30/10/2017
Camerino (MC), Università degli Studi

Visita dell’Università degli Studi di Camerino

Buongiorno a tutti e a tutte.

Vi ringrazio per l'invito che mi avete rivolto a condividere con voi una giornata di ordinaria vita dell'Università. E sottolineo ordinaria, dando valore a questa parola, perché il coraggio, la tenacia e l'impegno di ogni comparto di questo ateneo, hanno consentito di affrontare subito le conseguenze drammatiche del terremoto sulla vita della vostra comunità.

Anche voi, come gli altri cittadini delle Marche e di tutti i territori colpiti, avete conosciuto non poche difficoltà. Tutti voi, direttori, il corpo docente, i tecnici, gli studenti e le studentesse, avete vissuto sentimenti di paura per quello che rappresenta un terremoto: incertezza, dubbi, smarrimento, precarietà. Infine vi siete forse anche chiesti se valesse la pena rimanere oppure andarsene via, e metterci una pietra sopra: "molliamo tutto, perché tanto l'impresa è titanica, è troppo grande per noi". Queste sono le condizioni, gli stati d'animo di chi vive un evento traumatico come un terremoto. Lo dico anche perché il giorno della prima scossa, il 24 di agosto, io ero nelle Marche e dunque, anche se in una parte non colpita in maniera brutale, mi sono comunque sentita partecipe di quello che stava accadendo.

Ma questa università non si è fermata, qui ha prevalso la speranza di farcela. Nonostante tutto dicesse il contrario, è prevalsa la speranza. Non è facile avere speranza nel momento in cui tutto va nel verso opposto. Ma io vi ricordo "Il futuro non crolla", quello slogan, quell'hashtag che è diventato presto virale. Dare un futuro ad un' Università antica è una cosa doverosa. Che cosa è un'Università che nasce nel 1336 se non un bene comune, uno straordinario patrimonio collettivo? Allora non può morire, uno straordinario patrimonio collettivo non deve morire.

Vi siete riorganizzati: avete fatto singolarmente, ognuno di voi, un passo indietro; vi siete aggiustati, avete cercato di sacrificarvi anche, perché rinunciare agli spazi, condividerli non è sempre facile. Grazie anche all'esempio che avete avuto, a queste due figure belle, i Rettori che hanno anche fatto questo passaggio in un modo così condiviso, così civile, così alto: siamo al di sopra delle meschinità umane, guardate che non è semplice né scontato nel tempo che si vive, e io li ringrazio entrambi per come hanno gestito questa fase.

Non vi siete fermati, e sono aumentati gli iscritti: c'è del miracoloso. Veramente io mi complimento per questo risultato, che nasce dallo sforzo congiunto di tanti. Gli studenti sono stati forse i più convinti sostenitori di questa università. Molti di loro hanno deciso di dormire nelle roulotte, di dormire nei container, nei camper, di starci nonostante tutto. Ognuno si è sistemato come ha potuto perché si sentiva parte in causa di uno sforzo collettivo. Lo spirito di corpo è nato in questa Università che non era di qualcun altro, era di tutti voi. Gli studenti si sono anche loro sacrificati, ma oggi a questi studenti e a queste studentesse noi dobbiamo dare le condizioni per rimanere, ricostruire le condizioni perché possano vivere stabilmente a Camerino, contribuendo a riattivare quell'economia che gira intorno all'Università: questa antica Università che io conosco da sempre, perché mio padre pure ha studiato qui, i miei zii che vivevano a Matelica e che durante la guerra venivano qui a fare l'università. Questa economia deve essere riattivata perché l'Università è il cuore di questo territorio, e dell'Università vivono tanti ambiti, tanti settori economici che all'Università sono collegati.

E' agli studenti e alle studentesse che noi dobbiamo dare delle risposte concrete in questo momento, quindi mi auguro che tutte le istituzioni che sono qui presenti capiscano la centralità dell'Università per questo territorio. Un'Università che è un bene comune non si può trascurare.

E poi vedo che ci sono i ragazzi del progetto "furgoncinema": eccoli lì con le loro felpe, le loro magliette. Un fantastico progetto con un furgone un po' scassato che va in giro a portare i film che altrimenti non si potrebbero vedere. E' un progetto romantico, direi bellissimo, non solo perché porta in giro la cultura ma perché nel fare questo, loro, i ragazzi e le ragazze, si sono messi al servizio delle comunità, hanno ascoltato specialmente le persone anziane, che sono rimaste, che vogliono parlare, che vogliono confidarsi. E sono stati anche depositari di tante condizioni di vita che loro hanno potuto conoscere direttamente attraverso questo progetto.

In questo anno molto duro abbiamo sentito alcune parole ogni giorno. Ci sono state tre parole che hanno nutrito il nostro vocabolario dell'ultimo anno: emergenza, ricostruzione, abbandono. Sono le parole che io ho sentito ogni volta che sono andata nei territori colpiti dal terremoto: "non ci abbandonate", "quando riprenderà la ricostruzione?", "dobbiamo uscire dall'emergenza".

Queste tre parole sono state quelle più usate in questo anno nei territori colpiti dal terremoto. Ma c'è un'espressione che a me piace molto e che oggi vorrei sottoporvi: "l'etica della restanza". Non è una definizione mia ma di un famoso antropologo calabrese, Vito Teti: "l'etica della restanza". Significa dare valore a chi sceglie di restare, specie in condizioni difficili, ostili e avverse; significa interpretare la scelta non come indice di debolezza e di inerzia, non è questo il senso dell'etica della restanza. E' che si sceglie scientemente di rimanere, si sceglie come simbolo di coraggio, come sfida. Restare non vuol dire essere deboli e non avere il coraggio di non affrontare altro, significa avere il coraggio di affrontare la sfida di rimanere.

