26/10/2017
Montecitorio, Sala della Lupa

Incontro con gli studenti europei vincitori del concorso internazionale 'Giovani idee'

Buongiorno a tutti e a tutte.

La presentazione mi è molto piaciuta, perché entriamo in un tema in cui è importante avere diversi punti di vista e osservatòri. Saluto il Presidente dell'Associazione Giovani Idee, Gianpietro Benigni, per questa bella iniziativa: la ringrazio per dedicarsi a un tema così cruciale come quello dell'Europa; saluto il deputato Sanga, che tanto ha voluto fare questa iniziativa qui alla Camera: ha insistito e aveva ragione a insistere; e saluto tutti voi, studenti e studentesse, insegnanti uomini e insegnanti donne che siete qui - perché ci tengo sempre a fare le distinzioni linguistiche, anche questo fa la differenza - studenti e studentesse.

Qui parliamo del futuro: "Working for Europe, Right to the Future". (Breve benvenuto in lingua inglese) Siete i benvenuti, avete la traduzione ma vorrei farvi giusto un saluto. Questa è la Camera dei deputati. In Italia abbiamo due Camere: questa è quella bassa, c'è anche il Senato e insieme formano il Parlamento italiano. E' un piacere per me ospitarvi qui, vorrei parlare in inglese ma la maggioranza qui parla italiano, quindi intanto vi saluto e vi do il benvenuto in questa istituzione.

Perché parliamo di Europa? Parliamo di Europa per una serie di motivi. Intanto perché questo è il più grande progetto politico dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a oggi e nasce come un'utopia. Penso che le utopie siano essenziali nella vita: senza utopia non c'è la spinta, senza utopia non c'è l'idealità che è il motore della civiltà. Noi non possiamo vivere solo di quotidiano, non possiamo vivere solo nel nostro piccolo mondo, che è sì importante, ma dobbiamo calarci in un contesto più aperto, che ci deve spingere ad andare oltre l'orizzonte, oltre il confine, la frontiera. Io per 25 anni ho lavorato nelle agenzie delle nazioni Unite . Ma prima quella spinta mi aveva portato a 19 anni ad andare in America Latina a lavorare nelle aziende di riso, a percorrere tutto il Centro America con gli autobus, a fermarmi, a capire come era la vita altrove, come un paese poteva essere sempre povero e non uscire mai da quel ciclo di povertà. Perché, se nasci in quei luoghi poveri, non hai la possibilità di andare avanti nonostante i talenti, le intelligenze?

Ecco, io sentivo questa spinta, a 19 anni. Questo mi ha portato poi a trovare un lavoro che mi ha consentito di visitare tanti luoghi in questo pianeta nei momenti più difficili, cioè quando ci sono i conflitti, le guerre, i grandi spostamenti di popolazione forzati, non scelti ma indotti dalle circostanze.

E' importante, appunto, avere un punto di vista allargato quando si parla di Europa, perché altrimenti si rischia di non capire le dimensioni del pianeta. Dicevo che l'Europa nasce tramite un'utopia. C'è la guerra in Europa, dobbiamo inquadrarla così perché altrimenti non si capisce. Immaginatevi la guerra tra i paesi europei. In Italia c'è il regime fascista, un regime che non tollera le diversità, e quel regime manda al confino chi viene considerato pericoloso. E allora ci sono giovani intellettuali, antifascisti, sindacalisti, che vengono mandati al confino perché considerati pericolosi in quanto capaci di pensiero critico. E lì, mentre intorno c'è la guerra, c'è un gruppo di intellettuali che a Ventotene, in questa piccola isola, si comincia fare delle domande: ma perché l'Europa non riesce mai a raggiungere la pace? perché gli Stati europei si devono perennemente fare la guerra? E ragionando su questo, questi giovani cominciano a pensare che l'unico modo perché l'Europa possa essere in pace è federarla, metterla insieme. Ma come: c'è la guerra tra gli Stati europei, e voi parlate di federare gli Stati? Era una cosa considerata veramente da visionari, un po' stravaganti. Invece, questa idea della federazione europea, degli Stati uniti d'Europa, quando è finita la guerra inizia a prendere corpo, quando il sogno diventa la realtà. E' la cosa più bella del mondo: aver fatto un sogno e quel sogno piano piano si mette insieme. Non c'è nulla di più bello verso cui proiettarsi, per cui spendersi. E anche oggi penso che non ci sia nulla di più importante per cui spendersi: il disegno europeo continua a essere un grande progetto politico.

