11/04/2017
Roma, Istituto Scolastico ‘Leonardo da Vinci’

Partecipazione all’incontro con gli studenti e i docenti dell’Istituto Scolastico ‘Leonardo da Vinci’ di Roma nell’ambito dell’iniziativa ‘La Commissione Internet della Camera nelle scuole’

Buongiorno a tutti e a tutte,

saluto e ringrazio la Preside Irene De Angelis Curtis dell'Istituto 'Leonardo Da Vinci' di Roma per aver voluto organizzare questo incontro e aver voluto aderire al nostro progetto. Saluto e ringrazio le insegnanti e gli insegnanti e saluto ragazzi e ragazze.

Immagino che qualcuno di voi si chiederà: perché la Presidente della Camera dei deputati e il Professor Stefano Rodotà sono venuti nella nostra scuola? Siamo qui per parlarvi della nostra Commissione Internet.

Prima di parlarne, però, vorrei coinvolgervi e interagire con voi. Vorrei capirvi un po' meglio. Mi viene da chiedervi, ad esempio: quando andate in un locale pubblico, qual è la prima cosa a cui pensate entrando dentro un bar o un ristorante? Se c'è il wi-fi?

E un'altra cosa: quale è l'oggetto per voi più prezioso, che non vorreste mai perdere? Il telefonino?

E ancora, quando pensate a una cosa che vi angoscia, che non vorreste vi succedesse mai, a cosa pensate? Di trovarvi in pericolo per qualcosa che succede online? Che possiate essere le vittime di qualche atto di bullismo?

Se questa è la situazione, allora chi fa le leggi non può dimenticarsi di voi e delle vostre preoccupazioni.

Internet è il vostro pane quotidiano. Noi dobbiamo quindi fare in modo che tutti voi abbiate le stesse opportunità di accesso alla Rete; che a tutti voi sia garantita la dovuta conoscenza per sfruttare al meglio questo spazio; e dobbiamo assumerci la responsabilità di garantire a tutti libertà e rispetto dei diritti delle persone, anche nello spazio digitale.

Allora chi fa le leggi non può non farvi sapere i diritti vostri all'interno della rete. Siamo noi a doverci occupare di dare a voi l'accesso alla rete, perché chi abita in una zona dove non c'è campo avrà un sacco di problemi in più, avrà meno opportunità. Se voi avete una famiglia che si occupa di certi ambiti di tipo commerciale, saprete che dove c'è la rete c'è un buon business; dove invece la rete manca quella attività ne risente, quindi è un tema che riguarda tutti i nostri cittadini.

E poi bisogna anche insegnare l'uso della rete: perché non basta l'accesso al web, ma è necessario anche sapere dove navigare, che voi siate consapevoli dei vostri diritti e dei vostri doveri. E siamo sempre noi a dovervi garantire che ci sia un rispetto delle vostre libertà, perché se non lo facciamo lo farà qualcuno che ha un interesse commerciale. Quindi è bene che invece lo faccia chi è preposto a farlo e che lo fa per il bene collettivo.

E come si fa? Io, forse lo sapete tutti, sono la Presidente della Camera, e quando sono stata eletta a Montecitorio ho avuto modo di notare che tra le tante commissioni ne mancava una che si occupasse degli affari digitali, di internet.

Mi sono chiesta: come è possibile che manchi una commissione che si occupa di questo tema che è sempre più importante nella nostra vita? E allora ho pensato che dovevo trovare una soluzione e ho istituito una commissione che si occupasse di questo, composta da deputati ma anche da esperti giuristi, come il Professor Rodotà, ed esperti di settore, giornalisti, operatori della rete.

La Commissione ha elaborato una Carta dei diritti e dei doveri di internet e su quella base continua a lavorare. Questa carta non è stata fatta all'interno della nostra commissione, non ce la siamo fatta da soli. Sia chiaro, quella carta è stata pubblicata sul sito della Camera ed è stata sottoposta ad una consultazione pubblica. Migliaia di persone, di giovani come voi, hanno potuto commentare, dare i loro contributi a quella carta, dire quello che andava e che non andava. Perché questa è democrazia partecipativa: la commissione ha elaborato un testo che poi è stato sottoposto alle persone per avere un parere. Quindi la Carta nasce da un lavoro fatto nella Commissione e dal contributo dei cittadini che hanno voluto impegnarsi in questo. E' composta da 14 articoli in cui si parla di molte cose che riguardano la rete.

Prima di diventare Presidente della Camera, per 25 anni ho lavorato nelle grandi emergenze, nelle grandi crisi internazionali, o comunque dove c'erano dei conflitti, dove c'erano grandi spostamenti di popolazioni, e mi è capitato di lavorare tante volte in Africa. In una delle ultime missioni sono stata in Kenya, in un grande campo profughi, che si chiama Dadaab. Qui c'erano circa 500mila persone fuggite dalla Somalia, moltissimi ragazzi e ragazze, e non potrò mai dimenticare che la cosa che più chiedevano quei giovani era la rete. Prima ancora di chiedere i beni di prima necessità: perché la rete era l'unico modo per loro, nati e cresciuti in quel campo, profughi senza conoscere altre realtà, di uscire da quel recinto che gli avevano messo intorno, uscire da quella rete materiale attraverso una rete immateriale.

