25/04/2016
Genova, Piazza Matteotti

Orazione commemorativa della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini

Buongiorno a tutte e a tutti voi e soprattutto buon Venticinque Aprile! Bellissima questa piazza, mi emoziona molto! La ringrazio, Sindaco Doria, per l'invito ad essere con voi a celebrare questa che è la festa più bella, perché è la festa della libertà e della pace.

Saluto il Presidente della Regione Giovanni Toti e tutte le autorità civili, militari e religiose che sono presenti. E saluto tutti voi che avete deciso di essere in questa piazza.

Sono veramente contenta, in una giornata così importante, di essere qui a Genova, città speciale, città medaglia d'oro al valor militare per la Resistenza. L'unica città in cui i nazisti si arresero ai partigiani, invece che alle truppe alleate. Dovete esserne orgogliosi.

E' una giornata di festa, di ricordo, ma anche di impegno per il presente e per il futuro. Perché non faremmo fino in fondo il nostro dovere di cittadini, non saremmo buoni genitori, se non riuscissimo a trasmettere alle nuove generazioni il messaggio fondamentale del 25 Aprile. Ci sono ancora pochi ragazzi in questa piazza, dobbiamo impegnarci di più a trasmettere questo messaggio!

Qual è questo messaggio? E' semplice: la libertà e la democrazia, ottenute grazie al sacrificio di tante ragazze e tanti ragazzi 71 anni fa, non sono un dono caduto dal cielo, che si riceve una volta per sempre: sono un bene che va difeso, custodito e valorizzato continuamente, con il voto certo, quando ci sono le elezioni, ma anche con la partecipazione attiva ogni giorno.

E allora, ragazze e ragazzi, ritagliate un'ora al giorno del vostro tempo per fare qualcosa di utile agli altri e all'Italia: aiutare chi ha bisogno, i nostri nonni che sono soli tutto il giorno davanti alla tv, tutelare uno spazio verde, insegnare l'italiano a uno straniero, militare in un partito, impegnarsi in un'associazione di volontariato. Se ciascuno di noi facesse questo, la nostra società sarebbe migliore, più armoniosa, più giusta. Saremmo tutti più consapevoli della nostra Costituzione.

E poi le istituzioni nate dalla Resistenza, veri spazi di democrazia che il fascismo aveva negato, vanno anch'esse difese ogni giorno. Lo so che ci sono tante cose che non funzionano. Lo so che il Parlamento, i partiti, i sindacati devono rinnovarsi e diventare più trasparenti e aperti ai cittadini. Rinnovarsi, sì. Ma non essere demoliti, perché non esiste democrazia senza Parlamento, senza partiti, senza sindacati e forze sociali. Ve lo dice una persona che per 25 anni ha lavorato in tanti luoghi del mondo in cui non c'è democrazia, non c'è pluralismo, non c'è dissenso. E allora noi queste istituzioni, con tutti i loro limiti, le dobbiamo preservare, e aiutare a migliorarsi.

E non esiste democrazia, non esiste progresso, se le donne non hanno un ruolo di primo piano, da protagoniste della vita sociale. Le donne, laddove meritano di esserci.

Ci tengo a dirlo perché in questo 2016 noi celebriamo un triplo settantesimo: quello della Repubblica, quello della elezione dell'Assemblea costituente e quello del voto alle donne, che finalmente nel 1946 - come è stato ben raccontato - ottennero il diritto al pieno esercizio delle libertà democratiche.

E questo è stato uno dei frutti migliori della Resistenza italiana perché il fascismo imponeva dei ruoli rigidi e confinava le donne nel ruolo di madre e moglie, e le voleva chiuse in casa e senza alcun riconoscimento sociale. E invece le partigiane e le staffette combattevano, insieme agli uomini, per la libertà e la dignità dell'Italia. Ma combattevano, rispetto agli uomini, una battaglia in più: quella per la loro emancipazione e per il loro riscatto dopo secoli di oppressione e di discriminazione. Le donne erano ancora più motivate a combattere.

Perciò vorrei che questa piazza inviasse un abbraccio ideale alle ragazze che allora, con le armi e con le biciclette, decisero di lasciare le loro famiglie e di combattere contro i fascisti e i nazisti.