All'epoca grandi figure politiche come Alcide De Gasperi, Robert Schumann, Konrad Adenauer decisero di dare spessore a quell'intuizione. Altiero Spinelli dedicò tutta la vita a quell'intuizione e la trasformò, e lui fu parte di quella trasformazione, fu parte di quel disegno che mano a mano si componeva come un puzzle: tutti i pezzi si mettevano insieme. E allora si cominciò a lavorarci: era il 1951 quando si realizzò la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Poi ci fu il 1957, sessanta anni fa, coi Trattati di Roma: abbiamo celebrato questa ricorrenza in Campidoglio, nella Sala degli Orazi e dei Curiazi, nella stessa sala in cui 60 anni fa vennero firmati quei Trattati. E si istituì così la Comunità Economica Europea. Poi ci fu il 1992: tanto lavoro fatto dietro le quinte, fuori dai riflettori, tanti negoziati, ore e ore di trattative, tutto questo non è gratis. E nel 1992 a Maastricht nacque l'Unione Europea, quella che abbiamo oggi. Poi si continuò nel percorso. Nel 1995 - vedete come, anno dopo anno, si riesce a portare avanti il progetto - si arriva alla libera circolazione tra gli Stati europei. Quando io avevo la vostra età non era mica così. Per andare da un paese all'altro ci voleva il passaporto, bisognava cambiare soldi. Nel 1995 entra in vigore l'accordo sulla libera circolazione che 5 anni prima era stato firmato a Schengen: questa cittadina, anzi un villaggio piccolissimo, che oggi rappresenta un caposaldo della nostra Unione, cioè la libera circolazione. E poi arriviamo al 1999 con l'euro. Successivamente inizia una fase di stagnazione, l'Europa cambia volto. Intanto, però, noi abbiamo raggiunto 60 anni di pace. Non era mai successo prima nella storia che in Europa per 60 anni ci fosse la pace. La mia generazione, quella nata negli anni 60, penso sia la prima a non aver avuto contatti diretti con la guerra e le sue conseguenze.

I miei genitori mi parlavano di quando erano piccoli e c'era la guerra; i miei nonni vissero la guerra; noi abbiamo vissuto gli anni del boom economico. Siamo i figli degli anni 60, del baby boom, noi siamo i baby boomers, il boom economico che diventa realtà dopo che l'Italia usciva distrutta dalla guerra. Distruzione materiale, perché si dovette ricostruire materialmente un paese; ma anche distruzione moralmente perché, vedete, in questo Parlamento vennero approvate le leggi razziali. Questo paese prese parte a quella vergogna che fu la persecuzione degli ebrei, la Shoah, la persecuzione di un popolo in base alla religione. Fu una macchia terribile sul nostro popolo.

Questi anni di ricostruzione sono stati anni importanti e oggi noi ci troviamo in una realtà di 28 paesi, ora 27; ma cominciammo in 6, quindi l'Unione europea si è allargata, man mano.

Adesso per la prima volta abbiamo un paese che è uscito dall'Unione europea. Che cosa questo significhi non lo sappiamo ancora, perché è in corso un negoziato, non sappiamo le ripercussioni che avrà. Che significa? L'inizio della fine o l'inizio di una nuova fase? Perché se è vero che stiamo perdendo un membro - e io non ci credo fino in fondo, voglio essere ottimista: spero che dopo questa parte di trattativa ci sia una seconda chance per il popolo britannico di valutare i risultati del negoziato e magari potersi esprimere su questo; mi auguro che si possa passare attraverso una seconda consultazione - è anche vero che ci sono paesi che vogliono entrare. Quindi non è che non va più di moda l'Europa, non è che non piace più a nessuno, che siamo in declino. Ci sono altri 5 stati che sono paesi candidati all'Unione europea: parliamo della Turchia, della Serbia, dell' Albania, del Montenegro, della Macedonia, paesi che vorrebbero far parte della nostra famiglia.

E la nostra famiglia è una famiglia straordinaria. Noi siamo sempre pronti a essere critici, ma guardiamola con gli occhi di chi sta in una situazione diversa. In 27-28 Stati noi produciamo un quarto del PIL di tutto il pianeta. Siamo 500 milioni di abitanti. Ora il nostro PIL è superiore a quello degli Stati Uniti, superiore a quello della Cina - perché altrimenti perdiamo di vista quello che siamo e il nostro valore - e se noi fossimo un'unica entità saremmo la prima potenza economica al mondo. Anche solo questo dato ci dovrebbe spingere ad integrare economicamente ancora di più la nostra Europa.

