23/06/2017
Venezia, Isola di San Servolo, Venice International University

Saluto introduttivo alla seconda giornata di lavori della 14a Conferenza annuale dello European Microfinance Network (EMN)

Buon giorno a tutte e a tutti.

Saluto i Sottosegretari del Governo italiano, Pier Paolo Baretta e Luigi Bobba, mi fa piacere incontrarli qui; saluto il Direttore della European Microfinance Network, Jorge Ramirez, che mi ha introdotta; saluto anche il Vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti, Ambroise Fayolle; saluto l'amica Silvia Costa che vedo qui in prima fila e che mi fa sempre piacere incontrare. E saluto tutti voi che fate un grande lavoro e che svolgete un grande ruolo politico-sociale, lasciatemelo dire, perché oggi noi stiamo parlando di qualcosa che ha un impatto sulla società e ha dei valori, che a mio avviso la politica dovrebbe mettere al centro.

Sono molto contenta perché, come sanno gli amici italiani presenti qui, io considero il microcredito uno straordinario strumento democratico perché dà a tutti una possibilità, e questo vuol dire democrazia. Il microcredito è uno strumento di inclusione sociale che dà a chi ha idee, a chi non si arrende alle difficoltà, la possibilità di mettersi in gioco.

E' nato, come sappiamo bene, in Asia, in un contesto di diffusa e profonda povertà, ma poi il microcredito è diventato uno strumento importante anche in altri contesti dove non c'è la stessa povertà, lo stesso sentimento di marginalità. Ma comunque anche nei paesi avanzati c'è una diseguaglianza sempre più evidente a tutti.

Il tema che avete scelto, quello dell'educazione finanziaria, lo ritengo particolarmente importante perché dà alle persone un modo per cavarsela, per non essere fagocitate dagli squali, per potersi difendere, perché di questo si tratta oggi. La finanza offre tanti strumenti ma non tutti questi strumenti vanno a vantaggio della persona; anzi, come abbiamo visto negli ultimi anni probabilmente sono fatti apposta per lavorare sulla buona fede delle persone che sono sottoposte a rischi e finiscono per trovarsi in grande difficoltà. E allora penso che l'obiettivo di educare le persone alla finanza debba essere sempre più centrale. Penso che debba anche essere introdotto nelle scuole questo tema: bisogna insegnare subito ai giovani e ai ragazzi quali sono gli strumenti di cui diffidare. Se ci sono interessi altissimi c'è qualcosa che non va, nessuno fa regali: c'è gente che ancora pensa che i regali esistano e allora bisogna iniziare dalla formazione scolastica.

Il ruolo dei media è molto importante, ma anche la comunicazione digitale, così come ritengo che sempre di più anche le iniziative di microcredito debbano essere finalizzate all'educazione e all'informazione. E allora io non posso non parlare in questa sede di uno dei temi più cruciali del nostro tempo, che è la diseguaglianza. E' uno dei temi più dolorosi, quello che ha colpito di più, che ci ha riportato indietro nel tempo: la diseguaglianza negli ultimi anni è aumentata, si è allargata tantissimo, anche la forbice tra chi è ricco e chi è povero si è allargata sempre di più.

Negli ultimi anni poi, con la crisi economica, abbiamo visto che le aree di povertà sono sempre più estese, la classe media si è come prosciugata, l'ascensore sociale - quello che aveva caratterizzato gli anni in cui quelli della mia generazione sono cresciuti - non sale più, se nasci in una famiglia svantaggiata difficilmente potrai uscire da quello svantaggio. Guardate che tutto questo non è buon segno, pone le basi per una vulnerabilità democratica perché la democrazia ha bisogno di una classe media che si sente capace di andare avanti e di dare a tutti la prospettiva di un futuro migliore. Oggi noi non siamo in condizione di offrire ai nostri figli un futuro migliore del nostro presente. E questo è qualcosa che avvilisce i nostri giovani, li fa sentire impotenti, li fa setire lontani da un progetto e da un sogno, ammazza i loro ideali, il loro senso dell'utopia. E questo è il torto più grande che noi possiamo fare loro. In questi anni però la disuguaglianza ha toccato i più, ma non tutti, perché alcuni - pochissimi - sono diventati sempre più ricchi.