E un altro abbraccio vorrei che inviassimo alle prime donne che nel 1946 furono elette sindache, consigliere comunali e componenti dell'Assemblea Costituente e che da quelle postazioni cominciarono a tracciare il sentiero dei diritti sul quale hanno poi camminato milioni di donne italiane.

Facciamo un bilancio. L'Italia è molto cambiata da quell'Aprile del 1945 : ha conquistato nuovi diritti, ha resistito al terrorismo interno, hacontribuito a fondare l'Unione Europea, ha introdotto l'euro e oggi è la seconda potenza industriale del nostro continente. Ma quando chiediamo a un partigiano - e qui ne vedo diversi - se l'Italia di oggi corrisponde a quella che aveva sognato durante la Resistenza, riceviamo due risposte. La prima è sì, in Italia si sono realizzate quelle libertà per le quali aveva combattuto: libertà di opinione, di stampa, di voto, di associazione in sindacati e partiti. La seconda risposta è no, perché aveva combattuto per un paese più libero ma anche più giusto e socialmente più equo. E invece l'Italia di oggi è attraversata da troppe diseguaglianze sociali, che la indeboliscono e ne impediscono la crescita.

No, non è il Paese sognato allora, quello dove il 60% dei pensionati riceve meno di 750 euro al mese, dove il 40% dei giovani è disoccupato e dove solo il 47% delle donne lavora (nel Sud il 30). Dove la crisi ha purtroppo ampliato in modo esponenziale la fascia di povertà.

C'è tanto da fare allora per rimuovere le diseguaglianze e le ingiustizie sociali, per realizzare l'articolo 3 della Costituzione che impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli sociali che impediscono il pieno sviluppo della persona.

E non è il Paese sognato dai partigiani quello in cui si consente, su Internet, a siti fascisti di istigare all'odio e alla violenza, in cui ci sono negozi che vendono i simboli della dittatura, in cui qualche politicante liscia il pelo a gruppi neofascisti per mero tornaconto elettorale.

Anche per rispondere a questi rigurgiti alla Camera dei deputati ho promosso una vasta opera di trasparenza rendendo pubblici documenti ancora coperti da segreto, perché una democrazia solida non deve temere il suo passato. E abbiamo così desecretato una grande quantità di documenti anche sulle stragi nazifasciste in Italia, nascosti per decenni nel cosiddetto armadio della vergogna. Lì dentro c'erano le prove della complicità nostra con quelle stragi. Ce lo chiedevano le associazioni partigiane - che non mi stancherò mai di ringraziare - gli studiosi, i ricercatori. E noi lo abbiamo fatto, perché era giusto farlo.

Lo abbiamo fatto anche per rendere omaggio alla memoria delle migliaia di vittime di quelle stragi che portano nomi impressi ormai in modo indelebile nella coscienza del Paese: Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, Boves, le Fosse Ardeatine, solo per citarne alcune. Sono questi, come disse Calamandrei, i luoghi in cui è nata la nostra Costituzione. Là dove caddero i partigiani, là dove furono imprigionati e impiccati.

Ve lo dico all'indomani di una visita che ho fatto nelle Marche. Ieri ero nelle montagne, insieme a tanti altri ho fatto il percorso di otto chilometri che collega Caldarola e Montalto, dove nel 1944 vennero trucidati 32 giovani senza processo. Per ricordarlo, hanno letto alcune lettere di quei giorni. I nazisti gli spararono in faccia, perché non dovevano essere riconosciuti, i loro cari non dovevano andare sulla loro tomba e piangerli. Sapete cosa mi ha ricordato questo sfregio? Le parole di una madre, le parole di Paola Regeni, madre di Giulio - alzatelo quello striscione, "Verità per Giulio Regeni" - quando ha detto che aveva riconosciuto suo figlio dalla punta del naso. Oggi, a tre mesi dalla sua scomparsa, vogliamo ricordare Giulio, abbracciare la sua famiglia e rilanciare il nostro impegno di istituzioni a continuare nel percorso di verità. Noi non ci stancheremo di chiedere verità, in nome e per conto della famiglia, e di tutti coloro che credono nei diritti umani, nel loro rispetto. Una democrazia non fa compromessi.

