Saluto introduttivo al convegno 'Insieme per la democrazia. La transizione della Tunisia e il sostegno dell'Italia'
Buon pomeriggio a tutte e a tutti. E' per me un grande piacere ricevere qui a Montecitorio il Presidente dell'Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, e la sua delegazione. E' anche motivo di orgoglio poter offrire - attraverso il protocollo che firmeremo oggi- il contributo della Camera dei deputati italiana al processo di consolidamento della democrazia in Tunisia, Paese vicino ed amico, legato all'Italia da antichi vincoli culturali e dalla presenza di un'importante comunità tunisina.
Saluto e ringrazio della sua presenza Houcine Abassi, Segretario generale dell'Unione generale tunisina del lavoro, uno degli esponenti del cosiddetto 'Quartetto del dialogo nazionale', vincitore del Premio Nobel. Saluto anche Basma Khalfaoui, Presidente della Fondazione Chokri Belaid contro la violenza. Un cordiale saluto anche ad un altro Premio Nobel per la pace, Mairead Maguire, anch'egli qui con noi oggi. Saluto la Vice Presidente Sereni, il deputato Lorenzo Dellai, Coordinatore del Gruppo parlamentare di cooperazione tra l'Italia e la Tunisia, e gli altri deputati presenti.
E' la prima volta che rivedo il Presidente Ennaceur dal marzo scorso, dopo il barbaro attentato al Museo del Bardo, quando ci ritrovammo a Tunisi in migliaia per dire "no" al terrorismo e per sostenere la Tunisia in quei drammatici momenti. Il convegno di oggi ed il Protocollo che andremo a firmare a breve nascono proprio da quell'incontro di quasi un anno fa. Mi fa piacere che abbiamo dato seguito all'impegno che avevamo preso.
Nelle ultime settimane, la Tunisia ha ricordato - e noi con loro - il quinto anniversario della rivoluzione che portò alla caduta del regime di ben Ali. La Rivoluzione cosiddetta 'dei gelsomini' diede il via ai movimenti per la democrazia che divamparono nel mondo arabo nel 2011. Allora non facevo questo lavoro, ma ero all'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati e mi trovavo a Lampedusa. Proprio in quei giorni cominciavano ad arrivare, prima su piccoli scafi e poi su imbarcazioni più grandi, migliaia di giovani tunisini che avevano deciso di esercitare la loro libertà, andando fuori dal loro Paese. Molti di loro erano in cerca di lavoro per la paura che non ci sarebbe più stato turismo, che non ci sarebbe più stato un reddito per la propria famiglia. Non sempre siamo stati all'altezza, nell'accoglienza, ma anche in quella occasione l'Italia cercò di fare la sua parte. E poi ci furono, come voi ricorderete, le diatribe con la Francia: vicende anche di oggi, la storia si ripete continuamente.
Dicevo dei movimenti del 2011. Solo in Tunisia sono riusciti a dar vita ad uno Stato democratico. Uno Stato che ha saputo dotarsi di una Costituzione - promulgata proprio due anni fa - all'avanguardia non solo a livello regionale, ma anche mondiale; uno Stato dove il contributo della società civile alla riconciliazione nazionale ed alla democratizzazione è stato premiato, l'anno scorso, con il Nobel per la Pace.
In questo quinquennio, come dicevo, in Tunisia si è allargato lo spazio pubblico libero. Oggi, in Tunisia, si discutono - nelle piazze reali ed in quelle virtuali dei social media, dove è attiva quasi la metà della popolazione - temi un tempo tabù: il ruolo della religione nello Stato, i diritti delle persone omosessuali, le molestie sessuali e le violenze contro le donne, l'equilibrio tra l'esigenza di giustizia per le vittime del regime e quella di garantire la pace sociale. Tutti temi che non era scontato potessero arrivare nello spazio pubblico con questa libertà.