Quando noi parliamo a una voce sola noi siamo leader. Lo abbiamo fatto con la COP21: abbiamo raggiunto a Parigi quell'accordo formidabile sull'ambiente. E mi fa piacere che si parlerà di ambiente e poi di immigrazione: le due cose sono molte legate.

Quando noi siamo uniti, siamo una grande potenza. E allora non ci vuole molto a capire che ci conviene essere uniti, ci conviene! E che nessun paese europeo da solo può dare le risposte adeguate ai problemi che abbiamo di fronte, alle grandi challenges che abbiamo di fronte: perché sono di natura sovranazionale, queste sfide. Come si fa a dare una risposta nazionale alla sfida del cambiamento climatico? Come si può concepire una risposta nazionale ai flussi migratori? Come si può combattere il terrorismo internazionale a livello locale? Non ci vuole molto a capire che dobbiamo essere sempre più uniti, se vogliamo davvero migliorare le condizioni dei nostri cittadini.

Eppure ci sono movimenti e partiti antieuropeisti, xenofobi, ultranazionalisti, che fanno di tutto per disgregare il progetto europeo, che hanno come unica cosa in comune la disgregazione dell'Unione europea. E giù con gli slogan: ogni cosa complessa viene liquidata con una battuta.

Io penso che queste persone prendano in giro i cittadini: i problemi sono complessi e le risposte sono complesse. Diffidate di chi la fa facile, diffidate, perché vuol dire non essere all'altezza del compito. E allora come si fa a rafforzare questa Europa e renderla più compatta? Voi avete scelto il tema del lavoro: "lavoro dunque sono", mi è piaciuta molto questa definizione. Ed è intorno al lavoro che l'Europa oggi si sta confrontando, in un modo molto pericoloso. Perché la crisi del 2008, che nasceva negli Stati Uniti, è arrivata da noi e molti paesi europei hanno avuto enormi difficoltà a gestirla. La ricetta che ci veniva da Bruxelles purtroppo non ci ha aiutati perché era a senso unico: tagli, austerità. Non importa quale sia l'impatto sociale, l'importante è che i conti siano in regola.

Una valutazione che ha avuto molte conseguenze. Non si può considerare un effetto collaterale l'impatto sociale delle misure economiche: al centro ci deve essere il cittadino, la persona. Perché, altrimenti, i movimenti xenofobi, ultranazionalisti, sovranisti, hanno vita facilissima, perché fanno leva sullo scontento delle persone; e di scontento ce ne è tanto. Non riusciamo a dare le prospettive di lavoro, di crescita, che abbiamo avuto noi negli anni '60, negli anni '70, negli anni '80. E questi partiti, questi movimenti, nutrono se stessi dello scontento e della sofferenza delle persone.

Quindi serve un cambiamento nelle politiche economiche europee e un patto europeo per il lavoro ai giovani. Questa credo sia la cosa più urgente per riuscire a convogliare i giovani nella costruzione di questa nostra Europa: un' Europa che si è portata avanti ma non abbastanza. Abbiamo iniziato un percorso: negli anni si è sviluppato e adesso siamo nel mezzo del guado. Noi rischiamo di perdere tutto se non ci portiamo avanti. E io ho sentito fortissima la responsabilità di impegnarmi sul terreno europeo. Ho preso un'iniziativa parlamentare, essendo la Presidente della Camera, una Dichiarazione di principi, d'intenti che voleva dire agli altri Presidenti dei Parlamenti: facciamo qualcosa noi, perché il metodo intergovernativo non sta dando i risultati necessari. Noi rappresentiamo i cittadini e le cittadine, noi abbiamo il dovere di prendere in mano questa situazione prima che sia troppo tardi.

Ho promosso questa Carta, l'ho condivisa con i miei omologhi, i miei colleghi Presidenti di Parlamento, abbiamo iniziato in quattro questo sforzo di rivitalizzare i principi europei a livello parlamentare - una Dichiarazione che è stata firmata il 14 settembre del 2015 nella Sala della Regina, qui vicino - e sono stati poi quindici i Presidenti di Parlamento che hanno firmato questa Dichiarazione.