Vi voglio parlare di una delle più belle esperienze di questa legislatura. L'anno scorso, per i settant'anni dalla Liberazione, ho pensato che dovevamo fare qualcosa di straordinario per rendere merito a coloro che avevano dedicato la loro giovinezza alla nostra libertà. Mi sono consultata con ii Capo dello Stato e il Presidente del Senato, e abbiamo voluto fare un'iniziativa mai fatta prima. Abbiamo voluto invitare i partigiani e le partigiane a Montecitorio, dentro l'Aula, seduti dove normalmente stanno i deputati, perché loro in quell'Aula non erano ospiti, ma padroni di casa. Se noi abbiamo un Parlamento lo dobbiamo a loro. È stato bellissimo vedere le loro teste bianche che abbracciavano giovani deputati. E ad un certo punto - certo il Cerimoniale non lo aveva previsto - qualcuno ha iniziato a cantare "Bella Ciao", e tutti l'hanno cantata nell'Aula di Montecitorio.

E fu in quell'occasione che alcuni di loro mi manifestarono rabbia e turbamento per trovarsi a passare vicino a monumenti costruiti per esaltare la grandezza del fascismo e che recano ancora oggi la scritta Mussolini, o Duce. E mi dissero allora: che cosa si direbbe se a Berlino ci fosse ancora un obelisco con il nome Hitler? L'indignazione sarebbe generale. Giustamente. Perché la memoria esige rispetto.

Anche l'Europa non è più quella del 1945: è un continente unito, senza più conflitti interni per la prima volta nella storia dopo secoli di guerre. Un continente che si è affermato perché ha messo al centro i diritti. Questa è l'Europa: la cultura giuridica.

Ma oggi l'Europa è a un bivio perché non riesce a dare risposte univoche ed efficaci ai nostri giovani, e non riesce neanche a trovare le soluzioni alle grandi sfide globali. La lotta al terrorismo, ma più semplicemente la gestione dei flussi migratori. Si deve tornare anacronisticamente indietro agli Stati-nazione? Quando mai la storia è tornata indietro? Si deve sempre andare avanti, verso nuovi orizzonti capaci di dare le più risposte al tempo che viviamo.

In un momento così non possiamo stare a guardare. Tutti dobbiamo prendere in mano il nostro futuro: Governi, Parlamenti, cittadini. Non possiamo aspettare che tutto crolli intorno a noi. Bisogna dare risposta ai cittadini che hanno vissuto sulla loro pelle l'impatto delle misure di austerity, le privazioni. E so anche che una politica del genere non ci porterà da nessuna parte. Ci vuole più lavoro, più crescita, più ricerca, più innovazione.

Tutto questo può essere alla base della nuova Europa. Si tratta di tornare ai principi fondativi, di tornare al manifesto di Ventotene, 1941. Erano giovani quegli antifascisti, che vennero mandati al confino. Li misero su quella piccola isola, perché pensavamo che così non avrebbero più elaborato, progettato. E invece si sbagliarono, perché quei giovani antifascisti - Spinelli, Rossi, Colorni, Ursula Hirschmann - pensarono ad un grande progetto politico: mentre gli Stati europei si facevano la guerra, loro pensarono agli Stati uniti d'Europa. Immaginatevi che progetto alto. Da lì dobbiamo ricominciare. E sono stata molto felice di rendere omaggio poco fa, insieme a tutte le autorità, a Sandro Pertini, che fu recluso nel carcere di Santo Stefano a Ventotene, e Luciano Bolis, coraggioso antifascista che con Altiero Spinelli fondò il Movimento Federalista Europeo.

Io sono qui ad invitare tutti voi a Ventotene a fine Agosto. Sarò a Ventotene per rispondere a un invito fatto dai giovani federalisti europei, per rendere omaggio ad Altiero Spinelli, che lì è sepolto, ma anche per discutere di quale Europa vogliamo. E lo faremo insieme coi Presidenti dei Parlamenti europei e coi giovani federalisti che vorranno ragionarne insieme. Loro ragionavano di Stati uniti d'Europa, di un continente giusto, democratico, solidale.

Sono questi i valori che portarono tanti giovani a lasciare gli studi, la casa, il lavoro per unirsi ai partigiani e liberare Genova, l'Italia e l'Europa.

Giovani che tra loro strinsero un patto, come scrisse Calamandrei in una bella poesia rivolta al boia nazista Kesserling. Queste le sue parole: "un patto giurato fra uomini liberi, che volontari si adunarono, per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo".

A questo patto noi dobbiamo restare fedeli.

Vi ringrazio.