Ma chi rimane deve prendersi cura del territorio: non basta rimanere, non basta esserci, bisogna agire, partecipare, bisogna farsi sentire e collaborare con spirito costruttivo. Rimanere vuol dire anche saper accogliere chi viene da fuori, in questo caso gli studenti e le studentesse. Questa è l'etica della restanza: è rimanere allo scopo di fare qualcosa, allo scopo di consentire la ripresa. Per questo ognuno di noi qui ha una responsabilità.

In questo anno noi ci siamo sentiti più volte. Il rapporto nasce da prima, due anni fa, quando venni da Presidente a inaugurare l'anno accademico; poi ci siamo visti a Palazzo Montecitorio, alla Camera dei deputati, in occasione del Premio Carlo Urbani, grande figura marchigiana, non mi stancherò mai di dirlo: "Se di fronte al malato il medico scappa, chi rimane?" E questo deve essere valido per tutti noi: se di fronte al malato il medico scappa, chi rimane? Se di fronte al terremoto gli abitanti non rimangono, come si fa ad andare avanti? Bisogna riportarli a casa, Sindaco, bisogna fare di tutto perché le persone che amano questo territorio abbiano la facoltà di rimetterlo in piedi. Tutti noi, assessori, sindaco, istituzioni, noi tutti dobbiamo fare questo sforzo perché qui c'è gente che ama questo territorio. Nessuno può scappare e nessuno vuole scappare, ma noi dobbiamo dare la possibilità alle persone di fare quello che vogliono, cioè contribuire alla ripresa del territorio.

Ci siamo visti, dicevo, a Montecitorio: in questo anno io ho cercato di tenermi in contatto il più possibile con le comunità, con i comitati, con le persone che mi scrivevano. Ho ricevuto centinaia di messaggi, di mail, di contatti, richieste di aiuto, casi individuali, casi personali. Penso di poter dire di non aver tralasciato nessuno. Ho incontrato a Montecitorio chi è venuto e voleva essere ascoltato; sono andata sempre, quando ho potuto, nei territori del sisma. E' mio dovere farlo, né più né meno. Le istituzioni devono stare dove ci sono i problemi, non dove ti mettono i tappeti rossi, dove ci sono i problemi ci devi mettere la faccia. Non mi sono mai sottratta e non lo farò finché sarò in questa posizione di Presidente della Camera, terza carica dello Stato. Per questo sono qui: a invitarvi di nuovo perché fino a che dura la legislatura durerà questo rapporto che sarà di scambio, di contatto, di apertura, di ascolto, per riuscire a fare un lavoro di raccordo. Perché è chiaro a tutti che io non faccio parte dell'esecutivo, non ho poteri operativi, ma posso adoperarmi per mettere al centro le persone e per fare da raccordo con chi di competenza. Quindi l'invito che io vi faccio è quello di venire alla Camera il 12 dicembre: quel giorno verranno alla Camera anche altre popolazioni colpite dal terremoto, in particolare la popolazione di Arquata e Pescara, perché quando andai lì, il 24 agosto scorso, a un anno dal terremoto, incontrai le persone, i comitati. Per ore parlammo e loro chiesero di poter continuare il rapporto, di esserci. L'anno scorso avevo avuto, di nuovo, con loro, un incontro a Montecitorio: delegazioni delle quattro regioni, 650 persone, tante quante ne contiene l'Aula di Montecitorio, vennero per il concerto di Natale che avevo deciso di dedicare loro. E allora mi hanno detto: "Ma quest'anno non facciamo niente? Si dimentica di noi?" No, ci ritroveremo, ci rivedremo anche quest'anno e cercheremo di collaborare come sempre alla ricerca delle soluzioni possibili.

Vi voglio anche dire che dopo questo incontro, vedrò la Commissaria Paola De Micheli nei prossimi giorni. Ho già chiesto che venga alla Camera perché vorrò riportarle l'esito di questo incontro. Ho parlato con la Prefetta, con il Sindaco, adesso avremo modo anche di confrontarci con la Regione e vorrò sottoporre alla Commissaria le questioni che da questo territorio emergono, nell'ottica di riuscire a dare delle risposte concrete. Questo è il mio impegno. C'è ancora molto da fare, i problemi ci sono, sarebbe sciocco nasconderli. Pensavamo di fare prima? Sì, ma ci sono stati tre terremoti e tante scosse una dietro l'altra, e ogni volta bisognava ricominciare da capo. Volevamo fare prima? Sì. Non ci siamo riusciti a pieno ma in ogni terremoto ci sono dei tempi, credetemi: in ogni terremoto, purtroppo. La burocrazia non ci aiuta però esiste, e a volte ci sono dei passaggi che sono mirati a non sporcare la ricostruzione, come è accaduto in passato, a non sporcarla con le infiltrazioni mafiose, a non sporcarla per mano di chi vuole arricchirsi con il denaro pubblico. Quindi purtroppo i problemi ci sono, noi dobbiamo superarli insieme. Da questa Università nasce un grande incoraggiamento ad andare avanti uniti. Io vi ringrazio e vi chiedo veramente di considerarmi sempre a voi vicina e con voi impegnata, perché questa è la mia terra e io da Presidente della Camera devo occuparmi di tutte le questioni, ma non nascondo che questa è e sarà sempre la mia terra. Per questo io ci sarò sempre, ogni volta che voi lo chiederete. Vi ringrazio.