Le battaglie in cui sono impegnati gli amici tunisini sono, in alcuni ambiti, simili alle nostre: in primo luogo il terrorismo, che l'anno scorso ha mietuto decine di vittime in Tunisia. Questa sicuramente è una grande sfida per la Tunisia, ma anche per noi qui in Europa, da quest'altra parte del Mediterraneo, è la sfida numero uno. Però si deve restare in guardia rispetto ad alcuni rischi che ad essa sono legati: dobbiamo evitare di criminalizzare il dissenso e la protesta, dobbiamo evitare di limitare le libertà individuali, dobbiamo fare in modo che le nostre libertà non vengano meno, perché se succederà questo avranno vinto loro, ci avranno già spostato su un terreno che non è quello democratico. Sono sfide che noi, nel nostro linguaggio pubblico, sentiamo molto. E c'è anche un altro tema: combattere la radicalizzazione dei giovani. E' una questione cruciale per la società tunisina, ma lo è anche per l'Europa. A questo proposito ho il piacere di annunciarvi che domani ospiteremo alla Camera un incontro, organizzato dalle deputate dell'Intergruppo per le questioni di genere, dal titolo "Donne contro Daesh". Non solo madri e mogli di combattenti - di origine europea e non europea - ma anche donne esperte nella materia della "deradicalizzazione", che partecipano a programmi di recupero per giovani deradicalizzati in diversi paesi europei.
Per sostenere la democrazia, è fondamentale rafforzare anche le istituzioni elettive, dove siedono i rappresentanti scelti dal popolo. E' quello che la Camera dei deputati si è impegnata a fare in Tunisia con due iniziative. La prima è la sottoscrizione, che faremo tra qualche minuto, di un memorandum bilaterale d'intesa con l'Assemblea dei Rappresentanti, che prevede sia la costituzione di un gruppo di collaborazione parlamentare - il cui ramo italiano sarà presieduto dall'on. Lorenzo Dallai, che ringrazio - sia una parte amministrativa che contempla anche periodi di formazione in entrambe le capitali, a Tunisi e a Roma. La seconda iniziativa lanciata in questa legislatura per sostenere la democrazia tunisina è un progetto triennale, finanziato dall'Unione europea con 1,6 milioni di euro, di cosiddetto 'gemellaggio' tra il Parlamento italiano - Camera e Senato -, le due Camere francesi e l'Assemblea dei Rappresentanti tunisina.
Sono schemi, questi, che la Camera sta attuando con i Parlamenti di diversi Stati dalla democrazia più o meno giovane e consolidata, dall'Afghanistan alla Bosnia-Erzegovina, dalla Turchia all'Iran, con il Brasile, con tanti Paesi. Uno schema che s'inserisce nelle attività di diplomazia parlamentare, parallela e complementare a quella tra governi, e che spesso permette di agire con maggiore libertà. Un'attività in cui credo molto, perché la democrazia non si esporta mai, tantomeno con le armi, ma si costruisce insieme anche attraverso questo tipo di collaborazione.
La Tunisia si trova oggi in una situazione particolarmente delicata. Alla minaccia del terrorismo di matrice islamista, assente cinque anni fa, si uniscono sfide attuali oggi come allora, comuni all'Italia come alla Tunisia: la corruzione, la disoccupazione giovanile. Per dare una prospettiva concreta alla stabilità del Paese ed alle nuove generazioni è indispensabile che l'economia tunisina riprenda a crescere, anche attraverso forti investimenti. Dico che questi investimenti devono essere anche europei. E' infatti nell'interesse di tutti noi che non si apra un nuovo focolaio di tensione nel Mediterraneo.
Dobbiamo dunque proseguire in questa direzione, la sola che possa veramente proteggere e rafforzare gli ideali di libertà che spinsero i tunisini in piazza, cinque anni fa. Ideali che non possiamo e non dobbiamo tradire. Credo che questa sia l'unica strada.
