27/01/2016
Montecitorio, Sala della Regina

Saluto in occasione della proiezione del film 'Il viaggio più lungo. Rodi - Auschwitz'

Buonasera a tutte e a tutti. Mi fa piacere avervi qui alla Camera dei deputati, vedo tante facce a me note, facce amiche. Saluto il Presidente della Comunità ebraiche italiane, l'avvocato Gattegna. Mi fa piacere vederla qui, stamattina al Quirinale e adesso qui. Saluto la anche la Presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello. Grazie Presidente.

Ringrazio tanto, ringrazio di cuore Sami Modiano. Con lui quest'anno abbiamo fatto uno dei viaggi più istruttivi che si possano fare, siamo andati ad Auschwitz Birkenau. Ci siamo andati con 130 ragazzi, molti di quali vedo qui e che saluto. Siamo stati insieme, in un'esperienza che, penso di parlare per tutti, ci cambierà nel modo divedere le cose e nel modo in cui ci relazioniamo di fronte a certi temi.

Con noi c'erano anche le insegnanti e gli insegnanti che saluto, la Ministra dell'istruzione Giannini, che non è qui con noi perché purtroppo non può lasciare il Senato dove è in corso un'importante discussione.

C'era anche Marika Kaufmann che è qui con noi, grazie di essere venuta, ed è la moglie di un altro testimone, Slomo Venezia, da poco scomparso. Anche con lei abbiamo fatto questa esperienza. Un saluto e un ringraziamento veramente sentito al professore Marcello Pezzetti. E' uno storico della Shoah ma non è solo questo, è una persona che mette la passione in quello che fa e trasmette tutto quello che c'è di profondo nella vicenda della Shoah, dell'internamento e dell'annientamento. Attraverso le sue parole e le sue ricostruzioni storiche tutti noi abbiamo imparato molto e lo ringrazio per questo.

Saluto il regista Ruggero Gabbai, regista del film che stiamo per vedere "Il viaggio più lungo. Rodi-Asuchwitz". Questo film racconta la storia della deportazione dell'intera comunità ebraica di cittadinanza italiana che risiedeva nell'isola di Rodi. Verso dove? Da Rodi ai campi di sterminio in Polonia, nel luglio del 1944. Questo film descrive questa storia attraverso le parole di Sami.

Il viaggio, voglio rifarlo, è stata un'esperienza molto intensa e credo, appunto, che una cosa sia leggere il libro e, per carità, professor Pezzetti è importante leggere il libro ma un'altra cosa è andare nei luoghi dove sono accaduti i fatti. Un'altra cosa è ascoltare le testimonianze da quelle persone che quei fatti li hanno vissuti.

C'erano anche le sorelle Bucci, le sorelline come le chiama il professor Pezzetti, anche se oggi non sono più bambine. Anche loro ci hanno raccontato, sia pur con dei ricordi più sfumati perché erano piccole, che cosa ha significato per loro stare in quel luogo.

Vedere e ascoltare e trovarsi a fare i conti con il male assoluto, nudi di fronte al male assoluto che ha toccato anche il nostro paese. Questo io lo devo sottolineare, perché per troppo tempo si è pensato, si è voluto fare credere che questa brutta pagina ci riguardasse solo "di striscio", solo per un errore della storia. In verità, questo bisogna dirlo, il regime fascista partecipò alla Shoah, alle leggi razziali, prese parte e noi dobbiamo esserne consapevoli e per questo oggi abbiamo il dovere di andare nei luoghi della memoria, di partecipare a questi momenti perché il paese prese parte attivamente a questo disegno criminale.

Noi tutti oggi abbiamo una responsabilità in più, ragazzi, perché siamo andati dove tutto accadde. Abbiamo la responsabilità di riportare le parole di Sami, le parole delle sorelle Bucci, le parole di tutti coloro che hanno vissuto questa esperienza. Noi abbiamo la responsabilità di far sapere e l'avremo sempre di più negli anni. Abbiamo fatto un patto con loro quando siamo andati lì, abbiamo detto a Sami : "Noi continueremo la tua opera, Sami. Noi non ti tradiremo. Noi rispetteremo il tuo impegno". Perché, cosa ha fatto Sami tutta la vita? Sami durante tutta la vita si è lacerato, si è domandato "Perché io ce l'ho fatta? Perché io sì e gli altri no?". E fino a che non si è trovata la risposta, e lui non ha trovato la risposta, ha sofferto. Poi ha capito che doveva portare avanti una missione, le cose non accadono per caso, e la sua missione era quella di fare sapere, di far arrivare a voi ragazzi, quello che lui - e tanti insieme a lui - aveva vissuto. Da quel momento vive la sua vita con un'altra predisposizione, è più sereno ed è più motivato a fare tutti questi sforzi. Rammentate che ricordare vuol dire soffrire. Io ho lavorato molti anni con i rifugiati e so quanto sia difficile chiedere ad una persona di raccontare la sua storia, come se fosse un romanzo. Ma raccontare la storia vuol dire rivivere quei momenti, per cui io sono molto grata a chi oggi si mette a disposizione della collettività svolgendo un'azione di progresso per il nostro Paese, di educazione civica per i nostri giovani.

