrazione.
L'Europa deve giocare la sfida della competizione globale facendo valere i suoi punti di forza: il patrimonio unico di conoscenze, di esperienze e di tecniche di produzione sofisticate e ad alto valore aggiunto acquisite nel tempo e progressivamente affinate. La qualificazione del capitale umano è un potentissimo fattore di crescita complessiva!
Così come deve essere chiara la consapevolezza, ancora scarsamente diffusa in altre aree, della necessità di incorporare, nei processi produttivi e nell'organizzazione sociale, la sostenibilità ambientale e la tutela del territorio, sapendo bene che una politica che si muova nella prospettiva della lotta ai cambiamenti climatici offre immense opportunità di sviluppo.
Il perseguimento di questi obiettivi richiede l'adozione di politiche coerenti e sinergiche che si ispirino ad una logica di sistema.
Su questi aspetti occorre evitare l'errore di perseguire modelli astratti che l'esperienza concreta ha ampiamente smentito. Esemplare è il caso delle politiche per l'innovazione e la ricerca che negli Stati Uniti, come hanno ampiamente dimostrato gli studi di alcuni economisti, tra cui Mariana Mazzucato, si sono avvalse del sostegno pubblico che ha svolto un ruolo imprescindibile di mobilitazione di risorse e di individuazione delle priorità strategiche. Politiche e sostegno pubblico di cui anche i privati hanno potuto avvalersi. Non si tratta di inseguire modelli superati di statalismo ma di comprendere come l'intervento dello Stato sul piano economico possa ancora offrire enormi potenzialità se indirizzato e concentrato soprattutto in settori strategici quali appunto quelli della ricerca e dell'innovazione.
Così come occorre smentire il pregiudizio per cui alcuni settori tradizionali sarebbero sostanzialmente obsoleti e non offrirebbero più adeguati margini di crescita.
L'esperienza italiana dimostra infatti che l'agroalimentare, il turismo, la valorizzazione dei centri storici, la cultura, la moda e il design offrono amplissimi spazi di crescita e nuova occupazione quando le vocazioni produttive tradizionali si accompagnano a tecniche di produzione altamente qualificate. Anche su questi aspetti si misura la specificità europea: la combinazione tra attività produttive, territori, città e ambienti circostanti ha consentito al nostro continente di evitare, salvo qualche rara eccezione, il fenomeno delle megalopoli smisurate e dispersive.
Le città europee, che in gran parte sono di piccole o medie dimensioni, sono più "a misura d'uomo" e possono per questo davvero costituire l'ambiente ottimale per sfruttare le potenzialità di uno sviluppo sostenibile. Penso ad una migliore e più efficiente organizzazione dei servizi, a sistemi di trasporto intelligenti, a programmi sulle smart cities e a progetti di green economy come il riutilizzo dei materiali, la gestione oculata delle fonti energetiche e il riciclo dei rifiuti.
In questa prospettiva di adeguamento e modernizzazione anche la sfera del digitale può svolgere un ruolo fondamentale perché consente di connettere le persone direttamente e con la massima rapidità offrendo nuove possibilità.
Anche in questo caso la sfida europea è quella di trovare soluzioni in grado di contemperare gli interessi del mercato e la tutela dei cittadini.
Il web ad esempio non deve diventare uno spazio dove vince il più forte! Per questo motivo è indispensabile salvaguardare i diritti fondamentali degli utenti - o per meglio dire dei cittadini digitali - così come la promozione di una conoscenza degli strumenti, delle opportunità e dei rischi che il mercato digitale comporta, specie per le generazioni più giovani che ne fanno un grande uso senza tuttavia conoscerne fino in fondo i meccanismi e le dinamiche.
Su questo terreno la Camera dei Deputati ha elaborato un documento, una Carta sui diritti e i doveri in internet che sottoponiamo alla vostra attenzione con la speranza che vogliate offrire un contributo utile al confronto che necessariamente su questo tema si deve tenere a livello internazionale.
In conclusione, l'Europa potrà quindi intraprendere con decisione un percorso di crescita e sviluppo economico solo se riuscirà a valorizzare le sue peculiarità.
Sostegno alla ricerca e incentivi all'innovazione. Sono queste le coordinate e le direttrici verso cui dobbiamo muoverci e che l'Europa deve assumere come assolute priorità. Solo così sarà possibile favorire una ripresa socialmente equa e sostenibile sul piano ambientale, fondata su una occupazione di qualità, promossa da politiche sulla formazione e sull'istruzione, e che dia valore al lavoro e alla salvaguardia dei diritti.
Grazie a tutti.