Saluto introduttivo al convegno 'Insieme per la democrazia. La transizione della Tunisia e il sostegno dell'Italia'
Buon pomeriggio a tutte e a tutti. E' per me un grande piacere ricevere qui a Montecitorio il Presidente dell'Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur, e la sua delegazione. E' anche motivo di orgoglio poter offrire - attraverso il protocollo che firmeremo oggi- il contributo della Camera dei deputati italiana al processo di consolidamento della democrazia in Tunisia, Paese vicino ed amico, legato all'Italia da antichi vincoli culturali e dalla presenza di un'importante comunità tunisina.
Saluto e ringrazio della sua presenza Houcine Abassi, Segretario generale dell'Unione generale tunisina del lavoro, uno degli esponenti del cosiddetto 'Quartetto del dialogo nazionale', vincitore del Premio Nobel. Saluto anche Basma Khalfaoui, Presidente della Fondazione Chokri Belaid contro la violenza. Un cordiale saluto anche ad un altro Premio Nobel per la pace, Mairead Maguire, anch'egli qui con noi oggi. Saluto la Vice Presidente Sereni, il deputato Lorenzo Dellai, Coordinatore del Gruppo parlamentare di cooperazione tra l'Italia e la Tunisia, e gli altri deputati presenti.
E' la prima volta che rivedo il Presidente Ennaceur dal marzo scorso, dopo il barbaro attentato al Museo del Bardo, quando ci ritrovammo a Tunisi in migliaia per dire "no" al terrorismo e per sostenere la Tunisia in quei drammatici momenti. Il convegno di oggi ed il Protocollo che andremo a firmare a breve nascono proprio da quell'incontro di quasi un anno fa. Mi fa piacere che abbiamo dato seguito all'impegno che avevamo preso.
Nelle ultime settimane, la Tunisia ha ricordato - e noi con loro - il quinto anniversario della rivoluzione che portò alla caduta del regime di ben Ali. La Rivoluzione cosiddetta 'dei gelsomini' diede il via ai movimenti per la democrazia che divamparono nel mondo arabo nel 2011. Allora non facevo questo lavoro, ma ero all'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati e mi trovavo a Lampedusa. Proprio in quei giorni cominciavano ad arrivare, prima su piccoli scafi e poi su imbarcazioni più grandi, migliaia di giovani tunisini che avevano deciso di esercitare la loro libertà, andando fuori dal loro Paese. Molti di loro erano in cerca di lavoro per la paura che non ci sarebbe più stato turismo, che non ci sarebbe più stato un reddito per la propria famiglia. Non sempre siamo stati all'altezza, nell'accoglienza, ma anche in quella occasione l'Italia cercò di fare la sua parte. E poi ci furono, come voi ricorderete, le diatribe con la Francia: vicende anche di oggi, la storia si ripete continuamente.
Dicevo dei movimenti del 2011. Solo in Tunisia sono riusciti a dar vita ad uno Stato democratico. Uno Stato che ha saputo dotarsi di una Costituzione - promulgata proprio due anni fa - all'avanguardia non solo a livello regionale, ma anche mondiale; uno Stato dove il contributo della società civile alla riconciliazione nazionale ed alla democratizzazione è stato premiato, l'anno scorso, con il Nobel per la Pace.
In questo quinquennio, come dicevo, in Tunisia si è allargato lo spazio pubblico libero. Oggi, in Tunisia, si discutono - nelle piazze reali ed in quelle virtuali dei social media, dove è attiva quasi la metà della popolazione - temi un tempo tabù: il ruolo della religione nello Stato, i diritti delle persone omosessuali, le molestie sessuali e le violenze contro le donne, l'equilibrio tra l'esigenza di giustizia per le vittime del regime e quella di garantire la pace sociale. Tutti temi che non era scontato potessero arrivare nello spazio pubblico con questa libertà.