Il rapporto Oxfam ci dà delle cifre a mio avviso sconvolgenti: ci dice che gli 8 uomini più ricchi del pianeta detengono la stessa ricchezza della metà povera del mondo, 3,6 miliardi di persone. Questa è una disfunzione che ha ripercussioni feroci nella società, perché anche se queste 8 persone consumassero tantissimo, andassero a fare shopping nella boutique di quartiere, a fare la spesa nel negozio di alimentari vicino casa non potrebbero mai con i loro acquisti stimolare i consumi. Sono sempre 8 persone: ma quanto mangeranno, ma quanti vestiti dovrebbero avere 8 persone per stimolare i consumi? Dovrebbero cambiarsi un vestito all'ora!

Io penso che invece il rilancio dei consumi si ha per un'altra via, si ha dal rafforzamento del potere d'acquisto degli stipendi delle persone, delle pensioni delle persone comuni. Le persone comuni devono stare meglio se noi vogliamo rilanciare i consumi.

Negli anni Cinquanta - a me fa piacere sempre ricordarlo - c'è stato chi ha presentato un'idea di impresa che io trovo assolutamente condivisibile e che dovrebbe essere inspiring per gli imprenditori anche oggi. C'era un imprenditore qui in Italia, e gli amici italiani sanno a chi mi sto riferendo: ad Adriano Olivetti, che fu capostipite di una scuola, non fu solo. Lui si occupava certo del guadagno, della sua azienda, come era giusto che fosse, ma non solo: si occupava della formazione dei lavoratori, si occupava del contesto sociale, si occupava degli spazi di vita e di lavoro, faceva - o voleva fare - gli asili all'interno delle aziende negli anni Cinquanta. Olivetti aveva una regola: nessun dirigente può guadagnare più di dieci volte il salario minimo. Nessun dirigente! Oggi i manager delle grandi aziende guadagnano centinaia di volte di più degli operai e degli impiegati. E pensate che questo faccia piacere? E pensate che questo sia un fait accompli, che non abbia ripercussioni sulla coesione sociale? Come si fa ad accettare questo senza vedere la grande e insostenibile ingiustizia che c'è dietro? La filosofia inaccettabile e immorale che c'è dietro? Questa disparità, insieme ad altre disparità, chiaramente genera un senso di rifiuto, un senso di esclusione, di sfiducia verso tutti. Le persone, a volte, hanno rabbia e questa rabbia è facile da fomentare, politicamente è facilissimo. C'è chi la alimenta questa rabbia con delle soluzioni a portata di slogan, è facile fare così in politica; ma così i problemi si alimentano, non si risolvono e allora giù con i populismi, giù con le spinte nazionaliste. Ma nell'era della globalizzazione la spinta nazionalista che successo può avere? Come può migliorare la vita delle persone la spinta nazionalista, quella che crede nel sovranismo, nell'autarchia, nella chiusura? Che risposta può dare ai bisogni delle persone? Io ritengo che non possa dare alcuna risposta. Noi dobbiamo lavorare sull'Europa, cara Silvia, è su questo che dobbiamo puntare: dobbiamo fare in modo che la nostra istituzione-madre sia ancora in grado non solo di essere rispettata dai cittadini, attraverso una narrazione diversa da quella dominante, ma anche che abbia gli strumenti per risolvere i problemi reali delle persone. Perché se l'Europa - che è la nostra casa comune, il nostro ombrello che ci protegge -non capisce che ha bisogno di uno scatto, di una azione dirompente in termini di percezione, noi ci troveremo a difendere qualcosa di indifendibile. Io spesso dico che l'Europa deve arrivare a promuovere un sussidio di disoccupazione, perché capite come cambierebbe la percezione delle persone? Sussidio di disoccupazione europeo…guai a toccare l'Europa allora! L'Europa si capisce perché ci aiuta, perché non lascia nessuno indietro. Il continente dei diritti non lascia nessuno indietro.

Quindi questa 'tripla A sociale' è necessaria, è imperativo che si lavori su questo, sul social Pil, e che sia sempre più forte. E il bilancio europeo non può continuare a essere l'1% del Pil degli stati membri, perché è assolutamente velleitario e impossibile che l'Europa dia delle risposte con l'1% del Pil. A termine di paragone vi dico solo che gli Stati Uniti d'America danno al budget federale il 25% del Pil. Dobbiamo capire: vogliamo che l'Europa sia l'istituzione che protegge o l'istituzione che invece sta lì solo a giudicare e a redarguire? Perché da questo dipende il futuro dell'Europa. Io sono del parere che si debbano lasciare le politiche dell'austerità: non hanno risolto i problemi che esistevano. Non dico che i conti non debbano essere in regola, ma perché possano essere in regola c'è bisogno della crescita. Come facciamo altrimenti a mettere i conti in regola se abbiamo da pagare gli interessi sul debito? Io penso che noi dobbiamo lavorare sulla crescita e lavorare sulla crescita vuol dire fare delle scelte politiche molto chiare.

