27/11/2017
Montecitorio, Sala della Lupa

Saluto introduttivo all’incontro ‘La vita prima delle regole. Idee ed esperienze di Stefano Rodotà’

Buon pomeriggio a tutte e a tutti.

Saluto Giuseppe Laterza, che ha promosso questo incontro, lo ha voluto fortemente, si è molto adoperato; Anna Masera, che conosciamo bene qui alla Camera: è stata con noi per un paio di anni come capo ufficio stampa ed è stata anche una figura importante nella collaborazione che abbiamo avuto con il Professor Rodotà, la ringrazio per il coordinamento della discussione. Ringrazio tutti e tutte i numerosi relatori e relatrici - non li menziono tutti, sono tanti - per aver accettato l'invito a partecipare oggi a questo convegno che si focalizza sulle idee e sulle esperienze di Stefano Rodotà.

Un saluto affettuoso alla moglie Carla e ai figli Carlo e Maria Laura che sono qui e a tanti di voi deputati, parlamentari, autorità presenti: mi fa piacere che abbiate accettato il nostro invito.

Idee ed esperienze, nella vita di Stefano Rodotà, possiamo dire che si sono sempre intrecciate. Non c'è stato mai un suo studio che non fosse legato alla vita reale delle persone, alla vita vera, così come non c'è mai stata una sua attività politica e istituzionale che non fosse basata sullo studio, sulla ricerca e sull'approfondimento culturale.

Lui diceva che "la cattiva politica è figlia della cattiva cultura". Per questo nella sua vita ha sempre intrecciato le due cose, l'esperienza e il sapere. Qui a Palazzo Montecitorio è stato attore per un periodo lungo, dal 1979 al 1994. Questo è stato il luogo di un suo intenso impegno come deputato: Stefano Rodotà è stato componente della Commissione Affari Costituzionali e di diverse Commissioni speciali, è stato anche capogruppo della Sinistra Indipendente e poi vicepresidente della Camera.

E questo - lo dico per esperienza personale - è stato il luogo dove nel 2013, quando si doveva eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, il suo nome è risuonato tante e tante volte. Ho letto il suo nome tante volte, in quello spoglio. Perché veniva indicato come la persona che meglio di altre poteva incarnare la domanda di rinnovamento che saliva forte, fortissima direi, dalla società. E lui aveva già ottanta anni, a dire come la percezione di lui prescindesse dalla sua età. Più che ottantenne, ma considerato innovativo.

Ma questo è stato anche il luogo del suo ultimo contributo attivo alle istituzioni, e lo ha dato nella Commissione per i diritti e i doveri in Internet. Una Commissione che io ho voluto fortemente, e il Professor Rodotà ha accettato l'incarico che gli avevo offerto di coordinarla. Una Commissione dove dovevamo trovare un accordo per una Dichiarazione che aveva la pretesa di essere una sorta di Carta Costituzionale di Internet, e nessuno meglio di lui poteva svolgere quel ruolo. Nelle prime riunioni pensavo che mai saremmo riusciti a trovare la "quadra", perché c'erano opinioni completamente contrastanti e divergenti su tanti punti della rete: dal diritto all'oblio al diritto d'autore, all'accesso alla rete, al diritto inviolabile dell'individuo di accedere alla neutralità della rete. Tutti temi che intorno a quel tavolo erano divisivi. Ma grazie a lui abbiamo potuto finalizzare una Dichiarazione che è stata riconosciuta non solo da questa Camera, perché è diventata una mozione parlamentare approvata all'unanimità, ma è stata riconosciuta anche in altri paesi come un esercizio da prendere ad esempio: tant'è che con l'Assemblea Nazionale francese abbiamo poi fatto insieme un lavoro che ci ha portato ad approvare una Dichiarazione comune largamente basata su quella che avevamo approvato noi alla Camera.

Il lavoro di quella Commissione poi è uscito da Montecitorio, sta continuando. I deputati e gli esperti - perché la composizione di quella Commissione è mista - stanno andando fuori dal palazzo, nelle scuole, cercando di trasmettere ai giovani quella expertise, quegli elementi necessari per un uso consapevole della rete. E oggi più che mai penso che questo tema sia di attualità. Insieme con Stefano siamo stati nell'Istituto Leonardo da Vinci, qui a Roma: era l'11 aprile, due mesi prima della sua scomparsa. Fino all'ultimo non si è risparmiato, ha incontrato i giovani, ha passato la sua visione cercando di far capire che la rete è una grande opportunità e va protetta dai violenti.