Le battaglie in cui sono impegnati gli amici tunisini sono, in alcuni ambiti, simili alle nostre: in primo luogo il terrorismo, che l'anno scorso ha mietuto decine di vittime in Tunisia. Questa sicuramente è una grande sfida per la Tunisia, ma anche per noi qui in Europa, da quest'altra parte del Mediterraneo, è la sfida numero uno. Però si deve restare in guardia rispetto ad alcuni rischi che ad essa sono legati: dobbiamo evitare di criminalizzare il dissenso e la protesta, dobbiamo evitare di limitare le libertà individuali, dobbiamo fare in modo che le nostre libertà non vengano meno, perché se succederà questo avranno vinto loro, ci avranno già spostato su un terreno che non è quello democratico. Sono sfide che noi, nel nostro linguaggio pubblico, sentiamo molto. E c'è anche un altro tema: combattere la radicalizzazione dei giovani. E' una questione cruciale per la società tunisina, ma lo è anche per l'Europa. A questo proposito ho il piacere di annunciarvi che domani ospiteremo alla Camera un incontro, organizzato dalle deputate dell'Intergruppo per le questioni di genere, dal titolo "Donne contro Daesh". Non solo madri e mogli di combattenti - di origine europea e non europea - ma anche donne esperte nella materia della "deradicalizzazione", che partecipano a programmi di recupero per giovani deradicalizzati in diversi paesi europei.
Per sostenere la democrazia, è fondamentale rafforzare anche le istituzioni elettive, dove siedono i rappresentanti scelti dal popolo. E' quello che la Camera dei deputati si è impegnata a fare in Tunisia con due iniziative. La prima è la sottoscrizione, che faremo tra qualche minuto, di un memorandum bilaterale d'intesa con l'Assemblea dei Rappresentanti, che prevede sia la costituzione di un gruppo di collaborazione parlamentare - il cui ramo italiano sarà presieduto dall'on. Lorenzo Dallai, che ringrazio - sia una parte amministrativa che contempla anche periodi di formazione in entrambe le capitali, a Tunisi e a Roma. La seconda iniziativa lanciata in questa legislatura per sostenere la democrazia tunisina è un progetto triennale, finanziato dall'Unione europea con 1,6 milioni di euro, di cosiddetto 'gemellaggio' tra il Parlamento italiano - Camera e Senato -, le due Camere francesi e l'Assemblea dei Rappresentanti tunisina.
Sono schemi, questi, che la Camera sta attuando con i Parlamenti di diversi Stati dalla democrazia più o meno giovane e consolidata, dall'Afghanistan alla Bosnia-Erzegovina, dalla Turchia all'Iran, con il Brasile, con tanti Paesi. Uno schema che s'inserisce nelle attività di diplomazia parlamentare, parallela e complementare a quella tra governi, e che spesso permette di agire con maggiore libertà. Un'attività in cui credo molto, perché la democrazia non si esporta mai, tantomeno con le armi, ma si costruisce insieme anche attraverso questo tipo di collaborazione.
La Tunisia si trova oggi in una situazione particolarmente delicata. Alla minaccia del terrorismo di matrice islamista, assente cinque anni fa, si uniscono sfide attuali oggi come allora, comuni all'Italia come alla Tunisia: la corruzione, la disoccupazione giovanile. Per dare una prospettiva concreta alla stabilità del Paese ed alle nuove generazioni è indispensabile che l'economia tunisina riprenda a crescere, anche attraverso forti investimenti. Dico che questi investimenti devono essere anche europei. E' infatti nell'interesse di tutti noi che non si apra un nuovo focolaio di tensione nel Mediterraneo.
Dobbiamo dunque proseguire in questa direzione, la sola che possa veramente proteggere e rafforzare gli ideali di libertà che spinsero i tunisini in piazza, cinque anni fa. Ideali che non possiamo e non dobbiamo tradire. Credo che questa sia l'unica strada.
Vi ringrazio.