E adesso vengo ai dolori della rete. Il 25 novembre ho deciso di fare una iniziativa provocatoria, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Una premessa: quello che accade sulla rete nei confronti delle donne è veramente inaccettabile. Sul web molte donne vengono fatte oggetto di violenza perché donne. Se qualcuno non è d'accordo con quello che dice una donna spesso replica con insulti, umiliazioni, il tutto a sfondo sessuale. Ma se non sei d'accordo non offendere; se non sai spiegare perché, il problema è tuo, non chi hai davanti; se sei in assenza di argomenti fatti qualche domanda. Non vi rifugiate negli insulti, nelle oscenità, perché chi fa ricorso alle oscenità non ha argomenti.

Così ho voluto pubblicare una parte degli insulti che ricevo costantemente, come molte altre donne: non sono l'unica, io forse ho più possibilità di dirlo, di denunciarlo. Il 25 novembre ho scelto un assaggio di quegli insulti. Insulti firmati con nomi e cognomi, commenti sulla mia pagina Facebook che ho rilanciato pubblicandoli in un mio post, perché chi li aveva scritti se ne doveva assumere la responsabilità.

Se hai scritto quelle sconcezze lo devono sapere i tuoi figli, i tuoi amici e il tuo datore di lavoro. E' un'ammissione di responsabilità.

Chi scrive certe cose deve sapere che dall'altra parte c'è qualcuno che le riceve, qualcuno in carne e ossa che legge. Se ci si prende questa libertà di dire la qualunque, bisogna rispondere.

Dunque ho pubblicato circa 15 insulti. E sapete cosa è successo? Molti di questi mi hanno contattato direttamente per chiedere scusa, perché non credevano che io leggessi. Oppure mi hanno scritto: "ho detto una bufala, pensavo che lei avesse realmente detto quella cosa, non ci ho visto più e poi ho scoperto che quella era una bufala". Oppure non hanno nemmeno avuto il coraggio di chiamare, hanno fatto chiamare la madre e la sorella. Trovo terrificante che non si abbia neanche il coraggio di esprimere il perché di questo stato d'animo.

Secondo voi, ragazzi, questa è libertà di espressione? Insultare e dire oscenità è libertà d'espressione? Vi dico: no, non lo è! E' incapacità di elaborare un pensiero senza offendere, è povertà lessicale. La libertà d'espressione in democrazia trova il suo limite nel diritto degli altri di essere rispettati, della libertà degli altri di non essere offesi. Non confondiamo la libertà d'espressione con l'insulto facile.

Credo che tutti noi dobbiamo essere consapevoli che sulla rete noi siamo portatori di diritti. I nostri dati, anche se di questo parlerà molto più compiutamente di me il professor Rodotà, hanno valore. Quando date l'autorizzazione all'utilizzo dei dati sappiate che state facendo un'operazione che darà a qualcuno la possibilità di fare soldi, perché i vostri dati hanno un valore economico e commerciale. I social media non sono gratis. C'è chi ci guadagna, chi ci guadagna tantissimo. I giganti della rete sono ricchissimi, eppure fanno fatica a pagare le tasse, fanno di tutto per non pagarle. Una disfunzione inaccettabile.

Ecco perché per vivere bene la rete bisogna fare due cose. La prima: bisogna sempre sapere che dall'altra parte c'è chi riceve i messaggi. La seconda: bisogna avere consapevolezza che una foto, un video pubblicato in rete può condizionare la vostra vita, a volte in modo irrimediabile. Pensateci.

Secondo una ricerca dell'associazione Vox-Osservatorio italiano sui diritti, il 28% dei ragazzi italiani tra i 14 e i 18 anni è stato vittima di bullismo e l'8,5% di episodi di cyberbullismo. E dietro a quei numeri ci siete voi. Se adesso vi chiedessi quanti dei presenti in quest'aula hanno subìto un atto di bullismo o di cyberbullismo, io credo che in pochi alzerebbero la mano, perché si vergognerebbero. Se tra voi c'è qualcuno che ne è stato vittima, io non lo voglio sapere. Però sappiate che non siete voi a dovervi vergognare, nel caso che ciò accada, ma è il bullo che si deve vergognare. E' lui il vigliacco, che non ha il coraggio di relazionarsi in modo civile e pacato. Quindi se questo accade ribellatevi, uscite allo scoperto e denunciate. Non siete voi a dovervi vergognare!

L'ultima cosa che vi volevo dire: avete mai sentito il nome di Arianna Drago? Sapete chi è? E' una ragazza, poco più grande di voi, che a un certo punto ha deciso di denunciare alcune cose che vedeva su Facebook: i gruppi chiusi. Chissà se anche voi sapete che esistono dei gruppi chiusi sui social network nei quali delle ragazze, che stanno per strada oppure in un bar, vengono fotografate, E quelle foto, a loro insaputa, vengono date in pasto ai questi gruppi chiusi, e lì si scatena il peggio dell'essere umano.

Arianna Drago ha analizzato questi gruppi e ha denunciato questa cosa. E cosa succede? La sua pagina all'inizio viene oscurata, mentre i gruppi chiusi invece vengono lasciati. Ma lei non si è arresa. Mi ha scritto, io ho rilanciato la sua denuncia e alla fine quei gruppi chiusi sono stati cancellati da Facebook e lei è stata premiata: ha ricevuto un importante Premio a Milano per "il coraggio civile contro la violenza sulle donne". Il coraggio paga.

Chiudo con un invito: siete già stati a Montecitorio? Chi c'è già stato può sempre tornare, perché credo che sia una bella esperienza; chi non è ancora venuto lo invito a venire, perché a Montecitorio si fanno le leggi che condizionano la vita di tutti, quindi serve sapere come funziona il luogo nel quale si fanno le leggi, conoscere il cuore della democrazia, la casa di tutti gli italiani e le italiane.