Una Dichiarazione in cui diciamo che noi abbiamo bisogno di più Europa, non di meno Europa; in cui diciamo che dobbiamo essere coraggiosi da condividere sovranità; fare in modo che in tutte le materie in cui gli Stati nazionali non riescono a dare risposte ai vari problemi globali, ecco, in tutti quegli ambiti sia l'Europa a dare la risposta. Abbiamo detto che le misure economiche non possono più prescindere dall'impatto sociale, perché questo è devastante per la vita delle persone e le allontana dalle istituzioni nazionali ed europee.

Non basta che i Presidenti dei Parlamenti, animati da spirito europeista, s'incontrino, facciano una bella cerimonia e mettano questa firma. Bisogna coinvolgere i ragazzi e le ragazze: per questo io ho promosso una consultazione pubblica online, sul sito della Camera, chiedendo alle persone: come la volete questa Europa? Vi piace? Va bene? non va bene? Lo stato e le prospettive dell'Unione Europea.

L'Istat ci ha aiutato, abbiamo fatto sette domande, e abbiamo chiesto ai nostri concittadini come doveva essere questa Europa. Ho chiesto di far distribuire anche a voi questo formulario, perché voi che avete familiarizzato con la materia europea troverete, immagino, interessanti queste domande.

Hanno partecipato circa 11mila persone, e il tema non era semplicissimo perché bisognava spendere un po' di tempo a formulare le risposte. La gran parte delle persone - il 77% - ha detto che il progetto europeo è buono e dobbiamo andare avanti. Ma due cose sono state molto criticate da chi ha partecipato a questo formulario:

1. migliore gestione delle questioni immigratorie, quindi migrazione come punto debole della politica europea. Peraltro non è una materia su cui l'Unione Europea ha competenze esclusive, questo bisogno saperlo. Nella materia dell'asilo sì, ci sono delle competenze dell'Unione Europea, ci sono delle direttive; ma la materia migratoria non è materia dove l'Unione Europea può decidere da sé, c'è concorrenza tra gli Stati membri; comunque l'esito è stato critico sulla politica migratoria.

2. il lavoro. Sul lavoro l'Europa non è stata apprezzata perché non ha dato uno slancio occupazionale, specialmente tra i giovani. E allora bisogna lavorare per un'Europa diversa, che sia più democratica, che sia orientata al sociale. Il social bill è quello su cui bisogna investire di più. Ci vuole anche un budget più realistico. L'Unione Europea ha un budget residuale: come fa a risolvere i problemi degli Stati membri se il suo budget è assolutamente residuale, cioè l'1% del PIL degli Stati membri? Negli Stati Uniti d'America il budget federale è il 25%.

Secondo me, ragazze e ragazzi, questa è una fase cruciale: bisogna rivedere l'architettura dell'Unione Europea, il modo in cui è strutturata; bisogna riconsiderare le priorità sociali ed economiche; bisogna creare i cittadini europei. La cittadinanza europea non esiste: sei cittadino italiano, francese, tedesco, ma non sei cittadino europeo. Come si fa a diventare cittadino europeo? Non c'è un modo. E allora lavoriamo sulla cittadinanza europea: io vorrei che esistesse una cittadinanza europea, a prescindere dal paese di provenienza, dovrebbe esistere tout court una cittadinanza europea, basata sui principi e i valori che ci rappresentano. Noi siamo il continente dei diritti umani, noi siamo il continente di un'economia sociale di mercato, noi siamo il continente dove c'è un welfare che dovrebbe nonlasciare nessuno indietro. Noi siamo ammirati dal resto del mondo per avere delle caratteristiche che oggi rischiamo di perdere. E se perdiamo la nostra identità, noi perderemo la nostra anima, e il senso dello stare insieme.

Io conto su di voi, che siete la generazione europea, voi che vi incontrate e vi capite, voi che state insieme e trovate bello continuare un percorso di conoscenza, la generazione Erasmus. Dico sempre che l'Erasmus dovrebbe essere reso disponibile a tutti, senza limiti, perché non ho mai conosciuto ragazzi che hanno fatto l'Erasmus che non siano diventati europeisti. Se vogliamo creare la cittadinanza europea questi progetti devono moltiplicarsi, così come deve essere data la possibilità a tutti di fare un'esperienza europea.

Vi ringrazio, mi complimento con voi e spero che possiate continuare questo processo: con la curiosità, con l'intelligenza, con la lungimiranza che sono propri anche della vostra età. Andate avanti, perché noi tutti abbiamo bisogno di una generazione che riesca a portare fuori dal guado il disegno europeo che oggi rischia molto, forse più di quanto non abbia rischiato finora.