15/01/2017
Montecitorio, Sala della Regina

Partecipazione alla rappresentazione teatrale ‘Straordinarie donne’, di Lavinia Grizi, nell’ambito della manifestazione ‘Montecitorio a porte aperte’

Buongiorno a tutte e a tutti. Mi fa piacere vedervi in questa bella Sala della Lupa. Come sapete, ogni prima domenica del mese noi apriamo il palazzo di Montecitorio alle cittadine e ai cittadini. E' un'iniziativa alla quale tengo molto, perché credo che poco si sappia di questa istituzione. Quando i cittadini vengono, visitano le nostre sale, vengono messi al corrente del complicato lavoro che facciamo, a volte capiscono che quello che arriva nelle loro case non sempre ne è la rappresentazione corretta. Per questo abbiamo voluto rafforzare l'apertura del palazzo. Nelle iniziative che facciamo di "Montecitorio a porte aperte" in questa legislatura sono arrivate qui 33mila persone. E poiché crediamo profondamente nel valore dell'apertura e della trasparenza, abbiamo fatto un'operazione che ha visto entrare a Montecitorio più di un milione di cittadini in questa legislatura, che sono venuti a seguire presentazioni di libri, mostre, prime di film e di pièce teatrali, confronti e dibattiti. Perché la cultura è vitale, è linfa per la politica. La politica senza cultura è un esercizio autoreferenziale, che non ci porta lontano. Lo sforzo, dunque, va nella direzione di rendere questa istituzione più aperta e più capace di recepire: più noi si recepisce quello che è il nostro Paese, più noi riusciremo a fare buone leggi.

Noi siamo oggi in una Sala particolare. Sapete bene che nel nostro Paese c'è stato un tempo in cui i deputati non venivano eletti democraticamente, ma nominati dal Gran Consiglio del Fascismo. Fu per l'Italia una parentesi molto dolorosa: la democrazia venne abolita, le elezioni dell'aprile 1924 furono le ultime elezioni libere. Poco tempo dopo, nel giugno, un deputato socialista denunciò i brogli di quelle elezioni. E quel deputato socialista, che si chiamava Giacomo Matteotti, venne portato via e ucciso perché aveva avuto il coraggio di dire la verità. A seguito di questo, 123 deputati nel giugno del 1924 decisero di lasciare l'Aula di Montecitorio e di rifugiarsi qui. Trovarono rifugio in questa Sala, la Sala della Lupa. Nella targa che vedete in alto alle mie spalle c'è scritto: "In quest'aula i deputati aventiniani si riunirono nell'estate del 1924 per protestare contro la violenza fascista e per esaltare i valori di un libero e democratico Parlamento".

Tre giorni fa, a Roma, sul Lungotevere, la lapide dedicata a Giacomo Matteotti è stata fatta a pezzi. A pezzi! Qualcuno ha voluto fare questo sfregio alla memoria di Matteotti: andare lì, prendere a picconate quella targa e distruggerla. E nel fare questo ha voluto forse mandarci un monito, un avvertimento, un inquietante messaggio.

Voglio dirvi allora che la democrazia non è per sempre. Non è un bene che si preserva da sé. La democrazia esiste per il fatto che le persone partecipano alla cosa pubblica, si fanno carico, si spendono, regalano il loro tempo al Paese. Se tutti noi facessimo questo, un'ora al giorno, non avremmo da temere nulla, non avremmo nessuna paura rispetto alla solidità del nostro sistema democratico. Il problema è che a volte diamo per scontato quello che scontato non è.

Quel ridurre a pezzi la targa di Matteotti è una minaccia, un attacco ai valori antifascisti, ai princìpi della nostra Costituzione repubblicana. Vi esorto quindi a non sottovalutare questi segnali. Ci sono dei rigurgiti, seppure isolati. Noi dobbiamo essere vigili, e rifiutare categoricamente la dimensione dell'odio. L'odio come cifra inter-relazionale, l'odio come volontà di supremazia, di sopraffazione. Purtroppo invece questo sentimento, come sapete, si sta diffondendo assai nella nostra società: lo vediamo nella vita di tutti i giorni e lo vediamo anche nel web. Serve dunque partecipazione attiva.