Non si può dire che a Stefano Rodotà mancasse lo spirito critico anche nei confronti della vita politica e istituzionale del nostro Paese.

E la sua critica a volte era dura, era sferzante, era tagliente, ma mai denigratoria, mai tendente al dileggio, come oggi invece è di moda: dileggiare, denigrare, senza quasi mai entrare nel merito, peraltro.

Il suo era il tratto di chi sapeva argomentare - un'altra dote rara - in modo fermo e gentile, e sempre rispettoso delle idee altrui. E poi il modo di portare avanti le sue idee era sempre saldamente legato ai principi della Costituzione, ai principi della centralità del nostro Parlamento, della nostra democrazia parlamentare.

Stefano Rodotà ha collaborato con le istituzioni in molte vesti, vale la pena ricordarlo, oltre che - come dicevo - in tutti gli incarichi qui alla Camera che ho prima menzionato. Ricordiamo che è stato il primo Garante Nazionale per la protezione dei dati personali, dal 1997 al 2005, ad accompagnare e tutelare quella che lui chiamò "la pacifica rivoluzione della privacy". Ha poi partecipato alla scrittura della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, ha lavorato con la Commissione Europea sui temi della bioetica e ha presieduto diverse commissioni ministeriali, tra le quali quella sulla valutazione di impatto ambientale e quella sulla normativa del codice civile in materia di beni pubblici.

Chi era dunque Stefano Rodotà? Uno studioso, un esponente politico e un uomo delle istituzioni.

C'è stata una bussola che ha sempre orientato la sua azione: quella dei diritti delle persone e, come dice quel suo famoso libro, "Il diritto di avere diritti".

Una figura che si è occupata di internet, di bioetica, di privacy, di beni comuni. Tutti temi che rappresentano una nuova frontiera per le società contemporanee. Stefano Rodotà deve essere considerato a pieno titolo un innovatore, perché ha parlato di questo prima che tutto ciò diventasse normale nel dibattito pubblico, ci è arrivato prima degli altri. Per questo trovai profondamente ingiusto che, per una pura polemica politica, a un certo punto lo si volesse indicare come un conservatore, uno di quei professori che dicono sempre no e bloccano le riforme da anni. Lo trovai veramente ingiusto perché era una definizione che, semplicemente, non corrispondeva alla realtà politica, alla realtà intellettuale di Stefano Rodotà. Stefano Rodotà era un innovatore.

Non solo un uomo delle istituzioni, ma un uomo che non ha mai perso il contatto con la vita reale, con la società civile, con le associazioni, con i movimenti. Io conoscevo Stefano Rodotà prima che diventassi Presidente della Camera, quando lavoravo per i diritti dei rifugiati nell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. E lo conoscevo per quello che faceva in tema di protezione internazionale, per come trattava quel tema. E' sempre stato in prima linea nelle battaglie per i diritti civili, per la pace, per la tutela dell'ambiente e per la dignità del lavoro.

Noi abbiamo visto qui a Montecitorio quanto sia stato apprezzato e amato da tante persone, lo abbiamo visto alla camera ardente. Sono venute persone di ogni genere, di ogni età, dalle persone della sua generazione, agli studenti. Sono venute lavoratrici e lavoratori, egli intellettuali. Qui è venuta la società, è venuto il nostro Paese a rendere omaggio, e anche questo ultimo passaggio è stato fatto qui, nel cuore della democrazia. Di quella democrazia per cui lui si è speso tutta la vita, la democrazia parlamentare. Ce lo ricordiamo tutti quante volte nei dibattiti lui l'ha difesa strenuamente, la democrazia parlamentare.

E allora io penso che sia giusto dire che per le sue idee, per la sua azione politica, per la sua forza, per la sua generosità, Stefano Rodotà sia stato una delle figure più originali e più importanti della nostra Repubblica.

Vi ringrazio.