28/03/2017
Roma, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

Partecipazione alla cerimonia di intitolazione di una sala a Paola Clemente

Buon pomeriggio a tutte e a tutti.

Saluto il Ministro Maurizio Martina e il signor Stefano Arcuri, figura di grande generosità che nonostante il dolore profondo continua il suo impegno in memoria di sua moglie: ci ricorda che la sorte di Paola è toccata anche ad altre persone, donne e uomini, italiani e stranieri. Ringrazio i parlamentari che vedo in sala, le rappresentanze sindacali e aziendali, ringrazio i membri del Governo, le autorità militari presenti e tutti voi che oggi siete qui per fare una riflessione su una buona legge, mi sento di dire.

Il 18 ottobre la Camera dei deputati ha dato il via definitivo alla legge di contrasto al caporalato, in modo pressoché unanime. Ricordo benissimo quella sera: ero in Aula, avevo seguito tutte le tappe del provvedimento, e quando ho detto "dichiaro aperta la votazione" sui due cartelloni, uno a destra e uno a sinistra, sono comparse delle lucette, che possono essere rosse, verdi o bianche. Quella sera cominciarono ad apparire tutte lucette di voti favorevoli, l'emiciclo era pieno di verde. In una occasione così capisci che il Parlamento può fare delle cose veramente buone. Quel provvedimento venne approvato quasi all'unanimità, con solo 25 astenuti.

La morte di Paola Clemente, uccisa dalla fatica e dallo sfruttamento, è stata una sciagura. Ma questo fatto così grave è stato un monito forte al Parlamento perché non si ignorasse più quello che accade nelle nostre campagne. Questa legge la dobbiamo anche a lei, e io ho sentito di dedicarla a Paola e a tutte le donne e uomini che sono morti nelle nostre campagne.

Sono contenta che il Ministro all'Agricoltura abbia deciso di dedicare una sala del ministero a Paola Clemente: il suo gesto non solo denota sensibilità, ma evidenzia anche un impegno politico forte che non è finito con l'approvazione della legge, perché noi adesso dobbiamo vigilare sulla sua attuazione.

Paola Clemente morì il 13 luglio del 2015: per la fatica, per un malore, forse per ritardo nei soccorsi, ma morì. E questo creò sdegno nell'opinione pubblica.

L'anno dopo, per il 1° maggio, decisi di andare in Puglia, nelle campagne di Mesagne, e di trascorrere la Festa dei lavoratori con le braccianti e i braccianti di quella regione. Lì ho conosciuto il marito di Paola, Stefano Arcuri. Quel giorno ho sentito racconti drammatici di donne che si svegliano alle due di mattina, prendono il mezzo che viene messo a loro disposizione. Alcune di loro avevano perso la sorella o un'amica. Ho ascoltato storie che mi riportavano al lavoro forzato, alla riduzione in schiavitù, ad umiliazioni, violenze, ricatti: questo accade nel mio Paese. Quel giorno ho sentito una storia di tradimenti e il tradimento più grosso era quello nei confronti della Costituzione, del suo primo articolo, che parla di "una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Sul lavoro. Ma questo è lavoro?

Parole stracciate dai caporali, da chi li copre, dalle aziende che se ne approfittano. Tutto questo fa carta straccia di quell'articolo.

Tornai a Roma con la consapevolezza che stavamo tutti facendo finta di nulla in presenza di una realtà che gridava dolore, discriminazione. E non volevo stare zitta di fronte a tutto questo, perché il silenzio è complice, l'inazione è complice.

Ho pensato che io, insieme ad altri, ce ne dovevamo fare carico perché toccava alle istituzioni ridare dignità all'articolo 1 della Costituzione.

Abbiamo collaborato tutti a una legge che raggiungesse tre obiettivi: proteggere le lavoratrici e i lavoratori agricoli, parte lesa; tutelare le aziende sane da quelle che fanno una concorrenza sleale; riscattare l'immagine del nostro Paese, perché una nazione civile non può consentire quel tipo di lavoro con quelle modalità, non può consentire che nel suo territorio venga praticata ancora la schiavitù.

Ma oltre che il suo contenuto, ho apprezzato il metodo con cui è stata approvata questa legge. Tutti hanno fatto la loro parte: braccianti, aziende, sindacati insieme per riuscire a portare dentro le istituzioni la voce dei lavoratori e delle lavoratrici. Si può fare! Questa è democrazia, quando ogni tassello della società fa il suo. Questo ci dà forza e ci rende tutti più efficaci nell'ottenimento dei risultati.

Perché non basta andare in un territorio difficile, ascoltare le storie, conoscere le persone, guardarle in faccia, capire che ti stanno chiedendo di credere ancora nelle istituzioni, di fare qualcosa per non cedere al pregiudizio, e poi voltare pagina. Con queste donne, con Lucia, Carmela, Lorenza, Maria, sono rimasta in contatto, le ho invitate a Montecitorio, insieme a Stefano. Abbiamo pranzato insieme e sono state anche loro a dirci direttamente quello che bisognava fare con quel provvedimento, dove bisognava andare a incidere. Ecco la lezione su questa buona legge.

Noi dobbiamo avere sempre un'interlocuzione attiva a tutti i livelli e con tutti i settori e segmenti della nostra società, perché solo così si può ottenere il meglio. E dopo l'approvazione della legge c'è forse la parte più difficile: adesso ci sono verifiche, monitoraggio, controlli. E serve che anche forze dell'ordine, magistratura, ispettorato del lavoro siano coinvolti, perché dopo il via libera alla legge bisogna fare in modo che cambi davvero la vita delle persone. Se le donne come Lucia mi dicono: "La legge l'abbiamo fatta, ma io continuo ad essere discriminata perché collaboro con le istituzioni e non ho lavoro", per me questa è una vittoria di Pirro. Dobbiamo cercare di proteggere Lucia e tutte le donne che ci credono e stanno denunciando. Non dobbiamo farle sentire sole, escluse o perdenti.

L'attuazione della legge significa anche, come diceva il Ministro Martina, l'anagrafe del lavoro di qualità, che va diffusa in tutto il territorio nazionale. Vuol dire continuare l'interlocuzione delle forze sociali, e fare in modo che venga recepita. Per questo abbiamo bisogno di sapere anche dalle lavoratrici e dai lavoratori quello che non va, le eventuali lacune che ci sono nonostante la legge, perché solo così riusciremo a raggiungere l'obiettivo, ovvero migliorare la condizione di vita delle persone.

L'impegno continuerà anche per noi in Parlamento, attraverso l'analisi delle relazioni che il Governo dovrà presentare alle Camere e l'esercizio della nostra prerogativa di controllo sull'attuazione della legge.

In definitiva, è un atto di sensibilità dedicare una sala del Ministero a Paola Clemente, simbolo di una condizione di sfruttamento del lavoro ancora purtroppo esteso a tante persone. Ma non potremo ritenerci pienamente soddisfatti fino a che in Italia perdurerà questa piaga insopportabile. Fino ad allora dovremo continuare a lavorare.

Vi ringrazio.