Oggi abbiamo il piacere di vedere una bella rappresentazione teatrale dedicata alle donne, "Straordinarie donne". Non posso non spendere due parole su questo tema, che è fra quelli che mi stanno più a cuore. Quando si affermano le battaglie per l'emancipazione della donna, per le pari opportunità e per l'eguaglianza dei diritti, non ci guadagnano le donne, ci guadagna l'intera società. Una società è evoluta se tra uomini e donne non ci sono differenze dal punto di vista della fruizione dei diritti.

Per questo, qui a Montecitorio, fin dall'inizio della legislatura io ho voluto impegnarmi su questo fronte. Non solo perché sono una donna e oggi ho l'onore di rivestire questo importante ruolo, ed essendo terza carica dello Stato donna ho il dovere di farlo in nome e per conto di tutte le donne. Ma perché penso che sia doveroso anche per il Paese tutto: se le donne si portano avanti, tutto il Paese ci guadagna. E allora ho voluto fare cose che da taluni vengono considerate non centrali, non importanti, ma che - appunto nell'opposizione che incontrano - denotano invece la profondità del loro significato. Non è pacifico andare oltre, non è pacifico superarle. Ho voluto rendere omaggio e onore alle donne della nostra Repubblica: le 21 costituenti; le prime sindache; la prima donna ministra; la prima donna Presidente della camera; la prima donna Presidente di Regione. E ho voluto dedicare loro una sala, la Sala delle Donne, che vi invito a visitare qui vicino. Le donne hanno partecipato alla vita istituzionale, ma non ce n'era traccia in questo palazzo. Busti di uomini, ritratti di uomini. E le donne dov'erano? Bisognava dare un riconoscimento a quelle donne, che sono state le nostre apripista. A loro noi dobbiamo molto.

E poi il linguaggio. Vedete, ikl linguaggio è sostanza, non è forma. Se io accetto pacificamente di dire 'contadina' o 'operaia', allora altrettanto pacificamente io devo poter dire 'ministra' e 'sindaca'. La società cambia, con la società cambiano i ruoli, e dunque è giusto che anche il linguaggio cambi, si evolva. Per secoli le donne non hanno avuto un ruolo di vertice, quindi l'unico modo per declinare quei ruoli era il maschile. Ma nel momento in cui le donne ci sono, vanno rispettate in quanto donne. Perché se io devo diventare uomo nel momento in cui salgo la scala sociale, io non vengo riconosciuta in quanto donna. Il femminile è necessario. Chi non lo accetta dimostra di avere un blocco culturale: non accetta che le donne possano arrivare ai vertici, e allora le mascolinizza. Diventano tutti uomini, queste donne: diventa 'il ministro', 'l'assessore', 'il sindaco', 'il presidente'. Ma è qualcosa di veramente bizzarro, che non si può più sentire, a mio avviso.

Qui alla Camera abbiamo lavorato molto sulle questioni di genere. Il primo atto parlamentare è stata l'approvazione della Convenzione di Istanbul, che dice una cosa fondamentale: la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani fondamentali. Abbiamo approvato il decreto sul femminicidio; abbiamo istituito un intergruppo delle deputate, perché - anche se con idee diverse - prima di tutto sono donne e devono riuscire a lavorare insieme per il bene delle donne italiane. L'intergruppo donne ha saputo fare emendamenti insieme e introdurli nella legge di bilancio, riuscendo a migliorare la condizione delle donne. Anche se non è mai abbastanza - di questo mi rendo conto - l'intergruppo ci è riuscito.

Sono felice oggi di ospitare "Straordinarie donne". Sono grata a Lavinia Grizi per averci lavorato. Oggi Lavinia porta in scena testi che ci consentiranno di conoscere meglio tre figure importanti: Anna Magnani, Alda Merini e Joyce Lussu. Tre donne straordinarie, per l'appunto, ognuna capace di lasciare un segno nel suo ambito. Ringrazio anche le musiciste Luciana Bastarelli e Lucia Marziali, per la loro generosità. Tutto questo viene fatto perché ci si crede, perché si vuol partecipare, si vuole fare cittadinanza attiva, si vuole sensibilizzare.

Lascio ora la parola a Caterina De Carolis, che ringrazio, Presidente della Associazione Nazionale ASR.