Per questo è importante il microcredito, e vanno sostenute le istituzioni che se ne occupano: perché il microcredito dà alle persone la possibilità di essere soggetti attivi, capaci di essere protagonisti, dà a tutti la possibilità di credere nel futuro. Ho un'idea, vediamo se riesco a metterla in campo, ho bisogno di un sostegno, le banche tradizionali sono riluttanti a darmelo perché mancano certe garanzie; ma c'è il microcredito che crede più nelle persone che nelle garanzie.

E allora io penso che questo sia uno strumento di empowerment, di real empowerment.

Ecco, allora, la Venice declaration - che mi pare di capire sia una chiara assunzione di responsabilità - dà proprio questo: opportunità di inclusione, perché in una società che esclude sempre più i molti a vantaggio dei pochi, io penso che sia importante capovolgere il frame, il paradigma, e dire che se nessuno viene escluso, la società è più giusta, è più forte. E quindi c'è un modo diverso, e in questo c'è un valore etico di vivere la finanza rispetto al rapporto con l'economia, c'è un modo diverso di dare concretezza alla finanza perché noi siamo stati negli ultimi anni costretti a relazionarci con - cito Papa Francesco - una "economia senza volto" che non si sa a chi faccia capo.

Mi piace questa idea della finanza accessibile a tutti, fatta per creare non altri soldi che poi vengono investiti per creare altri soldi, ma per creare lavoro dignitoso e opportunità di vita. E poi serve a valorizzare i talenti femminili.

Il Professor Yunus - con il quale mi fa sempre piacere parlare, lo incontro volentieri ogni volta che viene in Italia - sottolinea questo dato dei talenti femminili. Nasce così il microcredito "to give women a chance", per dare alle donne una possibilità. Ed è questo che spero si possa continuare a fare, perché non è più accettabile che metà della popolazione mondiale non abbia le stesse opportunità, le stesse possibilità dell'altra metà. Non è sostenibile socialmente, non è sostenibile che le donne abbiano più ostacoli all'accesso al lavoro, più ostacoli al credito, più ostacoli alle imprese. Come si tiene un mondo in cui la metà della popolazione parte peggio solo perché appartiene a quel genere? Non perché non esca meglio dalle scuole, dalle università, dai concorsi, ma perché nasce del genere femminile. Poco importa allora se sei più brava, poco importa se vai avanti meglio: siccome sei del genere femminile devi per default essere svantaggiata. Io questo non lo sopporto, ve lo dico, lo trovo insopportabile!

Siamo a Venezia, che è una meraviglia del mondo: siete stati 'relegati' in questa isola e così non potete scappare, dovete partecipare ai lavori - idea geniale, complimenti! Lo terrò a mente anche io… Qui ci sono tanti primati, non starò qui ad elencarli, ma c'è un primato che io voglio sottolineare qui con voi: se quando vi libererete da qui potrete fare un giro in città, allora magari andate nel sestriere di San Marco a calle del Carbon. Lì c'è una lapide, una lapide modesta, io l'avrei fatta più grande. Su questa lapide c'è scritto un nome, il nome è Elena Lucrezia Cornaro Piscòpia. Perché questa lapide? Perché questo nome? E' una donna che ha un primato meraviglioso: è stata la prima donna al mondo a laurearsi. Era il 1678. Vedete, Elena Lucrezia aveva l'ambizione di studiare teologia. Secondo voi riuscì Elena Lucrezia a studiare teologia? Purtroppo non ci riuscì perché donna, in quanto donna, e allora ripiegò sulla filosofia, che non è male, però dovette ripiegare in quanto donna. Si laureò con successo alla facoltà di filosofia. Questa è una storia bella, di una antesignana, di una donna che si è riscattata sfidando gli usi del tempo, la mentalità del tempo. E' stato un riscatto che ha aperto la strada a tante altre donne, un riscatto e un'autoaffermazione. Una storia che richiama i valori di cui oggi noi parliamo qui. Noi dobbiamo occuparci del riscatto, dell'autoaffermazione, se vogliamo rafforzare le nostre democrazie questi sono i valori che ci animano: i valori che mettono alla base di tutto la giustizia. Un concetto che non è per anime belle, ma è un motore che ha portato avanti la storia, la giustizia che dà sempre una possibilità a tutti, nessuno escluso. Vi ringrazio.