Una cosa che mi ha colpito quando Sami ha parlato di questo viaggio. Lui ci ha raccontato del viaggio in mare, le condizione in cui viaggiavano da Rodi ai campi polacchi. Come è stata la traversata? Per noi è stato facile capire come è stata la traversata. Lui stesso ha detto che quando vede in televisione le immagini dei migranti nella stiva, che non sanno come respirare, con i cadaveri vicino soffre molto. Ha detto: "Io soffro molto".

Tenere viva la memoria vuol dire anche rimuovere i segreti. Ho piacere di darvi una notizia che penso che tanti aspettino da tempo. Finalmente sarà possibile consultare sul sito dell'Archivio storico della Camera dei documenti che non avete mai potuto vedere prima. Documenti che erano stati tenuti segreti fino a pochi giorni fa, per settanta anni, e che oggi, avendone fatto richiesta, sono stati desecretati. Sono i documenti del cosiddetto "armadio della vergogna", sulle stragi nazifasciste fatte in Italia. Ora tutti avranno accesso a quei documenti.

Bisogna essere vigili. Lo abbiamo detto tante volte in viaggio, professor Pezzetti. È facile alimentare l'odio, per passare dalle parole ai fatti a volte ci vuole molto poco, e viviamo in un tempo che, purtroppo, l'odio lo vede e lo sente.

Nella mia attività precedente ho lavorato in diverse crisi e conflitti, ed ho capito direttamente dalle persone che incontravo in quei luoghi quanto fossero preda dell'odio. L'ho visto nell'ex Iugoslavia, dove venne fatta la "pulizia etnica", un termine che significa riuscire a spazzare via chi non ci piace. Non si cerca di vivere insieme, si spazza via. Ho visto anche quello che significa l'odio in Africa, il genocidio nei grandi laghi in Ruanda. Allora mi sono chiesta, durante questo viaggio, perché non abbiamo imparato abbastanza dall'Olocausto, dalla Shoah, perché l'uomo continua a riprodurre questi sistemi, queste macchinazioni dell'odio. Questo significa che non dobbiamo abbassare la guardia sull'odio. Allora ho pensato di istituire una Commissione qui alla Camera. Sarà un commissione di studio sull'intolleranza, sulla xenofobia, sul discorso di odio, sul razzismo e inviterò a farne parte un deputato per gruppo e degli esperti: rappresentanti del Consiglio d'Europa, delle Nazioni Unite, dell'Istat ma anche di centri di ricerca e anche di associazioni che si occupano di questo tema. Perché ritengo che oggi sia necessario avere un osservatorio su questi temi ed è giusto che sia la Camera ad occuparsene coinvolgendo la politica ma anche il mondo esterno, delle associazioni e chi su questi temi può dare delle indicazioni.

L'ho fatto anche perché la deputata Milena Santerini mi ha chiesto di contribuire alla'attività che è stata avviata dall'Assemblea del Consiglio d'Europa, un'alleanza contro l'odio cioè, creare un network di parlamentari che stringano un'alleanza contro l'odio. Quindi mi auguro che quei deputati, e non solo quelli, che parteciperanno alla Commissione saranno poi motivati a contrastare i discorsi di odio che, purtroppo, si fanno sentire nel nostro dibattito pubblico.

Concludo con una nota di speranza che vado a ricercare indietro negli anni, al 1941 quando in Europa c'era la guerra, fioccavano le bombe, i paesi si contrastavano l'un l'altro. In quegli anni, gli anni quaranta, c'era anche chi si opponeva al fascismo, c'erano dei giovani antifascisti che vennero relegati nella piccola isola di Ventotene. Nel loro confino, scrissero un documento che porta il nome di "Manifesto di Ventotene" in cui si parla degli Stati Uniti d'Europa. Immaginate, in quel contesto, di parlare di Stati Uniti d'Europa, vuol dire presentare una prospettiva alquanto remota. Invece, con la fine della guerra si capì che l'Europa poteva trovare la Pace solo se riusciva a stare insieme in una famiglia comune e venne avviato il più grande progetto politico dei nostri tempi. Sicuramente il più grande dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Questa Europa oggi vive un tempo difficile ma è compito di tutti noi rafforzarla, dargli la direzione giusta, farla diventare la nostra casa e quella dei nostri figli. Credo che dovremmo farlo con tutte le nostre forze perché questa Europa ci ha garantito decenni non solo di benessere e di progresso ma, soprattutto, decenni di Pace.

Vi ringrazio.